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domenica 29 ottobre 2017

PRECARIETA'


"La flessibilità c’è quando c’è il lavoro, non cambiando le regole: se non si fa ripartire il motore, le nuove leggi servono solo a precarizzare i lavoratori che devono piegarsi a qualsiasi condizione, pur di non perdere il posto di lavoro trasformandosi in nuovi schiavi…"

(Marco Poli 2015)



Per anni ci hanno detto che il mercato del lavoro doveva essere più flessibile e che i giovani si dovevano adattare a fare più lavori ed essere più flessibili. Un concetto in teoria giusto,ma nella pratica sbagliato,perchè per far si che ci sia flessibilità bisogna ci sia lavoro in abbondanza.
Chi vi scrive ha lavorato negli ultimi anni d'oro del settore tessile di Prato (vicino Firenze per chi legge da fuori) e lasciatevelo dire,ho vissuto la vera flessibilità. Cambiare lavoro non era assolutamente un problema. Ci si poteva benissimo licenziare da un posto di lavoro e prima di arrivare a casa si era ritrovato un nuovo impiego, ci si metteva un paio di giorni se si voleva come piaceva a noi. E non c'era bisogno di regole particolari,c'era semplicemente una abbondanza di lavoro che lo permetteva. Ma contemporaneamente c'era anche delle aziende che puntavano a far crescere anche il capitale umano cercando di non farsi scappare manager,ma anche semplici operai validi. Non era certo tutto rose e fiori, favoritismi e ruffianaggini c'erano anche allora,ma un po di meritocrazia seppur piccola c'era!
Poi è stato deciso che si doveva puntare in questa direzione,ma nel peggior modo possibile. Si sono annientati diritti dei lavoratori, appesantito aziende di inutili obblighi e il tutto aumentando le tasse in maniera esagerata senza un ritorno di servizi adeguato. Si scrive flessibilità ma si legge precarietà .
E cosa si è ottenuto alla fine di questo scellerato percorso? Che la maggior parte dei giovani sta emigrando all'estero o ci sta pensando vedendo in questa scelta,l'unica possibilità per costruirsi un futuro. Chi rimane oramai non si affeziona più ad una azienda, in quanto sa che non ci rimarrano a lungo. Non si pensa più a dare qualcosa in più,per far crescere il posto di lavoro,ma si tende solo a imparare qualcosa da mettere sul proprio curriculum, per venderlo al prossimo datore di lavoro, per essere più appetibili sul mercato della precarietà e restare meno tempo possibile senza fonte di reddito.
In tutto questo è impossibile pensare di farsi una famiglia,una casa,costruirsi il proprio futuro.I politici che ci hanno voluto la cosiddetta flessibilità (precarietà) dall' alto dei loro attici nei quartieri non ancora toccati del degrado e dalla criminalità prima hanno precarizzato le vite dei giovani, rendendo quello di far figli un atto da eroi o da pazzi.
Poi presi atto del calo demografico hanno sentenziato che ci servono più "migranti" per pareggiare i conti, però i migranti sono tutti maschi e quando non lavorano aumentano la criminalità, quando lavorano vanno a far concorrenza al 40% di giovani italiani disoccupati.
E a quelle poche aziende che vorrebbero fare le cose in regola e creare ancora occupazione, restano poche speranze,se non piegarsi a questo sistema o trasferirsi all'estero anche loro.
Il risultato ottenuto? Aver creato un esercito di schiavi che ben accetteranno di fare orari massacranti a due lire, sapendo che ci sarà comunque qualcuno a vendersi a meno.
Hanno tolto il futuro a diverse generazioni. Un inversione di tendenza è possibile? Ancora forse si ma più si va avanti e da più macerie si dovrà ripartire.
Quanto era bello quando c'era la vera flessibilità...



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Distinti saluti







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