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BORGO A MOZZANO - Piano di Gioviano, SP2 Lodovica.

LETTORI SINGOLI

giovedì 27 febbraio 2014

mercoledì 26 febbraio 2014

Priorita' scuole

@matteorenzi Presidente se la priorità sono le scuole, ecco Palermo. Firmato Petyx e bassotto di #Striscialanotizia http://t.co/I2qrAArJuV -- Stefania Petyx (@StefaniaPetyx)

martedì 25 febbraio 2014

LA FINE DEI CARABINIERI

Interessante articolo trovato nel web:
Vi consiglio di seguire questo blog ed i suoi vari forum, mi sono iscritto anch'io......

http://andreottiroberto.altervista.org/forum/viewtopic.php?f=11&t=211

E’ pubblicato sul sito dell’U.N.A.C oltre che sulla Gazzetta Ufficiale. ”L’Arma verso lo scioglimento. L’Unione Europea impone la smilitarizzazione della quarta Forza Armata e l’accorpamento dei carabinieri alla Polizia di Stato .

L’Arma dei carabinieri in un futuro più o meno prossimo, ma certamente non remoto, è destinata ad un inevitabile scioglimento“.

Poco più di tre anni fa la Camera dei Deputati ratificava ad unanimità l’accordo europeo per la costituzione di una forza armata speciale, chiamata EGF.

La Forza di gendarmeria europea (Eurogendfor o EGF) è il primo Corpo militare dell’Unione Europea a carattere sovranazionale. La EGF è composta da forze di polizia ad ordinamento militare dell’UE in grado di intervenire in aree di crisi, sotto egida NATO, ONU, UE o di coalizioni costituite “ad hoc” fra diversi Paesi.

Eurogendfor può contare su una forza di 800 “gendarmi”mobilitabile in 30 giorni, più una riserva di altri 1.500; il tutto gestito da due organi centrali, uno politico e uno tecnico. Il primo è il comitato interdipartimentale di alto livello, chiamato CIMIN, acronimo di Comité InterMInistériel de haut Niveau, composto dai rappresentanti dei ministeri degli Esteri e della Difesa aderenti al trattato. L’altro è il Quartier generale permanente (PHQ), composto da 16 ufficiali e 14 sottufficiali (di cui rispettivamente 6 e 5 italiani). I sei incarichi principali (comandante, vicecomandante, capo di stato maggiore e sottocapi per operazioni, pianificazione e logistica) sono ripartiti a rotazione biennale tra le varie nazionalità, secondo gli usuali criteri per la composizione delle forze multinazionali.

Non si tratta quindi di un vero corpo armato europeo, un inizio di esercito unico europeo, nel qual caso si collocherebbe alle dipendenze di Commissione e Parlamento Europeo, ma di un semplice corpo armato sovra-nazionaleche, in quanto tale, gode di piena autonomia. Infatti, la EGF non è sottoposta al controllo dei Parlamenti nazionali o del Parlamento europeo, ma risponde direttamente ai Governi, attraverso il citato interministeriale (CIMIN)-L’articolo 21 del trattato di Velsen, con cui viene istituito questo corpo d’armata sovranazionale, prevede l’inviolabilità dei locali, degli edifici e degli archivi di Eurogendfor.

L’articolo 22 immunizza le proprietà ed i capitali di Eurogendfor da provvedimenti esecutivi dell’autorità giudiziaria dei singoli stati nazionali.

L’articolo 23 prevede che tutte le comunicazioni degli ufficiali di Eurogendfor non possano essere intercettate.

L’articolo 28 prevede che i Paesi firmatari rinuncino a chiedere un indennizzo per danni procurati alle proprietà nel corso della preparazione o esecuzione delle operazioni.

L’articolo 29 prevede infine che gli appartenenti ad Eurogendfor non potranno subire procedimenti a loro carico a seguito di una sentenza emanata contro di loro, sia nello Stato ospitante che nel ricevente, in tutti quei casi collegati all’adempimento del loro servizio.

Nel trattato di Velsen c’è un’intera sezione intitolata “Missions and tasks“, in cui si apprende cheEurogendfor potrà operare “anche in sostituzione delle forze di polizia aventi status civile”, in tutte le fasi di gestione di una crisi e che il proprio personale potrà essere sottoposto all’autorità civile o sotto comando militare.

Tra le altre cose, rientra nei compiti dell’Eurogendfor:

garantire la pubblica sicurezza e l’ordine pubblico

eseguire compiti di polizia giudiziaria (anche se non si capisce per conto di quale Autorità Giudiziaria)

controllo, consulenza e supervisione della polizia locale, compreso il lavoro di indagine penale

dirigere la pubblica sorveglianza

operare come polizia di frontiera

acquisire informazioni e svolgere operazioni di intelligence

Il 14 maggio 2010 la Camera dei Deputati della Repubblica Italiana ratifica l’accordo. Presenti 443, votanti 442, astenuti 1. Hanno votato sì 442: tutti, nessuno escluso. Poco dopo anche il Senato dà il via libera, anche qui all’unanimità. Il 12 giugno 2010 il Trattato di Velsen entra in vigore in Italia.

La legge di ratifica n° 84 riguarda direttamente l’Arma dei Carabinieri, che verrà assorbita nella Polizia di Stato, e questa degradata a polizia locale di secondo livello. Allo stesso tempo, l’art.4 della medesima legge introduce i compiti dell’Eurogendfor, tra cui:

a) condurre missioni di sicurezza e ordine pubblico;

c) assolvere a compiti di sorveglianza pubblica, gestione del traffico, controllo delle frontiere e attivita’ generale d’intelligence;

e) proteggere le persone e i beni e mantenere l’ordine in caso di disordini pubblici.

In pratica, significa che avremo per le strade poliziotti veri e propri, che non rispondono direttamente delle loro azioni nè allo Stato italiano, nè all’Unione Europea.

CHI E' MARIA ELENA BOSCHI ?

Chi è Maria Elena Boschi, il nuovo ministro delle Riforme del Governo Renzi

Maria Elena Boschi, fedelissima renziana, ha ottenuto la poltrona del ministero delle Riforme e Rapporti col Parlamento del nuovo esecutivo. Classe 1981, aretina, è da dicembre 2013 la responsabile delle Riforme istituzionali della segreteria del Pd.

Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha scelto Maria Elena Boschi come ministro delle Riforme e dei Rapporti col Parlamento. La fedelissima renziana, responsabile delle Riforme istituzionali della segreteria Renzi, prende il posto che finora è stato occupato da Gaetano Quagliariello. Classe 1981, aretina, Maria Elena Boschi è laureata in giurisprudenza e dall’età di 28 anni è iscritta all’albo degli avvocati. La sua famiglia vive ancora nella provincia di Arezzo (la madre Stefania Agresti è vicesindaco di Laterina, il padre Pier Luigi siede nel cda di Banca Etruria), lei invece è stata “adottata” dalla città di Firenze. Dopo la laurea e l’attività di avvocato in uno studio di civilisti fiorentini vi è stato il “colpo di fulmine” col sindaco di Firenze, che le ha poi affidato il compito di coordinatrice organizzativa della campagna per le prime primarie, quelle del 2012 contro Pierluigi Bersani.

In Parlamento dal marzo del 2013 e membro della segreteria nazionale del Pd - Nonostante la sconfitta, in quella occasione, di Renzi, Boschi è entrata nel marzo del 2013 in Parlamento: è stata eletta con il Pd alla Camera dei Deputati nella circoscrizione Regione Toscana. Poi, nel dicembre dello stesso anno e dopo la vittoria alle primarie di Matteo Renzi, è entrata a far parte della segreteria nazionale del Pd. Il Presidente del Consiglio incaricato si fida molto di lei, le ha infatti affidato diversi dossier compreso quello sulla legge elettorale. Al di là delle sua carriera strettamente politica, la Boschi viene spesso “descritta” anche come la “Leoparda della Leopolda” o come la “Miss Parlamento”: soprannomi - il primo se l’è guadagnato durante l’ultima kermesse renziana – che il nuovo ministro del Governo Renzi ha “conquistato” sicuramente grazie al suo aspetto.

CHI E' FEDERICA GUIDI ?

Federica Guidi: il primo conflitto d’interessi del governo Renzi?

Federica Guidi, ex di Confindustria e neo ministro dello Sviluppo economico con delega alle Comunicazioni, è il primo nome del governo Renzi a finire sulla graticola per i conflitti d’interesse. A mettercela è Repubblica, che oggi ricorda le sue frequentazioni con Berlusconi in un articolo a firma di Roberto Mania:

Lunedì scorso a cena ad Arcore da Berlusconi, forse per parlare anche di una sua possibile candidatura con Forza Italia alle prossime europee. Ieri il Cavaliere che pare abbia detto ai suoi: «Abbiamo un ministro pur stando all’opposizione ». Su Federica Guidi, neo ministro dello Sviluppo Economico con delega anche alle Comunicazioni, tv comprese, è già bufera. Perché c’è pure un potenziale conflitto di interessi per via delle commesse dell’azienda di famiglia, la Ducati Energia, con Enel, Poste, Ferrovie. Un ginepraio. Dalle imprevedibili conseguenze politiche. Ma andiamo con ordine.

FEDERICA GUIDI: CONFLITTO D’INTERESSI NEL GOVERNO RENZI? –Racconta Mania:

«Donna, imprenditrice, quarantenne, famosa»: questo era l’identikit tracciato da Matteo Renzi, tra giovedì notte e venerdì, per il ministro dello Sviluppo Economico. Casella chiave per provare a far ripartire la produzione e il lavoro. E donna, imprenditrice, quarantenne e famosa, appunto, è stata: in Via Veneto, nel ministero che fu anche delle Corporazioni, è arrivata Federica Guidi, figlia di imprenditore, che ha battuto al fotofinish Marcella Panucci, direttore generale della Confindustria.

I CONFLITTI D’INTERESSE DI FEDERICA GUIDI - Ed eccoli, i conflitti d’interesse di Federica Guidi:

Perché la Ducati Energia in quel di Bologna, con fatturato in crescita negli ultimi anni (oltre i 110 milioni) e una sempre più marcata spinta alla delocalizzazione nell’est Europa (Croazia e Romania), nell’estremo Oriente (India) e in America Latina (Argentina) lavora (tanto) di commesse pubbliche, nazionali ed estere. Con un rapporto strettissimo, dunque, con la Pubblica amministrazione. E non è affatto un caso che ieri il primo atto del neo ministro Guidi, dopo il giuramento al Quirinale, sia stato proprio quello di dimettersi da tutte le cariche operative (era vicepresidente con la delega sugli acquisti) della Ducati Energia e dal consiglio del Fondo italiano d’investimento.

Un passo inevitabile, ma una conferma dei possibili conflitti:

L’ultima parola spetterà comunque all’Antitrust, l’autorità di garanzia alla quale la legge Frattini ha attribuito il potere di giudicare la posizione dei membri del governo. Dice Stefano Fassina, ex vice ministro dell’Economia, esponente della minoranza del Pd: «Il potenziale conflitto di interessi è del tutto evidente. Ma oltre a questo mi preoccupa la visione del ministro sulla politica industriale, la sua idea di rilanciare il nucleare, la sua contrarietà al ruolo dello Stato nell’economia. Penso che ci sarebbe bisogno di un ministro dello Sviluppo con un orientamento molto diverso».

lunedì 24 febbraio 2014

CHI E' MARIANNA MADIA ?


Marianna Madia, l'altra calabrese del governo Renzi Una stirpe di avvocati e un avo eletto con Mussolini. 
Il neo ministro ha origini del Crotonese mentre a Catanzaro vive la sorella della mamma. 
Il nonno è stato legale di Mastella, il bisnonno deputato fascista. 
Il padre era amico di Veltroni. 
E di lei il gossip si è occupata per il fidanzamento col figlio di Napolitano .

Vi riporto due brevi biografie:

PETILIA POLICASTRO - Oltre a Maria Carmela Lanzetta c’è anche un altro po' di Calabria nel nuovo esecutivo di Matteo Renzi: Marianna Madia, neo ministro alla Semplificazione e Pubblica amministrazione, infatti, ha origini di Petilia Policastro, centro del Marchesato del crotonese. Oggi nel corso della cerimonia di giuramento ha attirato l'attenzione per il pancione da futura mamma. La giovane ministro è figlia di Stefano Madia, attore e giornalista, morto prematuramente nel 2005. Stefano era uno dei due figli di Nicola Madia, noto avvocato. Una tradizione di famiglia, quella dell'avvocatura, considerato che Marianna è nipote di Titta Madia, noto legale (tra i suoi clienti più celebri anche Clemente Mastella). Per i Madia, classica famiglia benestante del Sud, oltre all'avvocatura, un'altra tradizione è quello dell'impegno politico. Il capostipite, infatti, era Titta Madia, bisnonno del ministro, nato a Petilia Policastro (paese al quale è rimasto sempre molto legato, come, d'altronde tutta la famiglia), nominato deputato in pieno periodo fascista. 
Marianna, però, rispetto al bisnonno, che fu parlamentare dal 1953 al 1958 del Movimento Sociale Italiano, ha cambiato schieramento, militando nel Pd, partito con la quale è stata rieletta in Parlamento. In questa scelta ha seguito il padre Stefano, che nel 2001 si candidò alle elezioni comunali di Roma nella Lista per Veltroni, mantenendo l'incarico di consigliere comunale fino alla morte. Altra tradizione familiare è quella dell'attività giornalistica. Il bisnonno, infatti, dirigeva “Gli oratori del giorno”, rassegna mensile di eloquenza di ispirazione fascista; il padre, Stefano, infatti era giornalista professionista, professione che abbandonò, verso la fine degli anni '70, per fare l'attore nel film La vita è bella, con Giancarlo Giannini e Ornella Muti e in Caro papà di Dino Risi, con il quale vinse il Prix d'interprétation masculine al Festival di Cannes 1979 come migliore attore non protagonista. Dopo questa parentesi il padre del ministro tornò al giornalismo, come inviato e collaboratore di "Porta a Porta". Altro contatto con la Calabria Marianna Madia ce l'ha a Catanzaro, dove risiede sua zia, la sorella della madre, Luisa Scambia, personaggio molto noto in città. Marianna Madia, 34 anni, si è laureata nel 2004 con lode alla facoltà di scienze politiche (indirizzo politico-economico) all’Università degli studi di Roma La Sapienza con una tesi sulla teoria economica del mercato del lavoro tra regolazione e sindacato. Ha proseguito i suoi studi in economia all’Imt di Lucca, dove nel 2008 è diventata dottore di ricerca con una tesi in economia del lavoro. 
Dopo la laurea il neo ministro ha cominciato a collaborare con l’Arel, Agenzia di ricerca e legislazione fondata da Nino Andreatta, di cui, dal giugno 2012 è diventata anche membro del comitato direttivo. 
Dal 2011 fa parte del comitato di redazione della rivista Italianieuropei. Sul versante politico ha fatto parte della segreteria tecnica del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio durante il governo Prodi 2006/2008. E' stata eletta deputata nelle liste del Partito Democratico nelle elezioni del 13 e 14 aprile 2008 per la circoscrizione Lazio 1; è stata componente, nella XVI legislatura (2008-2013), della Commissione Lavoro della Camera dei Deputati. Nel dicembre del 2012 ha partecipato alle primarie dei parlamentari di Roma conquistando 5000 preferenze ed entrando nella lista delle candidature del PD alla Camera dei deputati della circoscrizione di Lazio 1. E' stata eletta alle elezioni del febbraio 2013 e fa parte, anche in questa legislatura, della commissione Lavoro. E' entrata di recente nella segreteria nazionale del Pd, voluta dal neo segretario Renzi. E’ stata fidanzata col figlio di Giorgio Napolitano e per questo si è attirata le critiche di chi le rinfacciava di aver avuto un percorso facilitato. 

IL NUOVO MINISTRO DA VELTRONI A LETTA - Marianna Madia, enfant prodige con le amicizie giuste.  Frequentazioni importanti e accuse di raccomandazione. Ora dichiara guerra ai dirigenti pubblici.  
Un dicastero a trentatré anni. «Non me l’aspettavo, stavo guardando Peppa Pig in tv con mio figlio». 
Presto il piccolo Francesco avrà una sorellina, custodita nel pancione del nuovo ministro della Semplificazione e della Pubblica Amministrazione che ha prestato giuramento al Quirinale. 
Ottavo mese di gravidanza, un impegno niente male: «Non sarà semplice ma mi organizzerò, è pieno di donne che allattano e lavorano». 
Marianna Madia scaccia le paure, davanti ai flash semina ottimismo e sorrisi con buona pace dei maligni, tra cui c’è qualcuno che scommette: «A breve andrà in maternità e Renzi si prenderà le sue deleghe». 
Carnagione bianco latte e capelli ricci biondissimi, già ribattezzata «Vergine botticelliana», Madia è il secondo ministro più giovane dell’esecutivo. 
Classe 1980, cede il passo solo all’altra amazzone renziana, lei sì della prima ora, quella Maria Elena Boschi nata nel gennaio 1981. D’altronde il padrino politico del neoministro della Pubblica Amministrazione fu Walter Veltroni che nel 2008 la volle a tutti i costi candidata alla Camera, capolista nel Lazio a 27 anni, una delle bandiere che l’ex sindaco di Roma fece sventolare sul suo piano di rinnovamento. «Walter partecipò al funerale di mio padre Stefano, sostiene di essere rimasto colpito dal piccolo discorso che feci fino alla fine, ma io nemmeno ricordo di aver parlato». 
Giornalista e attore, papà Madia era consigliere comunale a Roma eletto con la "Lista Civica per Veltroni”. Scomparso prematuramente a 49 anni, vinse un premio al Festival di Cannes ma aveva lavorato pure a Porta a Porta e Mixer. Anche Marianna avrebbe collezionato un’esperienza professionale con Giovanni Minoli a Rai Educational: «Un grande maestro, mi ha dato un’opportunità». 
Il curriculum è da secchiona. 
La gioventù passata a Fregene, il liceo alla scuola francese Chateaubriand, avamposto d’Oltralpe ma culla della Roma bene, poi la laurea con lode in scienze politiche alla Sapienza, specializzazione e dottorato a Lucca, un volume sul welfare per il Mulino. Ma c’è un passaggio decisivo: a fine università Enrico Letta la fa entrare all’Arel, centro studi economici promosso da Nino Andreatta, dove si rafforza il rapporto di stima e collaborazione tra i due. «Marianna è straordinaria», ha ripetuto più volte l’ex premier parlando con interlocutori di prestigio. L’enfant prodige veltroniana entrerà poi nella segreteria tecnica del sottosegretario alla Presidenza Del Consiglio durante il governo Prodi 2006-2008, quello in cui tra i quattro sottosegretari figura proprio Enrico Letta. Col tempo accede alla grande famiglia del think tank ''Vedrò'' ma figura anche tra i componenti del comitato di redazione a Italianieuropei, la fondazione di D’Alema. «È giovane però non le mancano entrature e contatti», ripetono i bene informati. 
Le amicizie di peso sono esemplificate dai «tre grazie importanti» che a margine della candidatura nel 2008 lei stessa formulò a Walter Veltroni, Enrico Letta e Giovanni Minoli. Tre talent scout, tre maestri che a loro insaputa l’hanno fatta diventare oggetto di chiacchiere e accuse. Etichette dure a morire come «cocca di Walter» e «nipote di», con riferimento allo zio Titta Madia, avvocato difensore di Clemente Mastella. Nel calderone mediatico tutto fa brodo e l’intellettuale Piergiorgio Odifreddi affila la penna: «È una raccomandata di ferro con un pedigree lungo come il catalogo del Don Giovanni, è figlia di un amico di Veltroni e la sua candidatura è espressione del più antico e squallido nepotismo mascherato da novità giovanilista e femminista». Le cronache gossippare la ricordano per una storia d’amore con Giulio Napolitano, figlio di Re Giorgio davanti al quale Madia ha appena giurato in qualità di ministro. 
Marianna e Giulio sono stati paparazzati in giro per Roma e insieme allo stadio, ma lei puntualizza: «Con lui cominciai una storia sentimentale quando suo padre Giorgio era ancora solo un ex e illustre dirigente del Pci, poi sono stata a cena sul Colle, una sola volta». Acqua passata. 
Oggi la vita privata la vede sposata con Mario Gianani, rampante fondatore della casa di produzione cinematografica Wildside nonché socio in affari di Fausto Brizzi, regista e fedelissimo della Leopolda, il cui loft a San Lorenzo è forse l’unico «salotto» romano regolarmente frequentato da Matteo Renzi. Marianna ha anche partecipato al film di Brizzi “Tutte pazze di me” con un cammeo al fianco di Francesco Mandelli, volto di Mtv e protagonista de “I soliti Idioti”. A Palazzo Madia si comporta bene, dicono. Arrivata nel 2008 in quota Veltroni, nel 2013 si misura alle primarie dei parlamentari Pd e incassa cinquemila preferenze con altrettanti buoni motivi per respingere al mittente le accuse di paracadutismo. Alla Camera non è una seconda linea qualsiasi: si occupa di lavoro e precariato, vanta una buona media presenze sia nella sedicesima che nella diciassettesima legislatura, molti anche i disegni di legge presentati nonché le interrogazioni e gli emendamenti su cui spicca la sua firma. È riuscita a stupire persino il compagno di banco Massimo D’Alema, uno che dall’alto dei suoi baffi ha visto morire decine di peones. Madia ha lottato da subito per non restare una meteora, ha risposto coi fatti alle accuse di nepotismo e alle chiacchiere malevole che scivolano rapide sui sampietrini della Capitale. Poi però agli onori delle cronache balzano le gaffe, quelle vere e presunte. Come quando al momento della sua elezione nel 2008 esordì con una dichiarazione per qualcuno ingenua e infelice: «Porto in dote la mia straordinaria inesperienza». Nel giugno scorso scatenava un putiferio al Nazareno dopo essersi lasciata scappare che «nel Pd ho visto delle vere e proprie piccole associazioni a delinquere sul territorio». A dicembre in qualità di responsabile lavoro della segreteria Pd, nominata da Renzi a dicembre, avrebbe confuso la sede del ministero dello sviluppo economico con quella del lavoro, circostanza che l’ha scaraventata nella centrifuga di sberleffi sul web. Nel mezzo anche la polemica sollevata dall’ex direttrice di Youdem Chiara Geloni che le rimproverava di essere stata prima veltroniana, poi dalemiana, lettiana, bersaniana e infine renziana. Un percorso che Aldo Grasso sul Corriere commenta così: «Per essere giovane e inesperta la Madia ha imparato subito e bene a risalire le correnti». 
 Oggi è in prima linea nella squadra dell’ex sindaco innescando qualche mal di pancia tra i renziani doc, «leopoldini della prima ora» che scandiscono un ritornello prossimo alla bocciatura: «Madia al governo? Più che un errore è una presa in giro». Ad altri la ragazza sembra fin troppo esile per affrontare a mani nude l’elefantiaco apparato della burocrazia italiana. 
Checchè ne dicano i detrattori, il programma del ministro è ambizioso e tutto all’attacco. Lo spiega lei stessa: «Va affrontata una riforma della pubblica amministrazione partendo dai dirigenti, per cui ci dev’essere una rotazione degli incarichi e quindi una mobilità. Ci sembra inaccettabile che tanti di loro restino bloccati nei loro prestigiosi incarichi per anni accumulando potere e disinteressandosi del funzionamento della macchina». Parole rivoluzionarie, quasi un grido di battaglia. Chissà se sarà quello giusto per seppellire chiacchiere e pregiudizi.

mercoledì 19 febbraio 2014

Per sapere ....... chi e' matteo renzi????

http://www.formiche.net/2014/02/16/ecco-la-vera-biografia-matteo-renzi/
Ecco la vera biografia di Matteo Renzi
 Goffredo Pistelli 16 - 02 - 2014

 Curiosità su vita, opere e politica del sindaco di Firenze che punta a fare il sindaco d'Italia Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo l’articolo di Goffredo Pistelli apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi. Quando entra in politica la Dc non c’è più. Matteo Renzi, classe 1975, nato a Firenze ma cresciuto a Rignano, riva sud dell’Arno a monte del capoluogo, s’affaccia ai Popolari, quelli nati dalla disintegrazione della Balena bianca per via giudiziaria. Del partitone in cui aveva militato babbo Tiziano, consigliere comunale della sinistra di Base, i Popolari non hanno neppure più lo Scudo crociato, che s’è preso il Cdu di Rocco Buttiglione dopo la scissione del Ppi martinazzoliano, ucciso dal maggioritario. Al suo posto c’è uno stendardo, vaghe parole d’ordine cattodemocratiche e percentuali di votanti a una cifra sola. Il giovanissimo Renzi, 24enne, lo raccoglie lo stesso, lanciato a fare il segretario cittadino da giovanotti di belle speranzgiochi hanno una decina di anni in più, Lapo Pistelli e Giacomo Billi, già esperti consiglieri comunali, il primo in parlamento nel 2006 con l’Ulivo. È il 1999 e lui dove fare, politicamente, il garzone o poco più. Renzi, scout, parlantina sciolta, dinamismo, è solo il terzo di quella nidiata, tutta covata da Beppe Matulli il demitiano storico di Firenze. Con Pistelli a Roma e Billi a fare l’uomo forte in Comune e poi nelle municipalizzate, Renzi sta nel partito, divenuto nel frattempo Margherita, di cui diventa segretario cittadino nel 2003. L’anno dopo, in omaggio alle logiche post-uliviste, i Ds concedono ai deboli alleati margheritini il più inutile degli enti a Firenze: la Provincia. Loro, potentissimi, si sarebbero tutti Palazzo Vecchio, ai cuginetti avrebbero confermato la Palazzo Medici-Riccardi, dove aveva governato per due, non senza polemiche il donmilaniano Michele Gesualdi, già segretario Cisl. Quel ragazzotto cicciottello, laureato in Legge con tesi su Giorgio La Pira, al partitone post-comunista va benone: la macchina della provincia, rodata da mezzo secolo di dominio rosso, avrebbe normalizzato anche lui così come non aveva permesso a Gesualdi di toccare pallino. Senonché Renzi si rivelerà non essere proprio tutto chiacchiere e distintivo dell’Agesci, l’associazione degli scout cattolici, come qualcuno lo definisce. Con le buone, ché sa anche negoziare, e con le cattive, che se s’arrabbia sa essere spiacevole, il più giovane presidente provinciale d’Italia si fa approvare un MIbel piano per promuovere il territorio a livello culturale e turistico, mette a un gruppo di giovani scout a lavorarci sopra, e ti sforna il Genio fiorentino, un cartellone di eventi e manifestazioni cui non manca mai. Un taglio di nastro via l’altro, una vernice via l’altra, interviene, parla, fa. Costruisce giorno dopo giorno un’immagina che esce dalle quattro mura dell’autoreferenzialità fiorentina, si muove come un frullino nella sonnacchiosa politica del capolugo, che a Roma è abituato a contare poco e quel poco sempre obbedientemente nella catena di comando dell’ex-Pci. Il protagonismo di Renzi si nota e infastidisce: i padroni di una città deindustrializzata – le varie cerchie diessine nelle loro infinite articolazioni in enti pubblici, municipalizzate, persino nelle democristiana Cassa di Risparmio – lo guardano con una certa supponenza. Qualcuno lo chiama con sarcasmo col nome stesso della rassegna che ha creato: il Genio fiorentino. Lui s’avvicina a Francesco Rutelli, frequenta il suo giro romano quando è ministro della Cultura, gli va a preparare visite ufficiali in America. E non smette mai di intessere rapporti. In quell’occasione, siamo nel 2006, diventa amico dei Kennedy e con loro dei Marcucci, dell’editrice Marialina, già Videomusic e poi vicepresidente regionale coi Ds, ma soprattutto di Andrea, già deputato liberale e poi popolare. Scrive un libretto, Da De Gasperi agli U2, in cui comincia a chiarire il suo pensiero: un mix di cattolicesimo solidaristico con una forte carica innovatrice ma soprattutto una decisa rivendicazione generazionale. Un giorno buca le cronache nazionali dicendo che certi inavomibili dirigenti del suo partito vanno «rottamati», guadagnandosi la pubblica indignazione di Anna Finocchiaro. Quando nel 2008 manifesta l’intenzione di concorrere alle primarie cittadine, un’assessora comunale diessina gli dice chiaro che deve mettersi in codo, che deve aspettare il suo turno. Faccia, da bravo, il suo secondo turno in provincia. Renzi fa spallucce, alla sua maniera. Qualcuno ha intuito: da Roma cambiano le regole in corsa, poi ci ripensano. Quando le fanno, i soloni del Pd fanno l’errore di dividersi e lui se li mangia in un boccone solo, vincendo al primo turno. L’establishment diessino ha capito ma in ritardo. Da Palazzo Vecchio, dove viene eletto nel 2009, si vede Roma. Dalla vecchia stazione ferroviaria del Granduca Leopoldo dove, da presidente provinciale, riuniva gli studenti per l’allora ministro Beppe Fioroni, poi suo acerrimo nemico, calibra la sua sfida generazionale al patto di sindacato che governa il Pd. È il novembre del 2010. La discesa verso Roma è cominciata. Il resto, fatto di vittorie anche quando hanno preso il segno della sconfitta, è storia recente: primarie, Pier Luigi Bersani, congresso, Enrico Letta, rottamati e rottamandi. Renzi corre veloce.

#UKRAINIANS

PROTESTE A KIEV:
25 MORTI NELLE PROTESTE
IN PIAZZA #MAIDAN