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LETTORI SINGOLI

lunedì 4 febbraio 2019

4 VESTA il più luminoso degli asteroidi, esplorato dalla sonda Dawn. by Andreotti Roberto.

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Aggiornato al 13/09/2019

(4) VESTA

4 Vesta è un grande asteroide della Fascia principale, il secondo pianetino più massivo della fascia di asteroidi, con un diametro medio pari a circa 529,25 Km e una massa stimata pari al 12% di quella dell'intera fascia.
Si era ipotizzato che fosse possibile riconsiderarlo un pianeta nano, ma non è stato considerato tale, in quanto il corpo celeste non si trova in equilibrio idrostatico.

Scoperta:
Vesta fu scoperto dall'astronomo tedesco Heinrich Wilhelm Olbers il 29 marzo 1807, dal suo osservatorio privato situato al piano superiore della sua casa a Brema, in Germania. Olbers ne diede notizia in una lettera indirizzata all'astronomo Johann H. Schröter e datata al 31 marzo. L'astronomo francese Johann Karl Burckhardt ha suggerito che Le Monnier potesse aver già osservato Vesta, scambiandola però per una stella.

Olbers concesse al matematico Carl Friedrich Gauss, che aveva calcolato l'orbita del nuovo "pianeta" in sole 10 ore, il piacere di sceglierne il nome e fu così battezzato in onore della dea romana del focolare domestico, Vesta.

Dopo la scoperta di Vesta, nessun altro asteroide fu scoperto per 38 anni; il successivo fu 5 Astraea, individuato solo nel 1845. Durante questo tempo, i quattro asteroidi conosciuti furono considerati veri e propri pianeti e fu assegnato a ciascuno di loro un proprio simbolo planetario. In particolare, quello di Vesta richiama l'altare della dea sormontato dalla fiamma sacra alla divinità. 
In seguito, il simbolo sarà sostituito con un numero corrispondente all'ordine di scoperta racchiuso in un circoletto, ④, e poi con il numero tra parentesi tonde seguito dal nome, secondo l'uso odierno della designazione asteroidale.

Dati orbitali:
Vesta orbita a 2,361 UA con un'eccentricità di 0,0886 in 3,63 anni, riceve dal sole 243,6 W/m2.
La sua inclinazione orbitale è di 7,14043° rispetto al piano dell'eclittica.

Parametri orbitali

Semiasse maggiore353,337 Gm 
(2,361 UA)
Perielio323,023 Gm (2,152 UA)
Afelio384,650 Gm (2,571 UA)
Periodo orbitale1325,84 giorni 
(3,63 anni)
Velocità orbitale19,384 km/s (media)
Inclinazione
sull'eclittica
7,14043°
Eccentricità0,0886
Longitudine del
nodo ascendente
103,909°
Argomento del perielio149,837°
Anomalia media307,801°


Dati fisici:
Ha le dimensioni di un ellissoide triassiale non in equilibrio idrostatico di 578x560x458 km, con una massa pari a 0,00004555 Mt (il 28,63% di Cerere) ed una densità di 3.456±0.035 kg/dm3.
Ne consegue una gravità di 0,25 m/s2 ed una velocità di fuga di 0,36 km/s.
La rotazione di Vesta è relativamente veloce per un asteroide (5,342h) ed è prograda, con il Polo Nord che punta in direzione di : ascensione retta 20h 32min, declinazione + 48° (nella costellazione del cigno) con un'incertezza di circa 10°. Questo dà un'inclinazione assiale di 29°.
Temperatura superficiale min: 85 K (−188 °C) max: 270 K (−3 °C).
La magnitudine apparente varia da +5.1 a +8.48 , mentre la sua magnitudine assoluta (H) è di +3,20 , ed il suo albedo geometrico è di 0.423.

Osservazioni e studi:
La luminosità di Vesta suggerì in un primo momento che l'asteroide fosse il maggiore dei quattro allora conosciuti, tuttavia William Herschel non riuscì ad osservarne il disco ed il suo diametro venne stimato essere non superiore a 383 km. 
Tale valore non fu rivisto prima della seconda metà del secolo, quando miglioramenti furono ottenuti grazie alla diffusione del catalogo stellare Bonner Durchmusterung nel 1852 e con l'introduzione sia della scala logaritmica della magnitudine, sviluppata da Norman Pogson nel 1854, sia della fotometria nel 1861. Mancava tuttavia una stima dell'albedo di Vesta, come anche per quella degli altri asteroidi fino ad allora scoperti e le misure proposte ne risentivano fortemente.

Von Stampfer nel 1856 stimò il diametro di Vesta in 467 km; Stone nel 1867 in 367 km; Pickering nel 1879 in 513 ± 17 km; M.W. Harrington nel 1883 in 840 km; e Flammarion nel 1894 in 400 km. 
Il valore di riferimento per i primi cinquant'anni del Novecento fu comunque di 390 ± 46 km, stimato nel 1895 da Barnard utilizzando un micrometro filare e rivisto nel 1901 in 347 ± 70 km utilizzando la stessa tecnica.

Nei lavori pubblicati negli anni sessanta e settanta del novecento, furono proposte nuove stime per il diametro di Vesta basate prevalentemente su misure fotometriche, comprese tra i 390 ed i 602 km con un'incertezza di circa 50 km. La maggior parte di esse, tuttavia, fornivano valori compresi tra i 530 ed i 580 km. Nel 1979, utilizzando la tecnica dell'interferometria a macchie, il diametro di Vesta fu stimato in 550 ± 23 km, suggerendo al contempo che fosse superato da Pallade, che sarebbe stato pertanto il secondo asteroide per dimensioni.
Misure migliori delle dimensioni di Vesta furono ottenute grazie a occultazioni stellari. 
Di Vesta sono state osservate due occultazioni, nel 1989 (SAO 185928) e nel 1991 (SAO 93228). 
La seconda in particolare è stata osservata da numerosi osservatori negli Stati Uniti e nel Canada ed in tale circostanza la forma dell'asteroide risultò approssimabile da un'ellisse con semiasse maggiore di 275 km e semiasse minore di 231 km.Risultò, quindi, che Vesta fosse secondo solo a Cerere per dimensioni, superando Pallade, il cui diametro era stato determinato nel 1983 in un'occultazione particolarmente favorevole.
Vesta fu il primo asteroide di cui venne determinata la massa, nel 1966. L'asteroide si avvicina ogni 18 anni a (197) Arete, raggiungendo una distanza minima pari a 0,04 AU. 
Hans G. Hertz stimò la massa di Vesta in (1,20±0,08)×10E−10 M⊙ misurando le perturbazioni gravitazionali indotte da quest'ultimo sull'orbita di Arete.
Successivamente il valore fu più volte rivisto e nel 2001 si giunse a (1,31±0,02)×10E−10 M⊙, determinato utilizzando le perturbazioni di un altro asteroide, (17) Thetis.

Le sue dimensioni e la sua superficie insolitamente brillante fanno di Vesta l'asteroide in assoluto più luminoso e talvolta l'unico visibile a occhio nudo dalla Terra (oltre a 1 Cerere, in circostanze visive eccezionali). È anche quello più studiato, grazie alla disponibilità di campioni di roccia sotto forma di meteoriti HED.


Superficie:
Le informazioni sulla composizione, dallo spettrometro visibile e infrarosso (VIR), dal rivelatore di raggi gamma e neutroni (GRaND), e dalla framing camera (FC), indicano che la maggior parte della composizione superficiale di Vesta è coerente con la composizione dei meteoriti HED (Howardite, Eucrite, e diogenite).
La regione di Rheasilvia è più ricca in Diogenite, coerente con il materiale di scavo per effetto della formazione del cratere dalle profondità di Vesta.
La presenza di olivina all'interno della regione di Rheasilvia sarebbe coerente con lo scavo di materiale dal mantello. Tuttavia, l'olivina è stata rilevata solo nelle regioni localizzate dell'emisfero settentrionale, e non all'interno di Rheasilvia, quindi l'origine di questa olivina è attualmente incerta.

Si ipotizza che la crosta di Vesta sia composta da (in ordine crescente di profondità):
- Regolite litificata, fonte delle howarditi ed eucriti brecciate.
- Colate di lava basaltica, fonte delle eucriti non cumulate.
- Rocce plutoniche (pirosseno, pigeonite e plagioclasio), fonti delle eucriti cumulate.
- Rocce plutoniche a grani grossi ricche di ortopirosseno, fonti delle diogeniti.
In base alle dimensioni degli asteroidi di tipo V (che si pensa siano frammenti della crosta di Vesta espulsi in seguito a un enorme impatto) e alla profondità del cratere Rheasilvia, si suppone che la crosta sia spessa approssimativamente 10 chilometri.

( Aelia Crater - Immagine in falsi colori ).

Rheasilvia e Veneneia:
Le principali caratteristiche della sua superficie sono due crateri enormi, il vasto cratere di Rheasilvia (circa 500km), incentrato vicino al polo sud ed i 400 chilometri del cratere di Veneneia. Il Cratere Rheasilvia è più giovane e si trova sopra il cratere Veneneia.
La squadra di scienziati di Dawn, ha chiamato il cratere più recente con il nome di Rheasilvia la madre di Romolo e Remo , la sua larghezza è circa il 95% del diametro medio di Vesta, ed il cratere è profondo circa 19 chilometri. Un picco centrale si innalza di 23 km sopra la parte più bassa del fondo del cratere e la parte più alta misurata sul bordo del cratere è di 31 km sopra il punto più basso del cratere stesso. Si stima che l'impatto responsabile ha scavato circa l'1% del volume di Vesta, ed è probabile che la famiglia Vesta e asteroidi di tipo V siano i prodotti di questa enorme collisione.
Sarebbe anche il sito di origine delle meteoriti HED.
Tutti gli asteroidi di tipo V presi insieme rappresentano solo il 6% circa del volume espulso, con il resto presumibilmente disperso in piccoli frammenti, perturbati ed espulsi quando si sono avvicinati alla lacuna di Kirkwood 3:1, oppure perturbati dall'effetto Yarkovsky o dalla pressione di radiazione. Le analisi spettroscopiche delle immagini di Hubble hanno dimostrato che questo cratere è penetrato in profondità attraverso diversi strati distinti della crosta, e possibilmente nel mantello, come indicato dalle firme spettrali di olivina.


Fosse e Canyon:
La maggior parte della regione equatoriale di Vesta è scolpita da una serie di canyon concentrici.
La più grande si chiama fossa Divalia (10 – 20 km di larghezza, 465 km di lunghezza).
Una seconda serie, si trova più a nord, e la più grande delle fosse settentrionali è chiamata Saturnalia fossa (≈ 40 km di larghezza, > 370 km di lunghezza).
Queste fosse si ipotizza che siano Graben su grande scala derivate dagli effetti che hanno generato i crateri Rheasilvia e Veneneia, rispettivamente. Sono alcuni dei più lunghi abissi del sistema solare, quasi come Ithaca Chasma su Teti.

( Divalia Fossae )

L'Omino di neve:
I crateri a '' pupazzo di neve ", è un nome informale dato ad un gruppo di tre crateri adiacenti nell'emisfero nord di Vesta.

I loro nomi ufficiali dal più grande al più piccolo (da ovest a est) sono Marcia, Calpurnia, e Minucia. Marcia è il più giovane, poi Calpurnia e Minucia è il più antico.


Geologia:
MAPPA GEOLOGICA : ( Le regioni più antiche e molto craterizzate sono marroni - le zone modificate dagli impatti Veneneia e Rheasilvia sono viola (la formazione di Fossae Saturnalia, nel nord) e ciano chiaro (la formazione del Fossae Divalia, equatoriale), rispettivamente - l'interno del bacino di impatto di Rheasilvia (nel sud) è blu scuro e le zone vicine alle eiezioni di Rheasilvia (compreso una zona all'interno di Veneneia) sono viola-blu chiaro - le aree modificate dagli impatti più recenti o dallo spreco di massa sono rispettivamente giallo/arancio o verde ).

Agli albori del sistema solare, Vesta era abbastanza caldo da fondere al proprio interno. Questo ha permesso la differenziazione dell'asteroide. Si suppone che Vesta possieda una struttura scalare: un nucleo planetario metallico di ferro e nickel, un mantello roccioso sovrastante di olivina e una crosta superficiale di roccia basaltica.

Dall'apparizione delle inclusioni ricche di calcio e alluminio (la prima materia solida nel Sistema solare, formatasi circa 4570 milioni di anni fa), un'ipotetica linea temporale è la seguente:
- Accrescimento completato dopo circa 2-3 milioni di anni.
- Fusione completa o parzialmente completa dovuta al decadimento radioattivo dell'isotopo 26Al, portando alla separazione del nucleo metallico dopo circa 4-5 milioni di anni.
- Cristallizzazione progressiva di un mantello fuso convettivo. La convezione si arresta quando circa l'80% del materiale si è cristallizzato, dopo circa 6-7 milioni di anni.
- Estrusione del rimanente materiale fuso per formare la crosta. Lave basaltiche in progressiva eruzione, o possibile formazione di un oceano di magma di breve durata.
- Gli strati più profondi della crosta cristallizzano per formare rocce plutoniche, mentre i basalti più antichi sono trasformati grazie alla pressione dei nuovi strati superficiali.
- Lento raffreddamento interno.

Vesta risulta essere l'unico asteroide intatto la cui superficie abbia subito tali processi geologici, ed è quindi anche l'unico a subire una differenziazione planetaria. Tuttavia, la presenza di classi di meteoriti ferrose e acondritiche senza corpi progenitori identificati indica che originariamente potevano esserci diversi planetesimi differenziati con processi magmatici. Questi corpi si sarebbero frantumati per impatto in famiglie di asteroidi più piccole durante le fasi caotiche dei primi tempi. Si pensa che gli asteroidi ferrosi provengano dai nuclei di tali corpi, gli asteroidi rocciosi dai mantelli e dalle croste.

Cartografia:
Una disputa è sorta tra la NASA e IAU su quale sia il meridiano principale su Vesta, la IAU indica la Olbers Regio, individuata dalle prime immagini a bassa risoluzione dell'Hubble, mentre la NASA ha indicato il centro del piccolo cratere Claudia come una più precisa indicazione per il meridiano principale.

( la piccola freccia , nel riquadro ingrandito , indica il cratere Claudia ).

MAPPA CON NOMENCLATURE

Struttura interna:
Per Vesta si ipotizza che possa avere un nucleo metallico di ferro e nichel di circa 214-226 chilometri di diametro,  un mantello di olivina rocciosa sovrastante, con una crosta superficiale basaltica.
Sulla base delle dimensioni degli asteroidi di tipo V (che si ipotizzano essere pezzi di crosta di Vesta espulsi durante i grandi impatti), e la profondità del Cratere Rheasilvia, per la crosta si è ipotizzato essere di circa 10 chilometri di spessore. I dati della navicella Dawn hanno trovato la prova che le depressioni che avvolgono Vesta potrebbero essere Graben formate da faglie indotte dagli impatti, il che significa che Vesta ha una geologia più complessa rispetto ad altri asteroidi. Vesta avrebbe potuto essere classificato come un pianeta nano se avesse mantenuto una forma sferica. L'unica cosa che l'ha buttata fuori dalla categoria di un pianeta nano è stata la formazione di due grandi bacini d'urto al suo polo sud. In occasione di questi impatti Vesta non era abbastanza caldo e plastico per tornare ad una forma in equilibrio idrostatico.
La superficie di Vesta è coperta da regolite, distinta da quelle che si trovano sulla luna o su asteroidi come Itokawa. Questo perché l'influenza di radiazione solare e raggi cosmici, agiscono in modo diverso. La superficie di Vesta non mostra alcuna traccia significativa di ferro perché le velocità d'urto su Vesta sono troppo basse per rendere la fusione e la vaporizzazione di roccia un processo apprezzabile. Invece, l'evoluzione della regolite è dominata dalla fratturazione e dalla conseguente miscelazione di componenti luminosi e scuri. La componente oscura è probabilmente dovuta all'insorgenza di materiale carbonioso, mentre il componente luminoso è il terreno basaltico originale di Vesta.

( Struttura interna: Nucleo metallico - Mantello di Olivine - Crosta superficiale ).

Il grande impatto:
Adesso, in un nuovo studio pubblicato su Nature Geoscience, un gruppo di ricerca internazionale propone un quadro chiaro per la comprensione della storia geologica di Vesta, compresa la massiccia collisione che ha causato l’ispessimento della crosta. Una scoperta che approfondisce la comprensione della formazione del protopianeta, avvenuta più di 4.5 miliardi di anni fa, nella prima infanzia del nostro Sistema solare. Per fare ciò, i ricercatori hanno passato in esame un raro minerale chiamato zircone, trovato nei mesosideriti, meteoriti ferro-rocciosi che sono simili ai meteoriti di Hed in termini di consistenza e composizione. Basandosi su una premessa, e cioè che entrambi i tipi di meteoriti provenissero da Vesta, gli autori del nuovo studio si sono concentrati sulla datazione dello zircone dei mesosideriti con una precisione senza precedenti.

La datazione radiometrica  dell’uranio-piombo ha consentito di ottenere due valori: 4558 ± 2.1 milioni di anni fa e 4525 ± 0.85 milioni di anni fa. Due età distinte che coincidono con i tempi di formazione della crosta dell’asteroide Vesta e con un evento di riscaldamento su larga scala avvenuto sul corpo progenitore, probabilmente proprio l’asteroide Vesta. Dunque, il modello evolutivo ottenuto dai ricercatori evidenzia due momenti temporali significativi: la formazione iniziale della crosta, avvenuta secondo lo studio 4558 ± 2.1 milioni di anni fa; e il mescolamento di metallo e silicati per via della collisione “mordi e fuggi” avvenuta 4525 ± 0.85 milioni di anni fa. Proprio queste coincidenze cronologiche confermerebbero sia il ruolo dell’impatto che ha colpito l’emisfero settentrionale di Vesta nella formazione della spessa crosta osservata da Dawn, che la provenienza da Vesta sia dei mesosideriti che dei meteoriti di Hed.

( Il modello proposto dai ricercatori per descrivere la collisione tra Vesta, come corpo genitore dei mesosideriti e dei meteoriti Hed, e un piccolo planetesimo con un rapporto di massa di 0.1. L'impatto ha provocato una profonda ammaccatura nell'emisfero settentrionale di Vesta, seguito dall'accumulo dei detriti prodotti dall'impatto nell'emisfero australe, producendo la spessa crosta osservata dalla missione Dawn della Nasa ).

LINK:Mesosiderite formation on asteroid 4 Vesta by a hit-and-run collision“.

Risonanze e Quasi-satelliti:
Le vere risonanze orbitali tra gli asteroidi sono considerate improbabili, a causa delle loro piccole masse rispetto alle loro grandi separazioni, tali relazioni dovrebbero essere molto rare. 
Tuttavia, Vesta è in grado di catturare altri asteroidi in relazioni orbitali risonanti 1:1 temporanee (per periodi fino a 2 milioni di anni o più); sono stati identificati difatti, una quarantina di oggetti simili. tra cui (855) Newcombia e (4608) 1988 BW3. ( Leggi : QUI )
Gli oggetti delle dimensioni di un decametro rilevati nelle vicinanze di Vesta. dalla sonda Dawn della NASA, possono essere considerati quasi-satelliti piuttosto che veri e propri satelliti.

 SCHEDA RIASSUNTIVA DI VESTA:
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Leggi anche:

IL SISTEMA SOLARE ELENCO POST di Andreotti Roberto - INSA
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