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lunedì 1 aprile 2019

COLONNELLO SALVINO PATERNO': La nuova legge sulla legittima difesa NON SARA' IL FAR WEST . Intervista di Speroni.


La nuova legge sulla Legittima difesa spiegata FINALMENTE bene in ogni suo aspetto, al di là degli slogan e degli allarmismi

COLONNELLO PATERNÒ:  NON SARÀ IL FAR WEST

Si è parlato molto dell'art. 52, invece la sostanza più importante della riforma è nell'art. 55 cioè l'Eccesso colposo nella legittima difesa.

Intervista di Francesco Speroni 


Colonnello dei Carabinieri Salvino Paternò, nato a Roma il 1° aprile 1961.
Ha comandato il Plotone d'Intervento al 10° Battaglione Campania a Napoli; il Nucleo Operativo della Compagnia di Torre Annunziata; la Compagnia Carabinieri di Vallo della Lucania (SA); la Compagnia Carabinieri di Policoro (MT); il Reparto Operativo di Potenza; il Reparto Operativo di Rieti.
Dal 29 ottobre 2013 è stato posto in congedo su sua richiesta.
Attualmente ricopre questi incarichi: docente di criminalistica nei corsi di Scienze Criminologiche Forensi – Master di I e II livello – presso l'Università "La Sapienza" di Roma; docente di criminalistica nei corsi presso l'Università Telematica di Roma e l'UNINT (Università degli studi Internazionali di Roma); è Direttore Generale della Formazione presso la GM Accademy (convenzionata con UNITELMA Sapienza) relativamente ai corsi di Investigatori Privati, Guardia Giurata, vigilanza armata e non, agente di polizia locale, ausiliario del traffico e dei corsi di perfezionamento per comandanti ed ufficiali della Polizia Locale, nonché svolge il ruolo di docente nell'ambito dei suddetti corsi;
Precedentemente ha svolto l'incarico di docente di Criminalistica e Tecniche Investigative presso la Scuola Marescialli di Velletri, per conto delle Università di Firenze, Bologna e Forlì; ha la qualifica di Istruttore di Tecniche di Intervento Operativo conseguito presso la Scuola Ufficiali dei Carabinieri ed ha anche la qualifica operatore di Analisi Criminale, conseguito presso la Scuola di Perfezionamento per le Forze di Polizia. 


Colonnello Paternò, il Parlamento ha infine approvato la nuova norma sulla Legittima Difesa. Cosa cambia rispetto al passato?
Sulle orme della tradizione italica, anche tale norma è formulata in maniera non facilmente comprensibile. Inizierei a sgombrare il campo dagli slogan, starnazzati a più riprese, sia a sostegno che contro, che hanno accompagnato l'iter procedurale di approvazione.
I fautori della norma hanno esultato asserendo che "da ora in poi la difesa è sempre legittima". In realtà non è così. Bisognerà sempre valutare se chi ha reagito all'aggressione si stava veramente difendendo, e in che modo ha articolato la sua difesa.

Chi avversa la norma, invece, sostiene che tale legge dia licenza di uccidere creando un autentico Far West. Cosa c'è di vero in tale affermazione?
Nulla! Permangono ovviamente i reati di omicidio e lesioni dolose e anche il reato di eccesso colposo.

Si è anche detto che si agevolerà la vendita di armi. Le risulta?
Anche questa è una fesseria, pur se una strizzatina d'occhio alle case produttrici di armi c'è, ma c'era anche prima della riforma.
Mi spiego, nel 2° comma dell'art. 52 (che riguarda proprio la legittima difesa), è scritto che per difendersi da una violenza subita nel proprio domicilio, si può usare un'arma "legittimamente detenuta", come a far intendere che potrà usare l'arma solo chi la detiene legalmente (e quindi l'ha regolarmente acquistata e denunciata). Ma non è così. La vittima di un'aggressione armata può anche usare una pistola o un fucile detenuti illegalmente. Se sussistono i parametri della legittima difesa costui non verrà condannato per i danni fisici arrecati all'aggressore, ma solo per detenzione illegale di un'arma.

E allora, cosa è cambiato nell'art. 52 del codice penale?
Inizierei a rimarcare cosa NON è cambiato.
Per potersi difendere attivamente da un attacco, sono necessari 3 requisiti che possiamo così riassumere: INEVITABILITÀ, ATTUALITÀ del pericolo e PROPORZIONALITÀ tra difesa e offesa.
L'inevitabilità consiste nella mancanza di alternative. La vittima colpisce l'aggressore perché non può farne a meno, è "costretto" a difendersi. Facciamo un esempio. Nel cuore della notte veniamo svegliati da rumori sospetti, per cui impugniamo un'arma e ispezioniamo le stanze. Nel salone ci imbattiamo in un ladro che, alla nostra vista, invece di fuggire assume un atteggiamento spavaldo e di sfida. Gli spariamo a bruciapelo? No! Se lo facessimo, come si ravviserebbe l'"inevitabilità"? Come potremmo sostenere di esser stati "costretti" a farlo? In tal caso dovremmo limitarci a puntargli l'arma intimandogli di desistere dall'azione delittuosa. Se malgrado ciò, lui, non solo non desiste, ma palesa un chiaro intento di aggredirci, allora potremmo difenderci (ma con "proporzionalità").

Quindi prima di far uso di un'arma dobbiamo sempre invitare l'aggressore alla desistenza?
Sì, ovviamente se c'è materialmente il tempo per farlo. Se il delinquente nel vederci estraesse a sua volta un'arma, non avremmo certo il tempo di intimargli la resa e in tal caso potremmo aprire il fuoco prima di lui.

Poi c'è l'attualità del pericolo. In cosa consiste?
Il pericolo a cui la vittima deve essere sottoposta affinché si giustifichi la sua legittima difesa, come dice la parola stessa deve essere "attuale", cioè presente, in atto, incombente. Se il pericolo si è già esaurito o deve ancora verificarsi non ci si potrebbe difendere.

Facciamo un esempio?
Immaginiamo che un gioielliere, che lavora insieme al proprio figlio, subisca l'irruzione di un rapinatore armato. Il criminale li costringe ad alzare le mani e svaligia il negozio. Non contento, spara a sangue freddo al figlio del gioielliere e si dà alla fuga. Non essendo più sotto la minaccia delle armi, il negoziante afferra una pistola dal cassetto, esce dal negozio e spara alle spalle del rapinatore in fuga. Ha fatto bene, secondo lei?

Sarei tentato di risponderle di sì, ma temo non sia la risposta esatta… 
I suoi timori, purtroppo, sono fondati. Nell'esempio che abbiamo fatto, il gioielliere spara quando il pericolo si è esaurito. Se freddava il rapinatore quando, arma in pugno, li minacciava, avrebbe potuto invocare la legittima difesa perché in quel momento il pericolo era presente. Ma ha sparato su un uomo che, per quanto abietto sia, era in fuga, e l'ha fatto non per difendersi da un pericolo che oramai non c'era più, ma per risentimento, vendetta, ritorsione. È un'esecuzione…

Quindi quel commerciante sarà processato per omicidio volontario?
Probabilmente sì. Si spera che almeno il magistrato attenui la pena riconoscendogli quella cosiddetta "tempesta emotiva" che ultimamente va di moda nelle aule dei tribunali in favore dei veri assassini.

Rimane da analizzare la proporzionalità. In che consiste?
In teoria è facile rispondere alla domanda: è necessario arrecare all'aggressore lo stesso danno fisico che lui avrebbe arrecato alla vittima se questa non si fosse difesa.
Per cui, posso uccidere chi tenta di uccidermi; posso ferire chi tenta di ferirmi. Se uccido chi voleva o poteva solo ferirmi, o ferisco in modo grave chi voleva o poteva solo ferirmi lievemente, ho attuato una difesa "sproporzionata" e, quindi, illecita.

Questo in teoria. Ma in pratica?
In pratica, riuscire a fare una valutazione del genere nei pochi secondi in cui si svolge l'azione, con l'adrenalina a mille e la pressione sanguigna alle stelle, è materialmente impossibile.
È difficilissimo fare tale valutazione per un uomo delle forze dell'ordine ultra-addestrato, si figuri quanto complicato sia per un cittadino svegliato nel cuore della notte, che si trova di fronte un criminale. Inevitabilmente in tali casi la reazione della vittima sarà scomposta, disorganizzata, istintiva e, conseguentemente, spesso eccessiva.

Ma, se non sbaglio, è proprio qui, nella difesa domiciliare, che interviene la modifica all'art. 52, giusto?
In parte è così. La prima modifica avvenne già nel 2006, allorché si tentò di prevedere un rapporto di proporzionalità attenuata nel caso di "difesa domiciliare" o attuata all'interno di un proprio esercizio commerciale.  Si dispose, pertanto, che se il cittadino subiva un intrusione all'interno del proprio domicilio o del proprio negozio, poteva difendersi nel momento in cui si manifestava un "pericolo di aggressione", che è cosa ben diversa e sicuramente minore del "pericolo attuale", che rimane requisito necessario quando si subisce un attacco in strada o in un qualsiasi altro luogo pubblico o aperto al pubblico. Volendo ironizzare, si potrebbe consigliare ai criminali che intendono rapinare un benzinaio, di aspettare che esca dalla stazione di servizio con i soldi, perché se costui spara per strada rischia più lui che loro.

Quindi per reagire nei confronti di un ladro che ci entra in casa è necessario che ci sia il "pericolo di aggressione". Ma in cosa consiste? 
Bella domanda. Purtroppo la norma del 2006 non lo chiariva e, conseguentemente, la discrezionalità dei magistrati cavalcava a briglia sciolta. D'altronde, la specificità di ogni persona fa sì che ognuno percepisca il pericolo in maniera differente. Ovviamente anche le diverse situazioni ambientali in cui l'evento si realizza determinano un'obiettiva differente percezione sensoriale.
E qui interviene la modifica all'art. 52, introdotta con la nuova norma appena approvata. Si stabilisce, infatti, che il proprietario di casa o il negoziante è "sempre in stato di legittima difesa quando compie un atto per respingere un intrusione posta in essere con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica".
Come può notare, quindi, in caso di intrusione illegittima all'interno della propria casa o del proprio negozio, due sono le circostanze che fanno palesare il pericolo di aggressione: la violenza posta in essere e\o la minaccia di aggressione.
Parrebbe palese (e speriamolo lo sia anche per i magistrati inquirenti) che la violenza suddetta non sia solo fisica ma anche solo sulle cose. Immaginiamo, per esempio, un criminale che sfonda la porta di casa, o divelle le ante di un armadio, o spacca le vetrine di un negozio. Tale atteggiamento violento, seppur non indirizzato sulla vittima, genera turbamento e sensazione di pericolo.
Per quanto attiene la minaccia, invece, questa è più facile da comprendere, seppur meno probabile. Dovremmo, infatti, immaginare un criminale apparentemente disarmato che, sorpreso in casa dal proprietario, lo affronti dicendogli: "guarda che sono armato e intendo spararti, o accoltellarti, o spaccarti la testa con un bastone".

Però è scritto che in tali casi il cittadino è "sempre" in stato di legittima difesa
Sì, ma non è che l'uso di un avverbio buttato lì possa cambiare la sostanza delle cose, dato che rimangono sostanzialmente inalterati i parametri di inevitabilità, attualità del pericolo e proporzionalità.
Proviamo a riassumere il tutto con una simulazione. Il proprietario di casa nel cuore della notte sente dei rumori sospetti, si sveglia, impugna un'arma (sia da sparo, che da punta e taglio o anche solo un oggetto contundente) e cerca di capire cosa sta accadendo. Nell'androne di ingresso si imbatte in un ladro disarmato che ha appena sfondato la porta. Come abbiamo prima detto, la prima cosa da fare, se c'è il tempo materiale, è intimargli la desistenza.
Se il ladro gli volta le spalle e scappa, il proprietario di casa non può assolutamente colpirlo in alcun modo (volendo, dato che anche il privato cittadino ha la possibilità di eseguire un arresto in flagranza di reato, potrebbe inseguirlo, raggiungerlo e immobilizzarlo fino all'arrivo delle forze dell'ordine che vanno immediatamente avvisate… ma come si suol dire "questa è un'altra storia").
Se il ladro disarmato, invece di fuggire, non desiste e mette in atto un atteggiamento minaccioso o violento, il cittadino, in presenza di un "pericolo attuale" o anche solo di un "pericolo di aggressione", può colpirlo procurandogli lesioni il più possibile proporzionate all'aggressione attuata dal malfattore.
Se invece il ladro è palesemente armato, il proprietario di casa, dinanzi ad un evidente "pericolo di aggressione", anzi di un vero "pericolo in atto", può reagire sparando o colpendolo con qualunque mezzo di offesa.

La teoria è già complicata, ma nella pratica è ancora più difficile, dato che spesso non c'è modo e tempo di ragionare con freddezza, o no?
È verissimo! Ma proprio qui sta l'effettiva novità della riforma legislativa. Il vero cambiamento, infatti, non risiede nelle modifiche introdotte nell'art. 52 che tratta della Legittima Difesa e che continua a rimanere complesso e di difficile comprensione, bensì nell'art. 55 che tratta del reato di Eccesso Colposo nella Legittima Difesa.
Si parte dal sacrosanto presupposto della palese sproporzionalità tra una brusca, inattesa e vile aggressione del delinquente e la reazione del proprietario di casa (o del negozio), che altro non potrà essere che scomposta e istintiva. È chiaro a tutti (o almeno dovrebbe esserlo) che chi subisce un attacco in casa propria è sempre in posizione svantaggiata rispetto al criminale, conseguentemente lo stato di ansia e di paura lo porterà ad agire confusamente, formulando errate valutazioni nell'incertezza della dinamica dell'azione delittuosa.
Potrebbe, cioè, ferire o uccidere il criminale che si è introdotto in casa propria percependo erroneamente un pericolo che in realtà non esisteva. In tal caso non era assolutamente sua intenzione commettere un omicidio o lesioni dolose, non ha colpito il malfattore per risentimento o ritorsione, ma nella convinzione, purtroppo rivelatasi erronea, di dover reagire al solo scopo difensivo. Non voleva perpetrare alcun reato, ma lo stato di turbamento al quale era sottoposto, gli ha fatto compiere degli errori nella valutazione dei famosi requisiti di inevitabilità della reazione, percezione del pericolo e proporzionalità tra offesa e difesa.

Ebbene, in tali casi, prima dell'attuale riforma, cosa accadeva? 
Il proprietario di casa veniva processato per Eccesso Colposo e, dopo anni e anni di processo, se condannato doveva pagare non solo le spese processuali ma anche risarcimenti esorbitanti ai criminali o ai loro parenti.

Invece ora cosa è cambiato?
Ora, come nel testo della famosa canzone di Lucio Battisti, "da quando ci sei tu, tutto questo non c'è più". È infatti previsto che chi ha ecceduto nella legittima difesa, ma lo ha fatto in stato di "minorata difesa" (dovuta all'età, o alle condizioni di tempo e luogo) o di "grave turbamento", non potrà essere processato. Il grave turbamento quindi diviene causa di non punibilità.
Ciò non gli eviterà il risarcimento dei danni, però l'indennità spettante al criminale danneggiato, dovrà essere calcolata dal giudice tenuto conto "della gravità, delle modalità realizzative e del contributo causale della condotta" posta in essere dal malfattore. Sostanzialmente, chi si introduce in casa altrui per rubare o rapinare e viene ferito dal proprietario di casa che ha ecceduto colposamente nella reazione, essendo lui stesso causa del danno subito, ne deve accettare le conseguenze, per cui… addio agli esosi risarcimenti.
A proposito di risarcimenti, prima della riforma anche chi causava delle lesioni ai ladri, pur se veniva scagionato penalmente con il riconoscimento della legittima difesa, doveva comunque sostenere un processo civile per risarcimento danni. Anche tale nefasto evento viene scongiurato dalla riforma che elimina, per chi viene assolto in sede penale, qualsiasi responsabilità sul piano civile.
E non scordiamo il calvario che affrontava il proprietario di casa indagato: anni infiniti di processi e spese legali insostenibili. Ebbene, da ora in poi, tali procedimenti avranno priorità finendo su una corsia preferenziale nella formazione dei ruoli di udienza. Inoltre ci sarà l'estensione delle norme sul gratuito patrocinio in favore della persona nei cui confronti sia disposta l'archiviazione, il proscioglimento o il non luogo a procedere per fatti commessi in condizioni di legittima difesa o di eccesso colposo.
Al contrario, chi dovrà sborsare denaro non saranno le vittime dell'aggressione domiciliare ma gli autori del reato. È infatti previsto che, nel caso di condanna per furto in abitazione e scippo, i condannati potranno ottenere la sospensione condizionale della pena solo dopo aver ottemperato al pagamento integrale dell'importo dovuto per il risarcimento del danno alla persona offesa.
E anche questa mi pare essere senza ombra di dubbio cosa buona e giusta.

Chi critica la riforma, sostiene che con tale norma lo Stato si arrende e delega ai cittadini il mantenimento della pubblica sicurezza. C'è del vero secondo lei?
Assolutamente no. La norma tutela solo le vittime che si difendono dalle aggressioni criminali, riconoscendo loro lo stato di stress emotivo in cui si trovano ad agire al fine di tutelare la propria e l'altrui incolumità, evitandogli così di subire un'ulteriore e ingiusta violenza da parte di quello Stato che non è riuscito a proteggerli.
Il mantenimento dell'ordine e della sicurezza, nonché il controllo del territorio è ben altra cosa e, a mio avviso, non si ottiene aumentando gli organici delle forze dell'ordine, ma diminuendo quelli dei delinquenti. Tale risultato lo si può ottenere solo con la certezza della pena. Gli autori dei reati predatori sono quasi sempre delinquenti seriali arrestati e denunciati dalla polizia giudiziaria infinite volte e altrettanto infinite volte rimessi rapidamente in libertà, spesso con provvedimenti giudiziari insensati.
Proprio allo scopo di tentare di limitare le cosiddette scarcerazioni facili, nella norma che modifica le disposizioni inerenti la legittima difesa sono previste pene più severe per i reati di violazione di domicilio, furto e rapina.

Un ultima domanda. L'associazione nazionale dei magistrati si è scagliata contro la nuova legge sulla legittima difesa asserendo che è sostanzialmente inutile e restringe gli spazi di valutazione dei magistrati. Lei cosa ne pensa?
Non comprendo che danni possa fare una disposizione ritenuta "inutile". Se, come loro sostengono, tale legge "non tutelerà i cittadini più di quanto erano già tutelati fino ad oggi", anche chi avversa la legge non dovrebbero preoccuparsi. Insomma, se nulla cambia cosa c'è da temere? Al limite si è trattato solo di una perdita di tempo del potere esecutivo e legislativo che verrà valutata negativamente dagli elettori e non certo dalla magistratura.
Premesso, poi, che dinanzi ad alcune sentenze creative sconvolgenti, una sana riduzione degli "spazi di valutazione" dei magistrati non sarebbe negativa, non mi pare sia stata intaccata la loro discrezionalità nell'accertamento dei fatti. Saranno sempre i giudici ad appurare, caso per caso, sia la presenza dei requisiti che qualificano la legittima difesa, sia il "grave turbamento" che comporta la non punibilità.
Ritengo tali polemiche pretestuose e temo che possano essere dettate da una non celata avversione ideologica e politica. Un siffatto atteggiamento esplicato da chi non solo dovrebbe essere super partes ma tale dovrebbe anche apparire, sia deleterio e criminogeno. Come asseriva Calamandrei: "quando per la porta della magistratura entra la politica, la giustizia esce dalla finestra".
( Colonnello Salvino Paternò ).

11 commenti:

  1. Grazie colonnello Paternò, come sempre illuminante.

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  2. Un onore per questo blog ospitare le opinioni del Colonnello, un grazie speciale a Francesco Speroni, per tutto quello che fa.... (Giovanni Donati)

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  3. Un'analisi competente di una legge che è un passo avanti necessario, ed è pure logico che una legge di un paese democratico non potesse essere pensata per creare un far west, e chi crede di poterne abusare forse ha fatto male i suoi conti, comunque per me ha riportato in parità una bilancia che troppo spesso pendeva a favore dei delinquenti, costringendo le vittime a subire calvari giudiziari.... non è perfetta, ma nulla lo è, ma è un passo avanti.

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  4. Buongiorno Sig.Colonello è un piacere "rivederla" sono un suo ex allievo del 46esimo corso sottufficiali. Ottima analisi sulla legittima difesa.Grande Stima e rispetto come sempre.Un abbraccio.Chiarenza Fabio.

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