ulivi

ulivi
BORGO A MOZZANO - Piano di Gioviano, SP2 Lodovica.

LETTORI SINGOLI

IL SISTEMA DI GIOVE, E TUTTI I SUOI SATELLITI . by Andreotti Roberto - INSA.

________________________________________________
________________________________________________
Aggiornato al 11/01/2024

GIOVE

                                                                                                                                      
Jupiter New Horizons.jpg

Giove (5,203 UA), con 320,33 masse terrestri, possiede 2,5 volte la massa di tutti gli altri pianeti messi insieme.
Compie una rivoluzione intorno al Sole ogni 11,864 anni.
Giove ed i suoi satelliti ricevono 50,16 W/m2 di energia dal Sole.

DIMENSIONI:
Ha un diametro equatoriale di 142.984 km ed un diametro polare di 133.709 km.
Ha un forte schiacciamento ai poli a causa anche della rapida rotazione (9h 55' 29,5'').
L'inclinazione dell'asse di rotazione è relativamente piccola, solamente 3,13º, e precede ogni 12 000 anni, di conseguenza, il pianeta non sperimenta significative variazioni stagionali, contrariamente a quanto accade sulla Terra e su Marte.


Un Potente Campo Magnetico:
Creato dalle correnti elettriche all'interno del mantello di idrogeno metallico si genera un campo magnetico dipolare, inclinato di 10º rispetto all'asse di rotazione di Giove.
Il campo raggiunge un'intensità variabile tra 0,42 millitesla - mT - all'equatore e 1,3 mT ai poli, che lo rende il più intenso campo magnetico del sistema solare, eccetto quello nelle macchie solari, e ben 14 volte superiore al campo magnetico terrestre.
Il campo magnetico di Giove preserva la sua atmosfera dalle interazioni con il vento solare deflettendolo e creando una regione appiattita, la magnetosfera, costituita da un plasma di composizione molto differente da quello del vento solare.
La magnetosfera gioviana è la più grande e imponente fra tutte le magnetosfere dei pianeti del sistema solare, nonché la struttura più grande di tutto il sistema, apparte il Sole e si estende nel sistema solare esterno per molte volte il raggio di Giove (RJ) e raggiunge un'ampiezza massima che può superare anche l'orbita di Saturno.

Le correnti elettriche delle fasce di radiazione generano delle emissioni radio di frequenza variabile tra 0,6 e 30 MHz, che rendono Giove un'importante radiosorgente. Le prime analisi, condotte da Burke e Franklin, rivelarono che l'emissione è caratterizzata da flash intorno ai 22,2 MHz e che il loro periodo coincideva con il periodo di rotazione del pianeta, la cui durata fu quindi determinata con maggiore accuratezza. Essi riconobbero inizialmente due tipologie di emissione: i lampi lunghi (long o L-bursts), della durata di alcuni secondi, e i lampi corti (short o S-bursts), che durano poco meno di un centesimo di secondo.
Sono state in seguito scoperte altre tre forme di segnale radio trasmesse dal pianeta:
  • Esplosioni radio decametriche (con lunghezze d'onda di decine di metri), che variano con la rotazione del pianeta e sono influenzate dalle interazioni tra Io e la magnetosfera gioviana.
  • Emissioni radio decimetriche (con lunghezze d'onda di alcune decine di centimetri), la cui origine è stata imputata alla radiazione di ciclotrone emessa dagli elettroni accelerati dal campo magnetico in un'area toroidale che ne circonda l'equatore.
  • Irraggiamento termico prodotto dal calore dell'atmosfera del pianeta.
La forte modulazione periodica dell'emissione radio e particellare, che corrisponde al periodo di rotazione del pianeta, rende Giove affine ad una pulsar. È bene comunque considerare che l'emissione radio del pianeta dipende fortemente dalla pressione del vento solare e, quindi, dall'attività solare stessa.


Giove è la fonte delle più forti emissioni radio planetarie nel sistema solare.
Le variazioni di queste emissioni sono sintomatiche delle dinamiche della magnetosfera di Giove e alcune sono state direttamente associate alle Aurore di Giove.
Le emissioni radio più forti sono associate all'interazione di io con il campo magnetico di Giove.
Inoltre, le onde plasmatiche sono pensate per svolgere ruoli importanti nell'accelerazione delle particelle energetiche nella magnetosfera, alcune delle quali influenzano l'atmosfera superiore di Giove generando le aurore.




( In foto sopra le tempeste elettriche riprese dalla sonda JUNO ).

Composizione:
Giove è composto in larga parte da idrogeno ed elio.
Il forte calore interno di Giove crea una serie di caratteristiche semipermanenti nella sua atmosfera, come ad esempio la famosa Grande Macchia Rossa.
L'atmosfera alta di Giove è composta in volume da un 88-92% di idrogeno molecolare e da un 8-12% di elio.
Queste percentuali cambiano se si tiene in considerazione la proporzione delle masse dei singoli elementi e composti, dal momento che l'atomo di elio è circa quattro volte più massiccio dell'atomo di idrogeno, quindi l'atmosfera gioviana è costituita da un 75% in massa di idrogeno e da un 24% di elio, mentre il restante 1% è costituito da altri elementi e composti presenti in quantità molto più esigue.
Le proporzioni atmosferiche di idrogeno ed elio sono molto vicine a quelle riscontrate nel Sole .


Emissione di calore:
Giove emette più calore di quello che riceve mentre si rimpiccolisce.
Ma perché si rimpicciolisce? E da dove viene l’energia che disperde nello spazio?
Bene, dovete sapere che i due fenomeni sono connessi, e dipendono da quello che viene chiamato Meccanismo Kelvin – Helmholtz, dal nome dei due scienziati che lo studiarono, William Thomson, primo barone Kelvin (si proprio lui, quello dello “zero assoluto”) fisico britannico e Hermann Ludwig Ferdinand von Helmholtz fisico tedesco.
Il meccanismo Kelvin – Helmholtz è un processo astronomico che si verifica quando la superficie di un pianeta gassoso si raffredda.
Tale raffreddamento causa una diminuzione della pressione idrostatica e, conseguentemente, il pianeta si restringe, si comprime.
Questa compressione, ha come conseguenza il riscaldamento del nucleo del pianeta.
Tale meccanismo è evidente per pianeti come Giove o Saturno o anche sulle nane brune, in pratica corpi le cui temperature al nucleo non sono sufficienti per provocare la fusione nucleare.
Dunque, la superficie di Giove si “raffredda”, e il pianeta compensa, questo “raffreddamento”, e la conseguente diminuzione della pressione, comprimendosi.

Giove si comprime di circa 2 cm all'anno.

Questa compressione ha come conseguenza il riscaldamento del nucleo planetario, il che provoca un incremento della quantità di calore emessa; come risultato si ha che il pianeta irradia nello spazio una quantità di energia superiore a quella che riceve dal Sole.

Il rapporto emissione/insolazione è pari a circa 1,67.

Una importante conseguenza di ciò è che si ritiene che, agli “inizi” del Sistema Solare, il pianeta dovesse essere grande più o meno il doppio rispetto ad ora.
Inizialmente, verso la fine del 19° secolo, tale meccanismo venne ipotizzato come la causa, l’origine dell’energia del Sole e delle stelle; dovete ricordarvi che ai tempi non si conosceva la fusione nucleare.
Ma ci si rese conto abbastanza presto che tale meccanismo generava un’energia troppo esigua per poter essere il responsabile della generazione dell’energia delle stelle.
Secondo i calcoli tale meccanismo avrebbe potuto fornire energia al Sole per qualche milione di anni, ma pur essendo questo un tempo molto più lungo di molti altri metodi fisici, come ad esempio l'energia chimica, questo valore ovviamente non era ancora abbastanza lungo visto che le prove geologiche e biologiche ci dicono che la Terra ha un’età di miliardi di anni.
Alla fine, nel 20° secolo è stato scoperto che l'energia termonucleare era responsabile della produzione di energia e della lunga vita delle stelle.
(Tratto dal post Facebook di Pino Pini).

Uno scontro fra titani:
La sonda Juno ha recentemente scoperto che il nucleo di Giove è più spappolato di quel che ci si aspettava. Una possibile spiegazione viene ora da uno studio, secondo cui il gigante gassoso ha subito nei sui primi milioni di anni di vita l’impatto frontale con un pianeta in formazione dalla massa pari a 10 volte quella terrestre.
Le rilevazioni della sonda Juno hanno mostrato come il campo magnetico del pianeta si presenti a spot, alternando regioni in cui l’intensità è molto elevata con altre in cui è invece assai debole. Un’evidenza che indica come il nucleo del pianeta, la cui rotazione genera il campo magnetico, sia meno denso e più esteso di quel che ci si aspettava.
Le teorie sulla formazione planetaria prevedono che Giove all’inizio fosse un pianeta denso roccioso o ghiacciato che ha progressivamente raggrumato attorno a sé la sua spessa atmosfera, rastrellandola nel disco di gas e polveri in cui è nato il Sole primordiale.
Quindi si è iniziato a pensare cosa potesse aver sconvolto a tal punto quel nucleo denso, ponendo l'ipotesi secondo cui la causa poteva essere un gigantesco impatto che aveva spappolato il nucleo, stemperandolo negli strati superiori, meno densi.
Lo scenario di collisione è diventato ancora più convincente con i risultati delle simulazioni dell’ipotetico impatto, che mostravano come una collisione avrebbe influenzato il nucleo di Giove. Tenendo conto che corpi approssimativamente delle dimensioni della Terra sarebbero stati sbriciolati completamente prima di arrivare al nucleo di Giove, in base alle simulazioni i ricercatori hanno dedotto che, per ottenere un profilo di densità del nucleo simile a quello misurato ora dalla sonda Juno, lo scenario più plausibile è quello dello scontro frontale con un planetesimo dieci volte più massiccio della Terra.


Anche se l’impatto è avvenuto 4.5 miliardi di anni fa, «ci potrebbero volere ancora molti, molti miliardi di anni affinché gli elementi più pesanti tornino a formare un nucleo denso.

LINK : https://www.nature.com/articles/s41586-019-1470-2 

Atmosfera:
L'atmosfera di Giove è la più estesa atmosfera planetaria del sistema solare, manca di un netto confine inferiore, ma gradualmente transisce negli strati interni del pianeta.
Dal più basso al più alto, gli stati dell'atmosfera sono: troposfera, stratosfera, termosfera ed esosfera; ogni strato è caratterizzato da un gradiente di temperatura specifico. Al confine tra la troposfera e la stratosfera, ovvero la tropopausa, è collocato un sistema complicato di nubi e foschie costituito da stratificazioni di ammoniaca, idrosolfuro di ammonio ed acqua.
L'atmosfera superiore di Giove è composta in volume da un 88-92% di idrogeno molecolare e da un 8-12% di elio. Queste percentuali cambiano se si tiene in considerazione la proporzione delle masse dei singoli elementi e composti, dal momento che l'atomo di elio è circa quattro volte più massiccio dell'atomo di idrogeno; l'atmosfera gioviana è quindi costituita da un 75% in massa di idrogeno e da un 24% di elio, mentre il restante 1% è costituito da altri elementi e composti presenti in quantità molto più esigue. La composizione varia leggermente man mano che si procede verso le regioni interne del pianeta, date le alte densità in gioco; alla base dell'atmosfera si ha quindi un 71% in massa di idrogeno, un 24% di elio e il restante 5% di elementi più pesanti e composti: vapore acqueo, ammoniaca, composti del silicio, carbonio e idrocarburi (soprattutto metano ed etano), acido solfidrico, neon, ossigeno, fosforo e zolfo. Nelle regioni più esterne dell'atmosfera sono inoltre presenti dei consistenti strati di cristalli di ammoniaca solida.


( Nel grafico la velocità e la direzione dei venti ).

Le Nubi:

La copertura nuvolosa di Giove è spessa all'incirca 50 km e consiste almeno di due strati di nubi di ammoniaca, uno strato inferiore piuttosto denso ed una regione superiore più rarefatta.
I sistemi nuvolosi sono organizzati in fasce orizzontali lungo le diverse latitudini, e si suddividono in zone, di tonalità chiara, e bande, le quali appaiono scure per via della presenza su di esse di una minore copertura nuvolosa rispetto alle zone.
La loro interazione dà luogo a violente tempeste, i cui venti raggiungono, come nel caso delle correnti a getto delle zone, velocità superiori ai 360-400 km/h.
La caratteristica colorazione marrone-arancio delle nubi gioviane è causata da composti chimici complessi, noti come cromofori, che emettono luce in questo colore quando sono esposti alla radiazione ultravioletta solare.

( Visione completa di Giove ).

Le tempeste:
Le continue tempeste di Giove sono enormi rispetto a quelle che si verificano sulla Terra, con fulmini che raggiungono un’estensione di 60 chilometri, cinque volte più alti dei tipici fulmini terrestri, e tre volte più energetici di quelli più potenti. Come accade per i fulmini terrestri, anche quelli di Giove agiscono come trasmettitori radio, inviando onde radio e luce visibile quando attraversano il cielo.

Un team di ricercatori guidato da Michael Wong dell’Università della California Berkeley, tra cui Amy Simon del Goddard Space Flight Center della Nasa e Imke de Pater di Berkeley, hanno combinato osservazioni a più frequenze di Hubble e Gemini con quelle riprese da Juno, scoprendo nuove e interessanti caratteristiche del turbolento gigante gassoso.

Mappando i fulmini rilevati da Juno sulle immagini di Hubble, oltre che su quelle a infrarossi catturate contemporaneamente da Gemini, il team è stato in grado di dimostrare che i fulmini sono associati a una combinazione di tre strutture nuvolose:
- nubi profonde cariche di acqua, 
- grandi torri convettive generate dall’aria umida in risalita, 
- regioni chiare presumibilmente generate dall’instaurarsi di una corrente verso il basso di aria più asciutta, fuori dalle torri convettive. 
I dati di Hubble mostrano l’altezza delle spesse nubi che costituiscono le torri convettive, nonché la profondità delle nubi cariche di acqua. I dati di Gemini rivelano chiaramente le zone più chiare nelle nubi, ai livelli più alti, dalle quali è possibile osservare le nubi più in profondità.

Queste immagini mostrano le osservazioni di Giove effettuate dal satellite Juno, dal telescopio spaziale Hubble e dall’Osservatorio Gemini, e una rappresentazione schematica delle strutture nuvolose e della circolazione atmosferica del pianeta dedotta dalle osservazioni. Combinando i dati dei tre strumenti, i ricercatori sono stati in grado di vedere che i fulmini si raggruppano in regioni turbolente dove ci sono nubi profonde cariche di acqua e dove l’aria umida si sta alzando per formare alte torri convettive simili a cumulonembi terrestri. L’immagine in basso mostra fulmini, torri convettive, nubi d’acqua profonde e radure nell’atmosfera di Giove. È basata sui dati di Juno, Hubble e Gemini e corrisponde alla sezione indicata con i due segmenti bianchi e le lettere T, C e W, nella mappa di Hubble e Gemini. La combinazione delle varie osservazioni può essere utilizzata per mappare la struttura della nube in tre dimensioni e inferire i dettagli della circolazione atmosferica. Le nubi spesse e torreggianti si formano dove l’aria umida sta salendo (upwelling e convezione attiva). Le radure si formano dove l’aria più secca affonda (downwelling). Le nubi mostrate si elevano fino ad altezze cinque volte superiori a quelle delle torri convettive nell’atmosfera terrestre. La regione illustrata copre un’estensione orizzontale di circa 6500 chilometri. Crediti: Nasa, Esa, M.H. Wong (Uc Berkeley), A. James and M.W. Carruthers (Stsci), and S. Brown (Jpl) ).

Wong pensa che i fulmini siano comuni in aree turbolente conosciute come regioni filamentose ripiegate, dove presumibilmente si sta verificando una convezione umida. «Questi vortici ciclonici potrebbero essere come delle ciminiere, contribuendo a rilasciare energia interna attraverso la convezione», spiega. «Non succede dappertutto, ma qualcosa in questi cicloni sembra facilitare la convezione». La capacità di correlare i fulmini con le nubi d’acqua profonde offre ai ricercatori un altro strumento per stimare la quantità di acqua presente nell’atmosfera di Giove, fondamentale per capire come si sono formati Giove e gli altri giganti gassosi e ghiacciati del Sistema solare, e come si è formato il Sistema solare stesso.

LINK : High-resolution UV/Optical/IR Imaging of Jupiter in 2016–2019” 

Precipitazioni:
Su Giove, si verificano violenti temporali con grandine di ammoniaca.
Questa è una nuova teoria, che è stata sviluppata utilizzando i dati del radiometro a microonde della sonda Juno della NASA, secondo cui i relativi ''funghi'' svolgono un ruolo chiave nelle dinamiche atmosferiche.

L’acqua è una sostanza importante nella meteorologia dei vari pianeti e si crede che svolga un ruolo fondamentale nella loro formazione ed accrescimento.
Come sulla Terra, l’acqua di Giove è mossa dai temporali e si ritiene che questi si formino all’interno della profonda atmosfera del pianeta, a circa 50 chilometri sotto le nubi visibili, dove la temperatura è vicina agli 0°C. Quando queste tempeste si rivelano abbastanza potenti, fanno risalire cristalli di ghiaccio d’acqua portandoli nell’atmosfera superiore.


I ricercatori degli Stati Uniti del Laboratoire Lagrange suggeriscono che quando questi cristalli interagiscono con l’ammoniaca gassosa, quest'ultima agisce come un antigelo, trasformando il ghiaccio in un liquido.
Su Giove come sulla Terra, una miscela di 2/3 di acqua e 1/3 di ammoniaca rimarrà liquida fino a una temperatura di -100°C. I cristalli di ghiaccio vengono quindi sciolti dai gas più caldi, formando un liquido acqua-ammoniaca e diventano chicchi di grandine esotici, soprannominati “funghi” dai ricercatori.
Divenuti pesanti, cadono in profondità nell’atmosfera, fino a raggiungere un punto in cui evaporano. Questo meccanismo trascina l’ammoniaca e l’acqua fino a livelli profondi nell’atmosfera del pianeta.

Le misurazioni di Juno hanno scoperto che mentre l’ammoniaca è abbondante vicino all’equatore di Giove, è altamente variabile e generalmente si esaurisce altrove, a pressioni molto profonde.
Per spiegare la scoperta della profonda variabilità dell’ammoniaca nella maggior parte del pianeta, i ricercatori hanno sviluppato un modello di miscelazione atmosferica presentato in cui spiegano le variazioni osservate dalla sonda in funzione della latitudine.

Altri ricercatori riportano osservazioni di lampi gioviani da parte di una delle telecamere di Juno.
I piccoli lampi appaiono come punti luminosi sulle cime delle nuvole, con dimensioni proporzionali alla loro profondità nell’atmosfera. A differenza delle precedenti missioni che avevano osservato solo lampi da regioni profonde, la vicinanza della sonda al pianeta ha permesso di rilevare lampi più piccoli e poco profondi.
Questi bagliori provengono da regioni in cui le temperature sono inferiori a -66°C e dove l’acqua da sola non può essere trovata allo stato liquido. Tuttavia, si ritiene che la presenza di un liquido sia cruciale per il processo di generazione del fulmine.


La distribuzione dei fulmini su Giove è alla rovescia rispetto alla Terra. C’è molta attività vicino ai poli di Giove, ma nessuna vicino all’equatore. Ma perché succede questo?
I fulmini seguono il calore, ecco spiegato il comportamento su entrambi i pianeti.
La zona equatoriale sulla Terra è quella che riceve maggior calore dal Sole, ed è dunque più facile trovare violenti temporali e scariche di fulmini nell’atmosfera corrispondente a quelle aree.
Su Giove è leggermente diverso, perché il gigante gassoso riceve dal Sole 25 volte meno calore rispetto al nostro pianeta. Come sulla Terra, l’equatore è la zona più “calda”, ma non abbastanza da creare instabilità nell’atmosfera. Ai poli l’atmosfera è meno stabile e ciò permette ai gas caldi provenienti dall’interno di Giove di salire, favorendo la convezione e quindi i fulmini.
____________________________________

IL SORVOLO DELLA SONDA JUNO:

GIOVE offerto da MEDIA INAF

LA GRANDE MACCHIA ROSSA

La Grande Macchia Rossa è una vasta tempesta anticiclonica, posta a 22° sotto l'equatore del pianeta Giove, che dura da almeno 300 anni. La tempesta, la più grande del sistema solare, è visibile dalla Terra anche con telescopi amatoriali.
La Grande Macchia Rossa ruota in verso antiorario, con un periodo di sei giorni terrestri, corrispondenti a 14 giorni gioviani. Misura 24-40 000 km da ovest ad est e 12-14 000 km da sud a nord. La macchia è sufficientemente grande da contenere tre pianeti delle dimensioni della Terra. All'inizio del 2004 la Grande Macchia Rossa aveva approssimativamente la metà dell'estensione longitudinale che aveva un secolo prima, quando misurava 40 000 km in diametro. All'attuale velocità di riduzione potrebbe diventare circolare nel 2040, sebbene ciò sia improbabile a causa degli effetti distorsivi delle correnti a getto vicine ad essa. Non è noto quanto possa durare la macchia o se i cambiamenti osservati siano il risultato di fluttuazioni normali.
Il diametro della Macchia Rossa è diminuito nel corso del XX secolo. Dall'inizio del XXI secolo pare ridursi ad un ritmo più elevato, di quasi 1000 km all'anno, e la forma sta cambiando da quella di un ovale a quella di un cerchio. La dimensione misurata nel senso da nord a sud è cambiata poco, mentre è diminuita notevolmente la dimensione da est a ovest. Se alla fine dell'ottocento sulla base di osservazioni storiche la Macchia Rossa aveva un diametro di 41 000 km, nel 1979 il diametro si era ridotto a circa 23 000 km al tempo del passaggio della Voyager 2, per poi diminuire ulteriormente nel 1995 a 20 000 e a 17 700 km nel 2009. È tuttavia a partire dal 2012 che si è osservato, dopo alcune segnalazioni di astronomi amatoriali, che la Macchia si sta riducendo a ritmi più serrati, di quasi 1000 km all'anno. In base a osservazioni compiute dal telescopio spaziale Hubble, nel 2014 il diametro massimo della Macchia Rossa è sceso a 16 500 km, il valore più piccolo mai misurato dagli astronomi.
Confronto con la Terra in scala ).

Osservazioni nell'infrarosso hanno indicato che la Grande Macchia Rossa è più fredda (e quindi, raggiunge altitudini maggiori) della maggior parte delle altre nubi sul pianeta (con una temperatura che è inferiore a −160 °C (113 K)); lo strato più alto di nubi della Grande Macchia Rossa svetta di circa 8 km dagli strati circostanti. Inoltre, la circolazione antioraria della macchia è attestata dal 1966 grazie ad un attento monitoraggio delle strutture atmosferiche gioviane ed è stata confermata dai primi filmati inviati dalle sonde Voyager.
Nel 2010, grazie ad un gruppo di ricerca guidato dall'Università di Oxford che si è servita del Very Large Telescope dell'ESO e del telescopio Gemini Sud (entrambi situati in Cile) e del telescopio giapponese Subaru nelle Hawaii i ricercatori hanno potuto osservare regioni della Grande Macchia Rossa di Giove mai osservate prima, notando che il colore più rosso corrisponde a un "nucleo" caldo all'interno di una tempesta più fredda, con linee scure ai confini della stessa dove i gas si inabissano nelle regioni più profonde del pianeta. Gli astronomi hanno ricostruito una mappa di temperatura, aerosol e ammoniaca della tempesta per comprendere come la circolazione cambia nello spazio e nel tempo. La parte centrale della macchia, di colore arancio-rosso, è di circa 3 o 4 gradi più calda rispetto all'ambiente circostante; questa differenza di temperatura è abbastanza marcata da permettere alla circolazione della tempesta, di solito antioraria, di cambiare senso divenendo debolmente oraria nella regione centrale. Anche in altre parti di Giove, la variazione di temperatura è sufficiente per alterare le velocità del vento e influenzare gli schemi di nubi nelle diverse fasce e zone. Sul suo confine meridionale la macchia è confinata spazialmente da una corrente a getto di modesta entità e diretta verso est (prograda) mentre sul suo confine settentrionale è confinata da una corrente a getto molto potente e diretta verso ovest (retrograda). Sebbene i venti intorno ai lati della macchia soffino a circa 120 m/s (430 km/h), le correnti all'interno di essa sembrano stagnanti, con pochi flussi in ingresso o in uscita. Il periodo di rotazione della macchia è diminuito col tempo, forse come conseguenza della costante riduzione nelle dimensioni.
La sonda JUNO ha analizzato la profondità della GMR ).

La latitudine della Grande Macchia Rossa è rimasta stabile per tutto il tempo in cui sono disponibili osservazioni attendibili, variando tipicamente entro un grado. La sua longitudine, tuttavia, varia costantemente. Poiché Giove non ruota uniformemente a tutte le latitudini (presenta infatti una rotazione differenziale come anche gli altri giganti gassosi), gli astronomi hanno definito tre differenti sistemi per definirne la latitudine. Il sistema era usato per le latitudini superiori ai 10° ed era originariamente basato sulla velocità media di rotazione della Grande Macchia Rossa, pari a 9h 55m 42s. Nonostante ciò, la macchia ha doppiato il pianeta nel II sistema almeno 10 volte dai primi dell'Ottocento. La sua velocità di deriva è cambiata sensibilmente negli anni ed è stata correlata alla luminosità della banda equatoriale meridionale (South Equatorial Belt, SEB) ed alla presenza o assenza di un disturbo tropicale meridionale (South Tropical Disturbance, STrD).
Evoluzione osservativa della GMR ).

Non è ancora noto cosa determini la colorazione rossa della macchia. Alcune teorie supportate da dati sperimentali suggeriscono che il colore possa essere causato da complesse molecole organiche, fosforo rosso o un composto dello zolfo. La Grande Macchia Rossa varia notevolmente in gradazione, dal rosso mattone al salmone pastello, ed anche al bianco. La macchia scompare occasionalmente, rimanendo evidente soltanto per il buco (Red Spot Hollow) che è la sua nicchia nella banda equatoriale meridionale (SEB). La visibilità della Macchia è apparentemente accoppiata con l'aspetto della banda equatoriale meridionale: quando la banda è di un bianco brillante, la macchia tende ad essere scura; quando la banda è di colore scuro, la macchia è abitualmente luminosa. I periodi in cui la macchia è scura o luminosa si ripetono con intervalli irregolari: ad esempio la macchia era scura nel 1997, e nei cinquant'anni precedenti, nei periodi compresi tra 1961–66, 1968–75, 1989–90 e 1992–93.
La Grande Macchia Rossa non deve essere confusa con la Grande Macchia Scura (Great Dark Spot), una struttura osservata nel 2000 in prossimità del polo nord del pianeta dalla sonda Cassini; va notato che anche una struttura atmosferica di Nettuno è chiamata Grande Macchia Scura. Quest'ultima fu osservata dalla sonda Voyager 2 nel 1989 e potrebbe trattarsi di un buco nell'atmosfera del pianeta piuttosto che di una tempesta; inoltre non è stata osservata nel 1994 (sebbene una macchia simile sia apparsa più a nord).
Tempeste simili sono state osservate su Saturno, che ha avuto brevemente grandi macchie bianche. Né si deve pensare che la Grande Macchia Rossa sia l'unica tempesta su Giove. Sul pianeta infatti compaiono numerose altre tempeste di minore entità, indicate genericamente come ovali bianchi o bruni a seconda del colore e generalmente senza una denominazione. Gli ovali bianchi sono in genere composti da nuvole relativamente fredde nell'alta atmosfera. Gli ovali marroni sono più caldi, e si trovano ad altezza normale. Queste tempeste possono durare indifferentemente poche ore o molti secoli.
Dal 2000 la fusione di tre grandi ovali bianchi ha portato alla formazione di una nuova grande tempesta che da allora è andata sempre intensificandosi. Denominata ufficialmente Ovale BA è stata chiamata informalmente Piccola Macchia Rossa e Macchia Rossa Jr. quando ha iniziato a colorarsi di rosso.
Evoluzione dell'Ovale BA sotto la GMR e la Macchia Rossa Junior ).

Le simulazioni suggeriscono che la Macchia possa assorbire tempeste più piccole, e in effetti episodi simili sono stati intravisti al telescopio. In particolare, all'inizio del 2008 la NASA ha scoperto un'altra nuova frammentazione della Grande Macchia Rossa, denominata Macchia Rossa Neonata (Baby Red Spot), una piccolissima formazione ciclonica distaccatasi dalla Grande Macchia Rossa che all'inizio di ottobre 2008 è stata riassorbita nuovamente dopo un transito.

Il primo avvistamento della Grande Macchia Rossa è spesso accreditato a Robert Hooke, che descrisse una macchia su Giove nel maggio 1664; tuttavia, è probabile che la macchia di Hooke fosse nella banda sbagliata (la banda equatoriale settentrionale, rispetto alla posizione attuale nella banda equatoriale meridionale). Più convincente risulta la descrizione di Giovanni Cassini di una "macchia permanente", fornita l'anno seguente. Con fluttuazioni nella visibilità, la macchia di Cassini fu osservata dal 1665 al 1713.
Un mistero minore è relativo ad una macchia gioviana ritratta nel 1711 in un dipinto da Donato Creti, esposta nella Pinacoteca vaticana. Il dipinto è parte di una serie di pannelli, le Osservazioni astronomiche, in cui differenti corpi celesti (ingranditi) fanno da sfondo a varie scene italiane; la creazione di questa serie è stata supervisionata dall'astronomo Eustachio Manfredi per garantirne l'accuratezza. Il dipinto di Creti è la prima rappresentazione a riportare la Grande Macchia Rossa di colore rosso. Nessuna struttura gioviana era stata descritta di quel colore prima del tardo Ottocento.
La Grande Macchia Rossa attuale fu vista solo dopo il 1830 e ben studiata solo dopo un'apparizione di rilievo del 1879. Un salto di 118 anni separa le osservazioni del 1830 dalla sua scoperta, nel XVII secolo; non è noto se la macchia originaria si sia dissolta e poi ricostituita, se sia sbiadita, o anche se i resoconti delle osservazioni furono semplicemente di scarsa qualità. Le macchie più vecchie ebbero una storia osservativa più breve ed un moto più lento rispetto alla macchia attuale e ciò rende la loro identificazione incerta.
Il 25 febbraio 1979, quando la Voyager 1 era a 9,2 milioni di km da Giove, trasmise a Terra la prima immagine dettagliata della Grande Macchia Rossa. Erano riconoscibili dettagli nuvolosi delle dimensioni minime di 160 km. Il colorato motivo ondoso delle nuvole ad ovest (sinistra) della Grande Macchia Rossa è la regione di coda della macchia, dove sono osservabili moti nuvolosi estremamente complessi e variabili.



Grazie alle osservazioni di Hubble e Gemini, in concomitanza a quelle di Juno, gli scienziati sono anche in grado di studiare i cambiamenti a breve termine del gigante gassoso, come ad esempio quelli che avvengono nella Grande Macchia Rossa.
Le immagini di Juno e le precedenti missioni su Giove avevano rivelato caratteristiche zone scure all’interno della Grande Macchia Rossa che appaiono, scompaiono e cambiano forma nel tempo. Dalle singole immagini non era chiaro se queste fossero causate da un misterioso materiale di colore scuro all’interno dello strato di nubi o se fossero invece buchi nelle nubi stesse, come finestre che si affacciano su uno strato più profondo e più scuro, al di sotto.

Le immagini della Grande Macchia Rossa di Giove sono state realizzate utilizzando i dati raccolti dal telescopio spaziale Hubble e dall’Osservatorio Gemini il primo aprile 2018. Combinando le osservazioni catturate quasi contemporaneamente dai due diversi telescopi, gli astronomi sono stati in grado di capire che le chiazze scure che appaiono nella macchia sono buchi nelle nuvole piuttosto che masse di materiale più scuro. In alto a sinistra, e nel riquadro in basso a sinistra dove è stato riportato un dettaglio, si vede l’immagine di Hubble (ripresa alle lunghezze d’onda del visibile) della luce solare che si riflette sulle nubi dell’atmosfera di Giove e si notano delle zone scure all’interno della Grande Macchia Rossa. In alto a destra è riportata un’immagine a infrarossi della stessa area ripresa dal telescopio Gemini, che mostra il calore emesso sotto forma di raggi infrarossi. Le nubi sovrastanti fredde appaiono come regioni scure, ma le schiarite tra le nubi consentono all’emissione infrarossa di sfuggire dagli strati più caldi sottostanti. In basso al centro, un’immagine ultravioletta di Hubble mostra la luce solare diffusa dalle nebbie nella Grande Macchia Rossa, che appare rossa alla luce visibile perché queste nebbie assorbono le lunghezze d’onda blu. I dati di Hubble mostrano che le nebbie continuano ad assorbire anche a lunghezze d’onda ultraviolette più brevi. In basso a destra è riportata un’immagine composita di Hubble e Gemini che mostra la luce visibile in blu e l’infrarosso in rosso. Le osservazioni combinate mostrano che le aree luminose nell’infrarosso sono radure o luoghi in cui c’è meno copertura nuvolosa che blocca il calore dall’interno. Crediti: Nasa, Esa, and M.H. Wong (Uc Berkeley) and team ).

Ora, con la possibilità di confrontare le immagini nel visibile di Hubble con le immagini a infrarossi di Gemini, catturate a poche ore l’una dall’altra, è possibile rispondere a questa domanda. In particolare, le regioni che sono scure alla luce visibile sono molto luminose nell’infrarosso, indicando come in realtà siano di fatto buchi nelle nubi. In queste regioni, non coperte dalle nubi, il calore proveniente dall’interno di Giove emesso sotto forma di luce infrarossa, e bloccato dalle nubi degli strati più alti, è libero di fuggire nello spazio e appare luminoso nelle immagini di Gemini.

Tempeste eruttive:
Le chiamano eruzioni ma sono solo un fenomeno atmosferico, adesso confermato dalle immagini del radiotelescopio ALMA e dell' HUBBLE. Si tratta di tempeste nell’atmosfera di Giove che, in modo simile a un temporale terrestre, fanno risalire cumuli d'ammoniaca riscaldata da strati più bassi, per poi emergere platealmente dalla cima delle nubi ghiacciate che avvolgono il pianeta.
ALMA, ha permesso di realizzare una panoramica unica dell’atmosfera di Giove, potendo ''vedere'' giù fino a circa cinquanta chilometri sotto il manto superficiale di nubi d’ammoniaca che avvolgono il pianeta.

Immagine radio di Giove realizzata con Alma. Le bande luminose indicano temperature più alte e corrispondono alle cinture del pianeta che appaiono marroni in luce visibile, mentre le bande scure rappresentano temperature più basse e corrispondono alle zone di Giove che sono spesso bianche a lunghezze d’onda visibili. Questa immagine contiene oltre 10 ore di dati, quindi i dettagli fini sono offuscati dalla rotazione del pianeta. Crediti: ALMA (ESO/NAOJ/NRAO), I. de Pater et al.; NRAO/AUI NSF, S. Dagnello ).

L’atmosfera di Giove è composta principalmente da idrogeno ed elio, insieme a tracce di gas metano, ammoniaca, acido solfidrico e acqua. Lo strato più alto di nuvole è costituito da ghiaccio di ammoniaca. Al di sotto c’è uno strato di particelle solide di idro-solfuro di ammonio, e ancora più in profondità, a circa 80 chilometri sotto il livello superiore, si trova probabilmente uno strato di nuvole di acqua liquida. Le variazioni nelle nuvole superiori danno origine alle ben note differenti colorazioni delle cinture marroni e delle zone bianche.

Molte delle tempeste su Giove hanno luogo all’interno di quelle cinture. Possono essere paragonate ai temporali sulla Terra e sono spesso associate a comparsa di fulmini.
Le tempeste si rivelano in luce visibile come piccole nuvole luminose, chiamate pennacchi. L’eruzione di questi pennacchi può causare una grave frattura nella cintura, una perturbazione che può rimanere visibile per mesi o anche anni.
I dati hanno mostrato che queste nuvole temporalesche raggiungevano l’apice della tropopausa – la parte più fredda dell’atmosfera – dove si estendevano in modo simile ai cumulonembi a forma di incudine.

Questa illustrazione della “convezione umida” nell’atmosfera di Giove mostra un pennacchio in crescita che origina a circa 80 chilometri al di sotto delle cime delle nuvole, dove la pressione è cinque volte quella sulla Terra (5 bar) e che, risalendo attraverso regioni dove l’acqua si condensa, forma idrosolfuro di ammonio e l’ammoniaca si congela in ghiaccio, proprio sotto il punto più freddo dell’atmosfera, la tropopausa. Crediti: adattato da un’illustrazione di Leigh Fletcher, Università di Leicester ).

Le osservazioni di ALMA sono le prime a mostrare che alte concentrazioni di ammoniaca gassosa vengono sollevate durante un’eruzione energica.
La combinazione di osservazioni simultanee a diverse lunghezze d’onda ci ha permesso di esaminare l’eruzione in dettaglio. Questo ci ha portato a confermare l’attuale teoria secondo cui l’emersione dei pennacchi è innescata dalla convezione umida alla base delle nuvole d’acqua, che si trovano in profondità nell’atmosfera. I pennacchi portano il gas di ammoniaca dal profondo dell’atmosfera alle alte quote, ben al di sopra del manto superficiale di nuvole.
Secondo la teoria della convezione umida (moist convection), le correnti convettive portano un mix di ammoniaca e vapore acqueo in una quota sufficientemente alta – circa 80 chilometri al di sotto della cime delle nuvole – da consentire all’acqua di condensarsi in goccioline liquide. L’acqua di condensa rilascia calore, che espande la nuvola e la fa risalire rapidamente verso l’alto attraverso altri strati di nuvole, rompendo infine le nuvole di ghiaccio di ammoniaca nella parte superiore dell’atmosfera.
L’inerzia acquisita dal pennacchio trasporta la nuvola di ammoniaca sopra lo strato ghiacciato di nuvole esistenti, fino a quando la nuova ammoniaca non si congela a sua volta, creando un pennacchio bianco brillante che si staglia contro le fasce colorate che circondano Giove.

LINK-(EN): https://arxiv.org/abs/1907.11820 

Gli Anelli
Il sistema degli anelli di Giove, consiste principalmente di polveri, presumibilmente silicati, ed è suddiviso in quattro parti principali: un denso toro di particelle noto come anello di alone; una fascia relativamente brillante, ma eccezionalmente sottile nota come anello principale; due deboli fasce più esterne, detti anelli Gossamer (letteralmente garza), che prendono il nome dai satelliti il cui materiale superficiale ha dato origine a questi anelli, quello di Amaltea (anello Gossamer di Amaltea) e di Tebe (anello Gossamer di Tebe). (vedi schede sotto)


L'impatto con la cometa Shoemaker-Levy 9:

IMPATTO su GIOVE offerto da MEDIA INAF

La cometa Shoemaker-Levy 9 (formalmente designata 1993e e D/1993 F2) è divenuta famosa perché è stata la prima cometa ad essere osservata durante la sua caduta su un pianeta. Scoperta il 25 marzo 1993 dagli astronomi Eugene e Carolyn S. Shoemaker e da David Levy, analizzando lastre fotografiche dei dintorni di Giove, destò immediatamente l'interesse della comunità scientifica; non era mai accaduto infatti che una cometa fosse scoperta in orbita attorno ad un pianeta e non al Sole. Catturata tra la seconda metà degli anni sessanta ed i primi anni settanta da Giove, le interazioni tra il gigante gassoso e la cometa ne avevano causato la disgregazione in 21 frammenti. Nel 1993 si presentava all'osservatore come una lunga fila di punti luminosi immersi nella luminescenza delle loro code, indicati spesso sui giornali come "la collana di perle".
( Le macchie scure sono le aree di impatto dei frammenti della SL9 ).
Gli studi dell'orbita della cometa portarono alla conclusione che essa sarebbe precipitata sul pianeta nel luglio del 1994. Fu quindi avviata un'estesa campagna osservativa che coinvolse numerosi osservatori a Terra e diverse sonde nello spazio per la registrazione dell'evento. Tra il 16 ed il 22 luglio del 1994, i frammenti della cometa caddero su Giove in un vero e proprio bombardamento. Le macchie scure che si formarono sul pianeta furono osservabili dalla Terra per diversi mesi prima di essere riassorbite dall'atmosfera di Giove. L'evento ebbe una rilevanza mediatica considerevole, ma contribuì notevolmente anche alle conoscenze scientifiche sul Sistema solare. In particolare, permise di effettuare misurazioni sugli strati profondi dell'atmosfera gioviana, normalmente inaccessibili, e sottolineò il ruolo svolto da Giove nel ridurre i detriti spaziali presenti nel Sistema solare interno.
I vari frammenti della cometa SL9 prima dell'impatto ).
L'impatto di un secondo oggetto sul pianeta è stato osservato fortuitamente il 19 luglio 2009, 15 anni dopo l'impatto della Cometa Shoemaker-Levy 9. L'evento è stato segnalato da un astrofilo australiano, Anthony Wesley, e rapidamente confermato grazie alle osservazioni nell'infrarosso dell'Infrared Telescope Facility della NASA, presente presso l'osservatorio di Mauna Kea, alle Hawaii.

Impatto del 7 agosto 2019
Un grande oggetto celeste ha colpito la densa atmosfera superficiale di Giove, producendo un bagliore (bolide) che è stato catturato da un astrofotografo amatoriale mentre filmava il gigante gassoso attraverso il suo telescopio. Poiché il flash di luce bianca è stato visibile dalla Terra, si ritiene che l'impatto contro la tempestosa atmosfera gioviana sia stato causato da un oggetto piuttosto grande, un asteroide o magari una cometa, anche se al momento non è possibile stimarne massa e dimensioni.
Il merito di questa scoperta è del texano Ethan Chappel, che alle 06:07 ora italiana del 7 agosto stava filmando il pianeta dal proprio giardino di casa. 
Il flash di luce è visibile appena sotto l'equatore di Giove, a circa 60° a Ovest dalla famosa Grande Macchia Rossa.

( Fotogrammi dell'impatto che ha riguardato Giove il 07/08/2019 ).

Tanti satelliti:
Di Giove attualmente si conoscono 79 satelliti (leggi qui: Tutti i satelliti naturali di Giove ) , tra questi i quattro più grandi, Ganimede, Callisto, Io, e Europa, scoperti da Galileo, mostrano analogie con i pianeti terrestri, come fenomeni di vulcanismo e calore interno di origine mareale.
Più interni ai satelliti Medicei di trovano 4 piccole lune regolari: Metis, Adrastea, Amalthea, Thebe.

SCHEDA RIASSUNTIVA DI GIOVE:

SISTEMA DI GIOVE:
_______________________________________________
_______________________________________________

I satelliti Interni

( Dimensioni in scala ).

Il gruppo di Amaltea:

Sono i 4 satelliti più vicini a Giove, interni anche ai satelliti medicei, ed hanno semiassi maggiori che vanno da 128.000 km a 222.000 km,  con una rotazione sincrona e orbite pressoché circolari, avendo una eccentricità compresa tra 0.0012 e 0.0018 (Amaltea 0.00466), ed una temperatura superficiale media di 123 K.
Metis, Adrastea, Amaltea e Tebe, sono stati scoperti tra il 1892 e il 1982 sia da Terra o tramite le immagini dei Voyager, ma si sa ancora poco di questi satelliti, solo dopo i ripetuti sorvoli effettuati dalla sonda Galileo si è riusciti ad avere qualche informazione sulle formazioni geologiche superficiali, crateri compresi.

( Nell'animazione il passaggio di METIS ed ADRASTEA satelliti pastori dell'anello di Giove ).

Sollevamento elettrostatico di granelli di polvere dalle superfici di Tebe e Amaltea:
Nikolay Borisov , Harald Krüger.
Gli elettroni energetici della cintura di radiazione interna forniscono una carica elettrica significativa delle superfici delle lune di Giove, Tebe e Amaltea, le cui orbite si trovano all'interno di questa cintura di radiazioni. 
Stimiamo teoricamente i campi elettrici nelle vicinanze delle regioni polari di Tebe e Amaltea e sosteniamo che questi campi sono sufficienti per sollevare grani di polvere di dimensioni di micron e submicroniche dalle superfici delle lune. 

Pertanto, il sollevamento di granuli di polvere caricati nei campi elettrici può essere considerato come una fonte aggiuntiva che fornisce polvere agli anelli Gossamer oltre al meccanismo di espulsione di polvere da impatti di micrometeoroidi sulle superfici delle lune. 
Il meccanismo suggerito può spiegare qualitativamente alcune peculiarità della distribuzione dei grani di polvere all'interno dei 2 anelli Gossamer rispettivamente quello di Amaltea e quello di Tebe.

LINK : https://arxiv.org/pdf/2009.11114.pdf 
____________________________________________________________

Metis

E' il satellite più interno di tutti, e venne scoperto nel 1979 nelle immagini prese dal Voyager 1 e si trova nell'anello principale di Giove e probabilmente contribuisce al suo mantenimento fornendo continuamente del materiale.
Gli venne attribuito il nome provvisorio S/1979 J3.

Nome:
Nel 1983 l'UAI lo battezzò ufficialmente con il nome della titanide Metide, prima moglie di Zeus e madre di Atena secondo la mitologia greca.


Dati:
Presenta dimensioni di circa 43 km con una densità di 3,0 kg/dm3, ed ha una rotazione sincrona.

Orbita:
L'orbita di Metis ha un semiasse maggiore di 127.691 km, con un'eccentricità di 0,0012, ed ha una inclinazione orbitale pari a 2.22° (rispetto all'equatore di Giove) e viene percorsa in 7h 4m e 29s, quindi compie un'orbita in meno di un giorno gioviano per cui l'orbita sta lentamente decadendo e il satellite, avendo già superato il suo limite di Roche, ed essendo troppo piccolo, 43 km, e compatto per venire disgregato dagli effetti mareali indotti, prima o poi precipiterà nella densa atmosfera di Giove.
___________________________________________________________

Adrastea

E' stato il primo satellite del Sistema Solare ad essere scoperto grazie ad una sonda spaziale, la Voyager 2, nel 1979.
Dopo la scoperta gli venne attribuita la designazione provvisoria S/1979 J1; nel 1983 l'Unione Astronomica Internazionale convenne di attribuirgli il nome ufficiale di Adrastea, figlia di Giove e Ananke secondo la mitologia greca.
Lo si può considerare quasi gemello di Metis, e contribuisce anch'esso al mantenimento dell'anello principale del pianeta (vedi sopra), avendo la stessa inclinazione orbitale e un periodo orbitale di 7h 9.5m, inferiore quindi ad un giorno gioviano.
Quindi anche Adrastea è destinata a precipitare nell'atmosfera di Giove, per gli stessi motivi di Metis.

Adrastea orbita intorno a Giove con un raggio medio di circa 129 000 km (1,806  il raggio gioviano) al limite esterno dell'anello principale. È uno dei tre satelliti naturali del sistema solare ad orbitare il suo pianeta in un tempo inferiore al giorno del pianeta; gli altri due sono Metis e Fobos, il satellite di Marte.
L'orbita ha bassi valori sia per l'eccentricità, 0,0015, che per l'inclinazione rispetto all'equatore gioviano, 0,03°.
A causa del blocco mareale Adrastea è in rotazione sincrona con Giove a cui mostra sempre la stessa faccia. Il suo asse maggiore è allineato verso Giove disponendosi così secondo la combinazione di più bassa energia.
Adrastea è il maggior contributore di materiale agli anelli interni di Giove, come evidenziato dal fatto che l'anello più denso sia situato all'interno dell'orbita del satellite. Più esattamente l'orbita di Adrastea si trova vicino al limite esterno dell'anello principale.
Il contributo sembra derivare soprattutto da materiale espulso dalla superficie dei quattro piccoli satelliti interni a seguito di impatti con micrometeoriti; data la bassa densità dei satelliti, la loro superficie è infatti molto vicina al limite del loro lobo di Roche.
L'estensione del materiale visibile negli anelli dipende dall'angolo di fase delle immagini: in scattering frontale, Adrastea è ben al di fuori dell'anello principale, ma in retroscattering (che permette di rivelare molte più particelle) sembra che ci sia anche un piccolo anello esterno all'orbita del satellite.

( Adrastea è il puntino bianco, la sottile riga bianca trasversale è l'anello, il chiarore sulla destra è una lontana stella ).
___________________________________________________________

Amaltea 


Nome e scoperta:
Amaltea (Αμάλθεια in greco) è il terzo satellite naturale di Giove in ordine crescente di distanza dal pianeta; è il più massiccio dei satelliti interni, che vengono collettivamente indicati proprio come gruppo di Amaltea. La sua forma è comunque estremamente irregolare. Il nome deriva da quello di Amaltea, la ninfa che secondo la mitologia greca nutrì Zeus con il latte di capra; il satellite è anche noto come Giove V.
Amaltea fu scoperto il 9 settembre 1892 dall'astronomo statunitense Edward Emerson Barnard, attraverso il telescopio rifrattore da 91 cm dell'Osservatorio Lick in California.
È l'ultimo satellite ad essere individuato direttamente dall'occhio umano (e non attraverso fotografie) ed il primo ad essere scoperto attorno a Giove da quando, nel 1609, Galileo aveva individuato i quattro satelliti medicei.
Il nome di Amaltea fu accettato ufficialmente dall'Unione Astronomica Internazionale nel 1975 sebbene fosse già in uso in precedenza (la sua introduzione risale a Camille Flammarion). Il suo scopritore aveva inutilmente suggerito il nome Columbia, per onorare la ricorrenza del quattrocentesimo anniversario della scoperta dell'America da parte di Cristoforo Colombo.

Dati:
Con un diametro medio 172 km, ed ha una forma ellissoidale (262 x 146 x 134 km) e si trova all'interno dell'anello Gossamer, al mantenimento del quale partecipa attivamente. L'asse maggiore del satellite è orientato verso Giove, attorno al quale orbita in 11h 57m 23s con una inclinazione orbitale di 2.45o (0.36o rispetto all'equatore di Giove) a 181.995 km da Giove. Il satellite è accompagnato nella sua orbita da una serie di frammenti inferiori al chilometro che si crede che da esso si siano staccati .

( Foto del Voyager1 ).

Superficie:
È l'oggetto più rosso di tutto il Sistema Solare, perfino più di Marte, probabilmente a causa dello zolfo emesso dal satellite Io, con un albedo 0,09.
La Galileo ha sorvolato Amaltea a soli 160 km dalla superficie permettendo di calcolarne la massa, ciò ha portato ad ottenere un valore di densità del satellite di 0.862 kg/dm3, le foto scattate durante questo sorvolo non sono state pubblicate dalla NASA.
Negli scoscendimenti più pronunciati appaiono macchie verdastre, ma la natura di questa colorazione è attualmente sconosciuta.
La sua superficie appare pesantemente craterizzata; risultano particolarmente evidenti i crateri Pan, ampio circa 100 km e profondo almeno 8 km, e Gea, il cui diametro è pari ad 80 km e la cui profondità è all'incirca doppia rispetto a quella di Pan. Le dimensioni di questi crateri sono molto grandi se raffrontate con quelle dell'intero satellite.
Altre formazioni geologiche di rilievo sono Lyctos Facula e Ida Facula, che si innalzano fino a 20 km rispetto alla superficie circostante.

Struttura:
La forma ad ellissoide irregolare di Amaltea, le cui dimensioni sono approssimabili a 250 × 146 × 128 km, aveva portato a ritenere che si trattasse di un corpo solido relativamente rigido e che il suo interno fosse relativamente povero di ghiaccio o altri materiali friabili che avrebbero dato luogo ad un satellite dall'aspetto sferico per effetto della sua stessa gravità. Tuttavia i calcoli della massa di Amaltea basati sulla misura della deflessione della sua orbita, conseguenti a un sorvolo effettuato dalla sonda Galileo a soli 160 km dalla superficie il 5 novembre 2002, hanno portato a calcolare una densità vicina a 0,86 g/cm³, corrispondente a quella di un corpo ghiacciato o composto di materiali estremamente porosi, come se si trattasse di un cumulo di macerie. La natura ghiacciata del satellite è stata in seguito confermata da osservazioni condotte tramite il telescopio Subaru.
Si ritiene quindi che Amaltea si sia formato altrove, giacché il materiale che lo compone si sarebbe fuso se il satellite si fosse trovato così vicino a Giove fin dalle prime fasi della formazione del sistema solare quando il pianeta era ancora molto caldo. Probabilmente si tratta di un asteroide formatosi altrove e catturato dal pozzo gravitazionale di Giove in un secondo momento. La NASA non ha tuttavia pubblicato le foto scattate durante il fly-by della sonda Galileo del 5 novembre 2002 e la risoluzione di quelle pubblicate è molto bassa.
Amaltea irradia un po' più calore di quello che riceve dal Sole; questo è probabilmente il risultato dell'effetto combinato del flusso termico proveniente da Giove (<9 K), della luce solare riflessa dal pianeta (<5 K) e del bombardamento di particelle cariche (<2 K). Anche il satellite Io mostra un comportamento simile anche se derivante da altri fattori.

( Nell'immagine di sinistra sono mostrate in scala a colori le velocità di fuga dal satellite. Il blu indica il valore più basso <1 m/s. Le due immagini in bianco e nero, scattate con luce laterale, permettono di evidenziare gli aspetti della superficie. Immagini scattate da Voyager 1 e Galileo ).

( Ricostruzione artistica ).

Nel cielo di Amaltea Giove appare di dimensioni enormi, caratterizzato da un diametro angolare di circa 46°, approssimativamente 92 volte quello della Luna vista da Terra. Inoltre, poiché Amaltea è in rotazione sincrona con il suo pianeta, Giove è visibile da un'unica faccia del satellite. Il Sole viene eclissato dal pianeta per circa un'ora e mezza nel corso di ogni rivoluzione portando la durata della luce del giorno a meno di sei ore. Sebbene la luminosità complessiva di Giove sia pari a 900 volte quella della Luna piena, la sua luce viene sparsa su una superficie 8 500 volte più grande rendendo così la luminosità per unità di superficie è inferiore a quella del satellite terrestre.

( Amaltea e l'anello di Giove ripresi dal telescopio SUBARU ).
___________________________________________________________

Tebe

Tebe o Thebe (Θήβη in lingua greca) è il quarto satellite naturale conosciuto di Giove in ordine di distanza crescente dal pianeta, nonché l'ultimo del gruppo di Amaltea che contiene i piccoli satelliti interni del pianeta. È anche noto come Giove XIV.
E' il più esterno del gruppo e il secondo per dimensioni (116 × 98 × 84 km), venne scoperto nel 1979 grazie alle foto fatte dal Voyager 1.
Gli venne assegnato il nome di una ninfa, figlia della divinità fluviale greca Asopo.

Orbita:
Come Amaltea si trova all'interno dell'anello Gossamer, a cui fornisce continuamente del materiale.
Tebe è il più esterno dei satelliti interni di Giove (gruppo di Amaltea) ed orbita intorno al suo pianeta ad una distanza di 221.889,0 ± 0,6 (3,11 volte il raggio gioviano). La sua orbita ha un'eccentricità orbitale di 0,018 ed un'inclinazione di 1,08° rispetto all'equatore gioviano. Questi valori sono insolitamente alti per un satellite interno e possono essere fatti risalire alla passata influenza esercitata da Io, il più interno dei satelliti medicei, la cui orbita avrebbe intersecato quella di Tebe provocando così le perturbazioni che hanno portato agli attuali valori.
L'orbita di Tebe si trova vicino al limite esterno degli anelli Gossamer, composti dalla polvere espulsa dal satellite. Dopo l'espulsione la polvere si muove in direzione del pianeta per effetto Poynting-Robertson e forma un anello verso la parte interna del satellite.
Come tutti gli altri satelliti interni di Giove Tebe è in rotazione sincrona attorno al suo pianeta, mostrandogli così sempre la stessa faccia. La sua orientazione è tale che l'asse principale punta proprio in direzione di Giove. Si ritiene che i punti della sua superficie più vicini e più lontani da Giove siano in prossimità del limite di Roche e che la gravità sia appena superiore alla forza centrifuga. Come risultato la velocità di fuga in questi due punti è molto piccola permettendo alla polvere che si alza in seguito ad impatti meteoritici di sfuggire facilmente negli anelli Gossamer.

Superficie:
La superficie di Tebe è piuttosto scura e di colore rossastro. Vi è una sostanziale asimmetria tra i suoi due emisferi: quello anteriore è 1,3 volte più brillante di quello posteriore. L'asimmetria è probabilmente causata dall'alta velocità e frequenza degli impatti che ha portato in superficie del materiale brillante (probabilmente ghiaccio) dall'interno del satellite.

Sulla superficie di Tebe sono presenti almeno 3-4 crateri di dimensioni planetarie: cioè dello stesso ordine di grandezza del raggio del satellite, Il più vasto di questi crateri, che un diametro di circa 40 km, è situato sulla faccia opposta rispetto a Giove ed è stato chiamato Zethus ed è l'unico elemento della superficie di Tebe ad aver ricevuto un nome. Sul bordo di questo cratere sono presenti numerosi punti più chiari.
__________________________________________________________
__________________________________________________________

I Satelliti Medicei

Sono comunemente definiti satelliti medicei (o galileiani) i quattro satelliti maggiori di Giove, scoperti da Galileo Galilei e chiaramente visibili anche dalla Terra con piccoli telescopi. Si tratta di Io, Europa, Ganimede e Callisto. (di seguito elencati qua sotto)
Ganimede, in particolare, è così luminoso (mag. +4,6), che se non si trovasse vicino a Giove sarebbe visibile anche ad occhio nudo, di notte, nel cielo terrestre. La prima osservazione di questi satelliti da parte di Galileo risale al 7 gennaio 1610, e dopo aver raccolto 65 osservazioni, riportò la notizia della scoperta degli "Astri Medicei" (in onore di Cosimo II de' Medici) nel Sidereus Nuncius.
I numerosi giorni di osservazioni, portarono Galileo a concludere che i quattro corpi erano in orbita attorno al pianeta, e la scoperta fu un solido argomento a favore della teoria eliocentrica di Niccolò Copernico, perché mostrava che non tutti gli oggetti del sistema solare orbitavano attorno alla Terra.

Nel 1605, Galileo era stato assunto come tutor di matematica per Cosimo de 'Medici . Nel 1609, Cosimo divenne il Granduca Cosimo II di Toscana . Galileo, in cerca di patrocinio dal suo ex-ricco studente e dalla sua potente famiglia, usò la scoperta delle lune di Giove per ottenerlo. Il 13 febbraio 1610, Galileo scrisse al segretario del Granduca:

"Dio mi ha onorato di poter, attraverso un segno così singolare, rivelare al mio Signore la mia devozione e il desiderio che ho che il suo glorioso nome viva come uguale tra le stelle, e poiché spetta a me, il primo scopritore, a desidero nominare questi nuovi pianeti, a imitazione dei grandi saggi che hanno posto gli eroi più eccellenti di quell'età tra le stelle, per iscriverli con il nome del Serenissimo Granduca ".

Galileo chiese se avrebbe dovuto chiamare le lune "Stelle di Cosimo", in onore di Cosimo da solo, o "Stelle Medicee", che avrebbero onorato tutti e quattro i fratelli del clan mediceo.
Il segretario rispose che il secondo nome sarebbe stato il migliore.
Il 12 marzo 1610, Galileo scrisse la sua lettera dedicatoria al Duca di Toscana e il giorno successivo ne inviò una copia al Granduca, sperando di ottenere il sostegno del Granduca il più rapidamente possibile. Il 19 marzo, inviò il telescopio che aveva usato per vedere per la prima volta le lune di Giove al Granduca, insieme a una copia ufficiale del Sidereus Nuncius che, su consiglio del segretario, chiamò le quattro lune le stelle medicee.
Nella sua introduzione dedicatoria, Galileo scrisse:

'' Difficilmente le grazie immortali della tua anima hanno cominciato a risplendere sulla terra di quanto le stelle luminose si offrano nei cieli di cui, come le lingue, parleranno e celebreranno le tue virtù più eccellenti per sempre. Ecco, quindi, quattro stelle riservate al tuo illustre nome ... che ... fanno i loro viaggi e le loro orbite con una velocità meravigliosa attorno alla stella di Giove ... come i bambini della stessa famiglia ... In effetti, sembra che il Creatore delle stelle stesse, con chiare argomentazioni, mi ha ammonito di chiamare questi nuovi pianeti con l'illustre nome di Vostra Altezza prima di tutti gli altri ''.

( Il carteggio della scoperta di Galileo ).

I nomi dei satelliti furono suggeriti da Simon Marius, anche se caddero per un lungo tempo in disuso. Fino alla metà del XX secolo, nella letteratura astronomica ci si riferiva ai satelliti galileani servendosi della designazione numerica romana introdotta da Galileo, composta dal nome del pianeta seguito da un numero romano che indicasse l'ordine di distanza crescente da Giove. Ad esempio, Ganimede veniva indicato come Giove III o come "terzo satellite di Giove". In seguito alla scoperta dei satelliti di Saturno fu adottata la nomenclatura attuale.
L'annuncio della scoperta dei satelliti galileiani destò l'attenzione degli astronomi dell'epoca che si unirono a Galileo ed a Simon Marius nella loro osservazione. Mentre Martin Horký nella sua Brevissima Peregrinatio Contra Nuncium Sidereum sostenne che l'osservazione dei presunti satelliti galileiani fosse derivata dalla presenza di difetti nel telescopio, Keplero eseguì delle osservazioni in proprio e confermò la scoperta nel Narratio de observatis a sé quatuor Iovis satellitibus erronibus, pubblicato nel 1611. Anche gli astronomi Thomas Harriot e Nicolas-Claude Fabri de Peiresc pubblicarono le proprie osservazioni dei satelliti galileiani, rispettivamente in Inghilterra e Francia.
Nel 1612, Galileo ristudiando le osservazioni relative ai due anni precedenti, identificò la prima eclissi di Europa osservata nella storia ed avvenuta il 12 gennaio 1610. Francesco Fontana nel 1643 osservò il transito dell'ombra di un satellite sul disco di Giove. Nei primi anni Settanta del XVII secolo, Ole Rømer scoprì che la luce ha una velocità finita osservando una serie di eclissi di Io.
Nel 1693 fu osservato il primo evento che coinvolse due satelliti.

Per i due secoli successivi i principali studi si concentrarono sulla determinazione dell'orbita dei satelliti e sul calcolo delle loro effemeridi. All'inizio del 1611, ne furono determinati i periodi orbitali. Hodierna (1656), Cassini (1668), Pound (1719) e Bradley (1718-1749) pubblicarono tavole di effemeridi e predissero le eclissi tra i satelliti ed il pianeta.
Le prime teorie valide per spiegare il moto dei satelliti furono avanzate da Jean Sylvain Bailly nel suo Saggio sulla teoria dei satelliti di Giove e da Joseph-Louis Lagrange (1766). Pierre Simon Laplace (1788), infine, completò il lavoro producendo un modello teorico in grado di spiegare con completezza il moto dei satelliti galileiani.
In suo onore, per descrivere il comportamento orbitale posseduto da Ganimede, Europa ed Io si parla di risonanza di Laplace. La necessità di conoscere con tale precisione il loro moto derivava dal tentativo di utilizzarlo per il calcolo della longitudine, all'epoca un problema aperto e di importanza vitale per gli imperi coloniali.
I satelliti di Giove, di fatto, costituivano uno dei migliori orologi dell'epoca e facilmente accessibile ad un navigatore in qualunque punto del globo (così come oggi alcuni studiosi utilizzano i fasci provenienti dalle pulsar come orologi per testare e confermare le conoscenze scientifiche sulla relatività).

Una stima dei diametri dei satelliti medicei prossima ai valori misurati dalla sonda Voyager 1 fu ottenuta alla fine dell'Ottocento. Lo sviluppo nei telescopi registrato nel XX secolo ha permesso l'individuazione di qualche dettaglio e del colore delle superfici, ma soltanto l'era spaziale, tuttavia, ci ha permesso di migliorare significativamente le conoscenze scientifiche sui satelliti galileiani ad opera di missioni esplorative in loco e di osservazioni condotte dalla Terra attraverso il Telescopio spaziale Hubble.
Ai quattro satelliti medicei sono titolati i quattro telescopi dell'osservatorio SPECULOOS, situato presso l'osservatorio del Paranal dell'ESO, dedicato alla ricerca esoplanetaria mediante tecnica del transito.
NomeDiametroMassaDistanza media da GiovePeriodo orbitale
Io3 643 km8,93 × 1022 kg421 800 km1,77 giorni
Europa3 122 km4,8 × 1022 kg671 100 km3,55 giorni
Ganimede5 262 km1,48 × 1023 kg1 070 400 km7,16 giorni
Callisto4 821 km1,08 × 1023 kg1 882 700 km16,69 giorni
Radiazione gioviana
Lunarem / giorno
Io3600 
Europa540 
Ganimede
Callisto0,01 


__________________________________________________________
__________________________________________________________

IO un inferno di vulcani e radiazioni



Con oltre 300 vulcani attivi, Io è l'oggetto geologicamente più attivo del sistema solare.
L'estrema attività geologica è il risultato del riscaldamento mareale dovuto all'attrito causato al suo interno da Giove e dagli altri satelliti galileani. A differenza di quanto avviene per la Terra e la Luna, la principale fonte di calore interno di Io non è causata dal decadimento degli isotopi ma dalle forze mareali di Giove e dalla risonanza orbitale con Europa e Ganimede. Tale riscaldamento dipende dalla distanza di Io da Giove, dalla sua eccentricità orbitale, dalla composizione del nucleo e dal suo stato fisico. La sua risonanza con Europa e Ganimede mantiene invariata nel tempo l'eccentricità di Io ed impedisce che la dissipazione mareale al suo interno possa circolarizzare l'orbita, ma anche a mantenere immutata la distanza di Io da Giove.

I Vulcani:

Quando la sonda spaziale della Nasa, il Voyager 1 avvicinò Io, il più interno dei satelliti Medicei di Giove, nel marzo 1979, le immagini inviate alla Terra rivelarono che la sua superficie appariva punteggiata da una moltitudine di centri vulcanici caldi, con imponenti colate laviche e pennacchi alti fino a qualche centinaio chilometri. In seguito, l’esplorazione condotta soprattutto dalla missione Nasa Galileo chiarì che questi punti caldi sono moltissimi: alcune centinaia, molti dei quali con attività pressoché costante.


Struttura e Vulcani:
Molti vulcani producono pennacchi di zolfo e biossido di zolfo che si elevano fino a 500 km sulla sua superficie.
Questa è costellata di oltre 100 montagne che sono state sollevate dalla compressione della crosta di silicati, con alcuni di questi picchi che arrivano ad essere più alti dell'Everest.
A differenza di molti satelliti del sistema solare esterno, che sono per lo più composti di ghiaccio d'acqua, Io assomiglia ai pianeti terrestri ed è composto principalmente da rocce di silicati che circondano un nucleo di ferro o di solfuro di ferro fusi.
La maggior parte della superficie di Io è composta da ampie piane ricoperte di zolfo e anidride solforosa congelata.


Loki Patera:
Io è la cosa più vicina che abbiamo all'inferno nel nostro sistema solare, che dispone di centinaia di vulcani attivi e grandi laghi pieni di lava.
Nuove osservazioni suggeriscono che il più grande di questi laghi, Loki Patera, produce enormi onde che scorrono ripetutamente intorno alla superficie fusa.


Grazie ad un raro allineamento orbitale tra Europa e Io, un team internazionale di ricercatori ha identificato e tracciato un paio di onde laviche mentre costeggiavano Loki Patera, che è più grande del lago Ontario, e con una superficie di 21.500 km quadrati. La spiegazione più probabile per questa azione apparentemente periodica dell'onda è un modello di circolazione rovesciata, in cui la crosta di superficie fresca si addensa lentamente e affonda, tirando la crosta vicina insieme ad essa in un'onda che si diffonde sulla superficie.
Dalla fine degli anni '70, gli scienziati cominciarono a sospettare che Io, la terza luna più grande di Giove, presentasse una superficie tumultuosa e dinamica. Quando le sonde spaziali Voyager 1 e 2 visitarono il sistema gioviano, questi sospetti furono confermati, rivelando Io come l'oggetto più vulcanicamente attivo del sistema solare. Questa luna torturata è coinvolta in un tiro alla fune gravitazionale tra Giove e altri satelliti, che causano un intenso riscaldamento mareale all'interno del satellite.
Una delle cose particolari osservate è l'aumento della luminosità periodica di Loki Patera ogni 400 / 600 giorni, che i ricercatori ipotizzano sia proprio a causa delle ondate di lava che rimescolano il materiale.
Utilizzando un occultazione di Io da parte di Europa, i ricercatori usando l'infrarosso, sono stati in grado di mappare la zona di Loki Patera, questi dati sono stati suddivisi in intervalli di un ottavo secondo mentre il bordo di Europa lentamente avanzava attraverso Io. I ricercatori hanno compilato una mappa termica bidimensionale che mostra la distribuzione della temperatura lungo la Patera, e ad una risoluzione migliore di 6,25 miglia (10 km).


L'analisi dei dati ha mostrato che la temperatura superficiale di Loki Patera è aumentata costantemente da un'estremità all'altra, suggerendo che la lava si era rovesciata in due onde che spazzavano da est a ovest con una velocità di 1 km al giorno. Le osservazioni hanno anche dimostrato che il ribaltamento è stato avviato in tempi diversi sui due lati dell'isola più fredda al centro della patera, suggerendo un processo geologico complesso sotto la superficie.

( In grafico l'onda di lava nel bacino Loki Patera ).

La mappa dei vulcani:
Identificati 242 “hot spot“, di cui 23 non osservati precedentemente, sul satellite più interno di Giove. 
I dati indicano una maggiore concentrazione di punti vulcanici caldi nelle regioni polari rispetto alle latitudini intermedie. Si tratta della mappatura migliore mai ottenuta da remoto. 
I risultati dello studio, guidato da Francesca Zambon dell’Istituto nazionale di astrofisica, sono stati pubblicati su Geophysical Research Letters.


«La mappa degli hot spot presentata nel nostro lavoro», spiega Francesca Zambon, membro del gruppo Jiram, ricercatrice all’Inaf di Roma e prima autrice dell’articolo, «è la più aggiornata tra quelle basate su dati di telerilevamento spaziale. Analizzando le immagini infrarosse acquisite da Jiram, abbiamo individuato 242 punti vulcanici caldi, di cui 23 non presenti in altri cataloghi e localizzati nella maggior parte dei casi nelle regioni polari, grazie alla peculiare orbita della sonda Juno».

«Il confronto tra il nostro studio e il catalogo più recente», sottolinea la ricercatrice, «rivela che Jiram ha osservato l’82 per cento degli hot spot più potenti precedentemente individuati, e la metà degli hot spot di potenza intermedia, dimostrando quindi che questi sono ancora attivi. Tuttavia, Jiram ha rilevato solo circa la metà degli hot spot più deboli precedentemente segnalati. Le spiegazioni sono due: o la risoluzione di Jiram non è sufficiente per rilevare questi deboli punti caldi, oppure l’attività di questi centri effusivi potrebbe essersi sbiadita o interrotta».

Io mostra molti centri vulcanici, innescati principalmente dalle potenti forze mareali esercitate da Giove. Lo studio dell’attività vulcanica di questo satellite gioviano è la chiave per comprendere la natura dei suoi processi geologici e la sua evoluzione interna. La distribuzione degli hot spot e la loro variabilità spaziale e temporale sono importanti per definire le caratteristiche del riscaldamento delle maree e i meccanismi attraverso i quali il calore fuoriesce dall’interno.


«Uno dei maggiori punti aperti nella comprensione della struttura interna di Io», prosegue Alessandro Mura, leader del gruppo Jiram e ricercatore all’Inaf di Roma, «è se l’attività vulcanica osservabile in superficie sia dovuta a un oceano di magma globale presente nel mantello, oppure a camere magmatiche che si insinuano nella crosta a minori profondità. Le osservazioni di Jiram sono tuttora in corso, e le future immagini a maggiore definizione saranno fondamentali per meglio evidenziare i punti caldi deboli e per chiarire la struttura interna di Io».

«La superficie della luna gioviana Io è molto dinamica», aggiunge Giuseppe Sindoni, responsabile del progetto Jiram per l’Asi, «con vulcani ed emissioni laviche in continua evoluzione, come dimostrato da questo importante risultato ottenuto dal nostro strumento Jiram e dall’ottimo lavoro svolto dal team. L’estensione della missione Juno fino al 2025 ci permetterà di monitorare questa evoluzione e di comprendere meglio i processi fisici che guidano un corpo così complesso e dalle fattezze simili alla nostra Terra primordiale, anche in previsione di future missioni dedicate».
_______________________________________

Superficie:

Geologia:

Atmosfera:
Io possiede una sottile atmosfera, composta principalmente da diossido di zolfo (SO2) con minori percentuali di monossido di zolfo (SO), cloruro sodico (NaCl), zolfo atomico e ossigeno.
L'atmosfera è fortemente influenzata dalle radiazioni presenti nella magnetosfera di Giove, che la depredano costantemente dei suoi costituenti, e dagli episodi di vulcanismo sulla luna, che contribuiscono a ricostituirla, la pressione massima varia tra 0,3 e 3 nbar osservate nell'emisfero opposto a Giove e lungo l'equatore, soprattutto nel primo pomeriggio quando la temperatura della superficie raggiunge il suo picco massimo.
Nei pennacchi vulcanici sono stati osservati anche picchi localizzati con pressioni da 5 a 40 nbar.

Dati:

Ha un diametro di 3642 km con una massa di 0,01495 Mt ed una densità di 3,528 kg/dm3, ha una gravità di 1,79 m/s2 ed una velocità di fuga di 2,600 km/s.
Orbita a 421.700 km da Giove in soli 1,799137786 giorni in rotazione sincrona.

Sulla sua superficie si registra una forte radiazione di 36 Sv, dovuta all'interazione con il campo magnetico gioviano, mortale per le forme di vita con pochi minuti di esposizione.
( vedi immagine sopra ).

( Una imponente eruzione sul satellite di Giove IO ).

Osservazioni di JUNO:
Sul bordo inferiore si può notare l'impressionante pennacchio vulcanico di Prometeo ).

Dettaglio della superficie ).
_______________________________________

SCHEDA RIASSUNTIVA DI IO:
___________________________________________________________
___________________________________________________________

Europa

Introduzione:
Europa è leggermente più piccolo della Luna, ed è composto principalmente da silicati con una crosta costituita da acqua ghiacciata, probabilmente al suo interno è presente un nucleo di ferro-nichel, la superficie ed è circondata esternamente da una tenue atmosfera (1 μPa), composta principalmente da tracce di ossigeno.
Ma la caratteristica più importante di Europa è il suo oceano globale ricoperto da una crosta ghiacciata, ed a contatto con il fondale roccioso.

Superficie:
A differenza di Ganimede e Callisto, la sua superficie si presenta striata e poco craterizzata ed è la più liscia di quella di qualsiasi oggetto noto del sistema Solare, testimonianza di un rinnovamento continuo .
Le indagini condotte utilizzando i dati dello spettrometro di mappatura del vicino infrarosso di Galileo hanno portato alla visione prevalente che le unità endogene di Europa sono ricche di sali di solfati. Tuttavia, recenti osservazioni a infrarossi basate sul terreno hanno suggerito che, mentre le regioni che presentano radiolisi di zolfo possono contenere sali di solfato, il materiale endogeno più incontaminato di Europa può riflettere una composizione dominata dal cloruro. I cloruri non hanno caratteristiche spettrali identificative alle lunghezze d'onda dell'infrarosso, ma sviluppano distinti assorbimenti di lunghezze d'onda visibili sotto irradiazione, come quello sperimentato sulla superficie dell'Europa. Utilizzando gli spettri ottenuti con il telescopio spaziale Hubble, presentiamo il rilevamento di un assorbimento di 450 nm indicativo di cloruro di sodio irradiato sulla superficie. La caratteristica si correla con il terreno del caos geologicamente interrotto, suggerendo una fonte interna. La presenza di cloruro di sodio endogeno sulla superficie di Europa ha importanti implicazioni per la nostra comprensione della sua chimica del sottosuolo.

Spettri HST / STIS che mostrano una caratteristica spettrale distinta di 450 nm, coerente con un assorbimento del centro F NaCl e una chiara mancanza di un assorbimento del centro M NaCl 720 nm. ( A ) Spettro singolo dall'interno di Tara Regio, che presenta un assorbimento particolarmente forte di 450 nm. ( B) Spettro segnale-rumore elevato prodotto dalla media di tutti gli spettri da posizioni che presentano una caratteristica di 450 nm ).

( Una mappa della forza dell'assorbimento 450nm. La caratteristica osservata è mappata esclusivamente all'emisfero principale. I contorni neri corrispondono alle regioni del caos su larga scala, i maggiori assorbimenti rientrano nella regione del caos Tara Regio (~ 85 ° O), con un'ulteriore concentrazione nella regione orientale di Powys (~ 125 ° O). Questa distribuzione è separata dalla geografia della radiolisi di zolfo e suggerisce una fonte sotterranea, coerente con l'ipotesi del cloruro per il materiale endogeno di Europa ).

LINK (EN) : https://advances.sciencemag.org/content/5/6/eaaw7123 

Faglie e terreni caotici:
La peculiarità più importante della superficie di Europa è una serie di linee scure che attraversano, incrociandosi tra di loro, l'intero satellite. Un esame da vicino mostra che il bordo della crosta di Europa su ogni lato delle crepe si è mosso rispetto agli altri. Le bande più larghe sono di circa 20 km con dei bordi leggermente scuri, striature regolari, e una banda centrale di materiale più chiaro. Questo potrebbe essere stato prodotto da una serie di eruzioni vulcaniche di acqua o geyser quando la superficie di Europa si allarga scoprendo gli strati più caldi sepolti. L'effetto è simile a quello visibile nelle dorsali oceaniche terrestri

( collage fotografico della superficie di Europa ).

La superficie della luna di Giove Europa presenta un paesaggio molto vario, tra cui creste, fasce, piccole cupole arrotondate e spazi sconnessi che i geologi chiamano "terreno caotico".
Tre immagini recentemente rielaborate, catturate dalla navicella spaziale Galileo della NASA alla fine degli anni '90, rivelano dettagli in diverse caratteristiche di superficie su Europa.

Posizione delle tre zone rappresentate nei dettagli qui sotto ).

( Zona 1 - transizione da un terreno caotico ).

Nella foto in dettaglio si può notare l'intrigo sovrapposto di varie faglie che si sono venute a formare nel tempo e di come le varie lastre di ghiaccio si siano spostate ).

Zona 3 - Terreno caotico presso Agenor Linea ).

Radiazioni:
La sua superficie è anche immersa nel campo di radiazioni di Giove e riceve circa 5,40 Sv di radiazioni al giorno, e non permette la vita in superficie come noi la conosciamo, anche se lo strato di ghiaccio è sufficiente per schermare l'oceano sottostante.
Le radiazioni di Giove possono distruggere le molecole sulla superficie di Europa. Il materiale dell'oceano di Europa, espulso dai geyser, che finisce sulla superficie viene bombardato da radiazioni, distruggendo eventuali biofirme, o segni chimici che potrebbero implicare la presenza della vita.


Struttura:
( Crosta e struttura interna - sopra e sotto ).

L'apparente giovinezza e la morbidezza della sua superficie hanno portato ad ipotizzare l'esistenza di un oceano d'acqua presente sotto la crosta, che potrebbe essere dimora per la vita extraterrestre.
In questa ipotesi viene proposto che Europa, sia riscaldato internamente dalle forze mareali causate dalla sua vicinanza a Giove e dalla risonanza orbitale con i vicini Io e Ganimede, e quindi rilasci il calore necessario per mantenere un oceano liquido sotto la superficie e stimolando al tempo stesso un'attività geologica simile alla tettonica a placche.


Nel 2008, venne suggerito che Giove potrebbe riuscire a mantenere gli oceani di Europa caldi generando grandi onde di marea a causa della sua piccola obliquità. Questo tipo di marea precedentemente non considerata genera le cosiddette onde di Rossby, che pur viaggiando molto lentamente, alla velocità di pochi chilometri al giorno, sono in grado di generare una significativa quantità di energia cinetica. Per l'attuale stima dell'inclinazione assiale di Europa (0,1 gradi), la risonanza delle onde Rossby produrrebbe 7,3 × 1017  J, che è duemila volte più grande di quella delle forze di marea dominanti. La dissipazione di questa energia potrebbe essere la principale fonte di calore dell'oceano di Europa.
L'8 settembre 2014, la NASA riferì di aver trovato prove dell'esistenza di un'attività della tettonica a placche su Europa, la prima attività geologica di questo tipo su un mondo diverso dalla Terra, sono poi stati ripresi pennacchi di vapore che si sprigionano dalla sua superficie.
( Vedi immagine sopra e Schema grafico sotto ).


Ma nessuno fino ad oggi è stato in grado di confermare la presenza di acqua in questi pennacchi misurando direttamente la molecola d'acqua stessa. Adesso, a novembre 2019, un team di ricerca internazionale condotto dal Goddard Space Flight Center della NASA a Greenbelt, nel Maryland, ha rilevato per la prima volta il vapore acqueo sopra la superficie di Europa. Il team ha misurato il vapore scrutando Europa attraverso uno dei più grandi telescopi del mondo alle Hawaii.
Confermare che il vapore acqueo è presente sopra Europa aiuta gli scienziati a comprendere meglio il funzionamento interno della luna. Ad esempio, aiuta a sostenere un'idea, di cui gli scienziati sono fiduciosi, che esiste un oceano di acqua liquida , forse due volte più grande di quello terrestre, che scivola sotto il guscio di ghiaccio spesso questa luna.

Paganini e il suo team hanno riferito sulla rivista Nature Astronomy, il 18 novembre, di aver rilevato una quantità sufficiente di acqua rilasciata da Europa ( 2.360 chilogrammi al secondo ) per riempire una piscina olimpionica in pochi minuti.

Estratto: ''Precedenti indagini hanno dimostrato l'esistenza di aumenti della densità locale nell'atmosfera di Europa, facendo avanzare l'idea di una possibile origine dai pennacchi d'acqua. Queste strategie di misurazione, tuttavia, erano sensibili all'assorbimento totale o alle emissioni atomiche, il che limitava la capacità di valutare il contenuto d'acqua. Qui presentiamo ricerche dirette per il vapore acqueo in Europa che vanno da febbraio 2016 a maggio 2017 con l'Osservatorio Keck. Il nostro sondaggio globale alle lunghezze d'onda dell'infrarosso ha portato a non rilevamenti in 16 date su 17, con limiti superiori al di sotto delle abbondanze dell'acqua dedotti dalle stime precedenti. Un giorno (26 aprile 2016) abbiamo misurato 2.095 ± 658 tonnellate di vapore acqueo nell'emisfero principale di Europa. Suggeriamo che la degassificazione del vapore acqueo su Europa avvenga a livelli inferiori rispetto a quanto precedentemente stimato''.

LINK : https://www.nature.com/articles/s41550-019-0933-6 

Tuttavia, gli scienziati hanno anche scoperto che l'acqua appare di rado, almeno in quantità abbastanza grande da poter essere rilevata dalla Terra, ha dichiarato Paganini: “Per me, la cosa interessante di questo lavoro non è solo la prima rilevazione diretta dell'acqua sopra Europa, ma anche la loro mancanza entro i limiti del nostro metodo di rilevazione ".
Hanno usato uno spettrografo all'Osservatorio di Keck che misura la composizione chimica delle atmosfere planetarie attraverso la luce infrarossa che emettono o assorbono. Molecole come l'acqua emettono frequenze specifiche di luce infrarossa mentre interagiscono con la radiazione solare.

( Una rete di fratture anche sovrapposte tra loro ).

I caratteristici terreni caotici che si trovano tra le latitudini 40° nord e 40° sud, sono il risultato di continue fusioni e risolidificazioni della crosta ghiacciata a causa del ribollire dell'oceano sottostante, i moti convettivi fanno risalire acqua più calda che crea il fenomeno, simile alla tettonica terrestre.

( nell'immagine a lato, una ricostruzione dei moti, le zone gialle a destra sono i punti di calore sotto la crosta, i punti blu le ricadute dell'acqua più fredda, a sinistra in rosso i punti caldi sul fondale oceanico ).

Una simulazione computerizzata ha ricreato i moti turbolenti che si creano e fa comprendere che questi moti sono disomogenei e concentrati in larga parte nelle latitudini sopracitate, difatti il ghiaccio superficiale è sempre più liscio più ci si avvicina ai poli.

Sono quindi questi fenomeni eterogenei a creare le zone caotiche equatoriali, veicolando il calore idrotermale che si sprigiona dal fondo roccioso dell'oceano globale che avvolge Europa.
La simulazione spiega anche lo scambio di materiali tra il fondo e la crosta che causano una colorazione più marcata di queste zone caotiche.

Quantità di acqua:
Europa, seppur più piccola anche della nostra Luna possiede una quantità di acqua liquida più del doppio che di quella terrestre ).

Tettonica:
Sono emerse nuove prove della presenza di attività tettonica sulla luna di Giove Europa, che potrebbe collaborare a fornire risorse alimentari alle eventuali forme di vita che potrebbero essere presenti nell’oceano sotto la coltre di ghiaccio superficiale.
Secondo quanto recentemente pubblicato sul Journal of Geophysical Research: Planets, i ricercatori della Brown University di Rhode Island hanno utilizzato modelli computerizzati per verificare se la subduzione fosse possibile nel guscio ghiacciato di Europa.
La subduzione è il processo attraverso il quale una placca tettonica scorre sotto l’altra. La Terra è l’unico pianeta in cui siamo sicuri che avvenga un’attività tettonica, mentre, degli altri corpi del sistema solare, ci sono sospetti che almeno Mercurio presenti movimenti delle placche tettoniche.
Secondo questa ricerca, quindi, anche Europa potrebbe presentare attività tettonica con subduzione della superficie ghiacciata, si tratta di un’ipotesi già teorizzata in precedenza. I modelli computerizzati hanno provato a verificare come questo processo potrebbe svolgersi su questa luna ghiacciata e l’ipotesi è che il guscio ghiacciato di Europa potrebbe avere due strati. Uno sarebbe un sottile strato esterno di ghiaccio molto freddo, l’altro uno strato leggermente più caldo di ghiaccio convettivo.
In presenza di quantità variabili di sale nel guscio esterno ghiacciato, potrebbe essere possibile che i piatti dal guscio esterno si immergano nel guscio inferiore. O, in altre parole, avvenga il fenomeno che chiamiamo subduzione.
Su Europa, possiamo vedere le regioni in cui il guscio ghiacciato sembra espandersi, non c’erano però ipotesi certe su come questo processo potrebbe avvenire. Questa nuova ricerca sembrerebbe fornire una risposta almeno parziale.
( Come la tettonica delle placche potrebbe aver luogo su Europa. Noah Kroese, I.NK / NASA ).

Secondo gli studiosi, abbiamo prove di estensione e diffusione delle placche di ghiaccio superficiali di europa e ci siamo domandati dove andasse a finire quel materiale.
Sulla Terra, la risposta è nelle zone di subduzione. Ciò che abbiamo cercato di dimostrare è che vi sono ipotesi ragionevoli, adeguate alle condizioni di europa, secondo le quali la subduzione potrebbe accadere anche lì, il che, dal nostro punto di vista, è davvero eccitante.
La ricerca è particolarmente interessante perché è probabile che la crosta superficiale sia ricca di sostanze chimiche in grado di svolgere un ruolo nutritivo per la vita. In pratica, nelle zone di subduzione delle placche, queste sostanze potrebbero entrare in contatto con l’oceano al di sotto della superficie ghiacciata.
Se effettivamente c’è vita in nell’oceano sub-superficiale, la subduzione offre un modo per fornire i nutrienti di cui tale ipotetica vita potrebbe aver bisogno.
Nella nostra ricerca della vita al di fuori della Terra, Europa pare essere una candidatura abbastanza buona, e se davvero presentasse una tettonica a placche, quindi qualsiasi eventuale forma di vita fosse presente nel suo oceano potrebbe avere una maggiore probabilità di sopravvivere.

Dati:
Fisici:
Ha un diametro di 3.121,6 km con una massa di 0,008 Mt ed una densità di 3,013 kg/dm3 , la sua gravità è di 1,314  m/s2 ed ha una velocità di fuga pari a 2,025 km/s.

Il suo albedo superficiale è molto elevato, riflette il 67% della luce visibile e la sua temperatura va da -148°c di giorno, fino ai -223°c durante la notte che dura circa 42h 37' .

( a lato un immagine di Europa ).

Orbitali:
Orbita intorno a Giove a 671.034 km in 3,551811041 giorni con rotazione sincrona e con un'eccentricità di 0,0094 con un inclinazione sull'eclittica di 1,79° corrispondente ai 0,47° rispetto all'equatore di Giove.

Occultazione stellare:
( Tabella con i risultati delle varie osservazioni ).

Obiettivi . Abbiamo osservato un'occultazione stellare da parte della luna galileiana Europa (J2) e abbiamo proposto una campagna per osservare le occultazioni stellari per tutte le lune galileiane.

Metodi . Durante un periodo di tempo previsto, abbiamo misurato il flusso luminoso della stella occultata e di Europa, per determinare il tempo in cui il flusso è calato rispetto a una o più stelle di riferimento e il tempo in cui è aumentato di nuovo per ciascuna stazione osservativa. Le linee di corda ottenute da queste osservazioni ci hanno permesso di determinare dimensioni, schiacciamento e posizioni apparenti con precisione chilometrica.

Risultati . Presentiamo i risultati ottenuti dalla prima occultazione stellare da parte della luna galileiana Europa osservata il 31 marzo 2017. L'ellisse apparente presenta un raggio equivalente di 1561,2 ± 3,6 km ed uno schiacciamento di 0,0010 ± 0,0028. È stata determinata una posizione Europa molto precisa con un'incertezza di 0,8 mas.

( Grafici dei risultati dell'occultazione stellare ).

LINK: (PDF)(EN) https://www.aanda.org/articles/aa/pdf/2019/06/aa35500-19.pdf
___________________________________

Mappa termica con il telescopio ALMA:

SCHEDA RIASSUNTIVA DI EUROPA:
_____________________________________________________________
_____________________________________________________________

Ganimede

Ganimede è il principale satellite del pianeta Giove e il più grande dell'intero sistema solare, supera per dimensioni (ma non per massa) lo stesso Mercurio.
Ganimede completa un'orbita attorno a Giove in poco più di sette giorni ed è in risonanza orbitale 1:2:4 con Europa ed Io rispettivamente.

Struttura:
Composto principalmente da silicati e ghiaccio d'acqua, è totalmente differenziato con un nucleo di ferro fuso.
Nella prima ipotesi si ritiene che un oceano di acqua salata esista a circa 200 km di profondità dalla superficie, compreso tra due strati di ghiaccio.
Le dati fornititi dalla Galileo sembrano suffragare una differenziazione di Ganimede in tre strati concentrici: un piccolo nucleo di ferro-solfuro di ferro, un mantello roccioso ricco di silicati ed una crosta ghiacciata sopra un oceano.
L'esistenza di un nucleo liquido e ricco in ferro fornirebbe inoltre una spiegazione piuttosto semplice dell'esistenza del suo campo magnetico.

( IPOTESI UNO ).

La seconda ipotesi parla di più strati liquidi sovrapposti, con il più profondo a contatto con il mantello roccioso.
La più grande delle lune del Sistema Solare potrebbe nascondere anche alcuni dei più grandi oceani di acqua che conosciamo, ed il plurale è d'obbligo dopo una recente ricerca pubblicata da scienziati della NASA, che mostra come Ganimede potrebbe possedere multipli oceani schiacciati tra diverse croste di ghiaccio.
Prima di questo studio si pensava che il fondale dell'oceano di Ganimede fosse composto principalmente da ghiaccio d'acqua, e questo renderebbe estremamente difficile immaginare la presenza della vita. In questo nuovo scenario il primo strato sarebbe però a contatto con il nucleo roccioso.
Il problema con i modelli precedenti è che partivano dal presupposto che il contenuto dei sali non cambiasse così tanto le proprietà del liquido a pressioni così elevate, però, si è riusciti a dimostrare, grazie ad esperimenti in laboratorio, come il sale contribuisca molto alla densità dei liquidi in condizioni estreme come nel cuore di Ganimede e lune similari.
Costruendo modelli computerizzati basati su questi esperimenti il team è riuscito a riprodurre una struttura interna di Ganimede in cui gli oceani di sono schiacciati tra tre strati di ghiaccio e un fondale di roccia. Lo strato di ghiaccio più leggero si trova in alto, mentre il liquido più ricco di sali è abbastanza pesante da precipitare verso il basso. Inoltre i risultati dimostrano un possibile bizzarro fenomeno che porterebbe a nevicare verso l'alto in questi oceani. Questo avviene perché nell'oceano più in alto potrebbe formarsi, all'interno dell'acqua salina, un tipo di ghiaccio chiamato Ghiaccio III. Quando si forma il sale viene separato e inizia a precipitare verso il basso. I sali più pesanti inizierebbero quindi a cadere verso il fondale, mentre il ghiaccio leggero salirebbe sotto forma di cristalli, come "fiochi di neve" acquatici. Questa "neve" finisce poi per sciogliersi prima di raggiungere la vetta dell'oceano.

( IPOTESI DUE ).

Mappa:

Superficie:
La superficie ganimediana presenta due principali tipi di terreno: le regioni scure, antiche e fortemente craterizzate, che si ritiene si siano formate 4 miliardi di anni fa e che coprono un terzo della luna e le zone più chiare, di formazione leggermente più recente, ricche di scoscendimenti e scarpate che coprono la restante parte.
La causa delle striature visibili nelle zone chiare non è ancora totalmente compresa, sebbene esse siano probabilmente il risultato dell'attività tettonica attivata dal riscaldamento mareale.
Il motore degli sconvolgimenti tettonici potrebbe essere connesso con gli episodi di riscaldamento mareale avvenuti nel passato della luna, probabilmente rafforzatisi quando il satellite attraversava fasi di risonanza orbitale instabile.



Dati:
Ha un diametro di 5.262,2 km ed una massa di 0,025 Mt con una densità di 1,936 kg/dm3, ha una gravità di 1,428 m/s2 ed una velocità di fuga di 2,741 km/s.
Ha una magnitudine di +4,6 che lo porterebbe ad essere visibile ad occhio nudo se non fosse così vicino a Giove, possiede un albedo superficiale di 0,43.
Orbita a 1.070.412 km da Giove con un periodo di rivoluzione di 7,15455296 giorni che corrisponde anche al periodo di rotazione che risulta sincrono.
La sua orbita presenta un'eccentricità di 0,0011 ed un inclinazione di 2,21° .


( Nell'immagine una striatura che interrompe due terreni maggiormente corrugati ).

Magnetosfera:
Ganimede è l'unico satellite a possedere un campo magnetico, Il valore del momento magnetico è di circa 1,3×1013 T·m3 , un valore tre volte superiore a quello del pianeta Mercurio. L'asse del dipolo magnetico è inclinato rispetto all'asse di rotazione di Ganimede di 176°, opponendosi quindi al campo magnetico di Giove; quindi è possibile che si verifichino episodi di riconnessione magnetica. Il polo nord magnetico si trova al di sotto del piano orbitale.
Il campo magnetico di Ganimede raggiunge un'intensità di 719 ± 2 nT all'equatore della luna, mentre il campo magnetico di Giove ha un'intensità di circa 120 nT in corrispondenza dell'orbita di Ganimede.
In corrispondenza dei poli il campo magnetico di Ganimede raggiunge un'intensità doppia di quella misurata all'equatore pari a 1440 nT.

Il campo magnetico permanente scava una nicchia attorno a Ganimede, creando una piccola magnetosfera inclusa in quella di Giove. Nel Sistema solare questa caratteristica non si ripete per nessun'altra luna. Il diametro della magnetosfera di Ganimede va da 9.400 km a 12.000 km circa. La magnetosfera presenta una regione di linee di campo chiuse compresa entro i 30° di latitudine, dove sono intrappolate particelle cariche (elettroni e ioni), creando una sorta di fasce di van Allen. La specie chimica più presente nella magnetosfera è ossigeno atomico ionizzato (O+) , che si adatta bene alla tenue atmosfera di ossigeno della luna. Nelle regioni polari, per latitudini superiori a 30°, le linee del campo magnetico sono aperte e connettono Ganimede con la ionosfera di Giove. In queste regioni, sono state rilevate particelle cariche altamente energetiche (decine e centinaia di keV), che potrebbero essere le responsabili delle aurore osservate attorno ai poli di Ganimede. Inoltre, ioni pesanti precipitano continuamente sulle superfici polari della luna, determinando lo sputtering e lo scurimento del ghiaccio.


SCHEDE RIASSUNTIVE DI GANIMEDE:
MAPPA GEOLOGICA DI GANIMEDE:
LA MAGNETOSFERA DI GANIMEDE:
____________________________________________________________
____________________________________________________________

Callisto

Introduzione:
Scoperto
da Galileo Galilei nel 1610, Callisto ha un diametro di 4821 km, equivalente al 99% del diametro del pianeta Mercurio ma solo circa un terzo della sua massa.
È la quarta luna galileiana in ordine di distanza da Giove, trovandosi a circa 1.880.000 km dal pianeta, intorno a cui ruota sincronamente in 16,6890184 giorni.
Callisto non partecipa alla risonanza orbitale che coinvolge gli altri 3 satelliti galileiani: Io, Europa e Ganimede, quindi non subisce i riscaldamenti mareali, che originano i fenomeni endogeni presenti su Io ed Europa.
Privo di campo magnetico interno e appena al di fuori della fascia di radiazioni del gigante gassoso, non interagisce particolarmente con la magnetosfera di Giove.
La radiazione registrata sulla superficie è di soli 0,1 mSv, un settimo di quella sulla Terra, e 10 volte meno di Ganimede, un posto ideale per creare basi ed habitat per gli esseri umani.

( Cratere Valhalla )

Dati Fisici:
Callisto , che ha un diametro di 4.820,6 km, con un albedo di 0,20, è composto, più o meno in egual misura, da rocce e ghiacci, con una densità media di circa 1,83 kg/dm³, la più bassa tra i satelliti medicei, la sua gravità risulta essere di 1,236 m/s2 mentre la sua velocità di fuga è pari a 2,441 km/s.
La temperatura media superficiale risulta essere di -153°c.



Superficie:
Sulla sua superficie è stata rilevata spettroscopicamente la presenza del ghiaccio d'acqua, del biossido di carbonio, di silicati e composti organici.
La superficie di Callisto è la più antica e la più pesantemente craterizzata del sistema solare, ed è geologicamente stabile, le sue principali caratteristiche superficiali includono strutture con multipli anelli concentrici, con scarpate, creste e depositi ad essi associati, crateri da impatto di varie forme e catene di crateri, ma le età delle diverse morfologie non sono note, ma oltre ai crateri, non ci sono montagne, vulcani o altre caratteristiche tettoniche endogene.
Si ipotizza che la composizione superficiale sia sostanzialmente simile per tutto quanto il satellite, con bande di assorbimento del ghiaccio acqua a lunghezze d'onda di 1,04, 1,25, 1,5, 2,0 e 3,0 micrometri.

L'analisi ad alta risoluzione degli spettri nel vicino infrarosso e nell'ultravioletto da parte della sonda Galileo hanno confermato la presenza di diversi materiali non ghiacciati in superficie, come idrosilicati di ferro e magnesio, anidride carbonica, biossido di zolfo, e forse, ammoniaca e vari composti organici.
I dati spettrali ottenuti nei vari studi, hanno anche indicato che la superficie di Callisto è estremamente eterogenea su piccola scala. 
Fondamentalmente, la superficie è costituita da piccole macchie luminose di ghiaccio puro, mescolati con macchie di una miscela di roccia-ghiaccio e aree scure estese costituite da un materiale non ghiacciato.

I ricercatori hanno studiato se specie portatrici di zolfo sono presenti sulla gelida luna galileiana Callisto analizzando otto spettri di riflettanza nel vicino infrarosso raccolti su una vasta gamma di longitudini del sub-osservatore. 
Hanno misurato le aree di banda e le profondità di una caratteristica a 4 micron in questi spettri, che è stata attribuita all'anidride solforosa (SO2), così come ai carbonati, in set di dati raccolti in precedenza di questa luna. 
Tutti gli otto spettri che abbiamo raccolto mostrano la banda di 4 micron. I quattro spettri raccolti sull'emisfero principale di Callisto mostrano bande di 4 micron significativamente più forti rispetto ai quattro spettri dell'emisfero finale (differenza> 3 sigma). 

A sinistra: otto spettri SpeX dell'emisfero iniziale [sopra] e finale [sotto] di Callisto - A destra: spettri dell'emisfero iniziale e finale "in media" di Callisto. Le bande da 4 µm e 4,6 micron sono più forti sull'emisfero principale di Callisto, mentre la banda da 3,9 µm non mostra apparenti asimmetrie emisferiche. Altre band più sottili che potrebbero essere presenti e includere elementi centrati vicino a 2,97, 3,05 e 3,4 µm, che sembrano essere più forti sull'emisfero principale di Callisto, e una fascia centrata vicino a 3,75 µm, che sembra essere leggermente più forte sul lato finale di Callisto ).

Confrontando la posizione della lunghezza d'onda centrale e la forma della banda di 4 micron di Callisto con gli spettri di laboratorio di varie specie e carbonati contenenti zolfo, risulta che su Callisto la banda da 4 micron ha una firma spettrale simile allo zolfo alterato termicamente, nonché una caratteristica di 4,025 micron attribuita al disolfanuro (HS2). 

A sinistra: Confronto tra le bande di 4 µm divise in continuo identificate negli spettri dell'emisfero principale e finale in media di Callisto (mostrati nella Figura 1) e gli spettri di laboratorio divisi in continuo di SO2 nel ghiaccio H2O (verde, Moore et al. 2002), SO2 assorbito (oro, Nash & Betts 1995), zolfo alterato termicamente (arancione, Fanale et al. 1979) e una funzione di trasmissione
centrato vicino a 4,025 µm (rosso) che è stato attribuito a HS2 (Jimenez-Escobar & Munoz Caro 2011), sfalsato verticalmente per chiarezza. - A destra: confronto tra le bande da 4 µm divise in continuo di Callisto e gli spettri di laboratorio divisi in continuo di Na2CO3 e CaCO3 (viola e fuxia, rispettivamente, Nyquist et al. 1997), sfalsato verticalmente per chiarezza. In entrambi i grafici, la linea tratteggiata a 4,02 µm segna la posizione della lunghezza d'onda centrale della banda di 4 µm identificata negli spettri SpeX di Callisto ).

La nostra analisi quindi supporta la presenza di specie portatrici di S su Callisto ma non è coerente con la presenza di SO2. La banda di 4 micron significativamente più forte rilevata sull'emisfero principale di Callisto potrebbe derivare da collisioni con grani di polvere ricchi di H2S che hanno origine sui satelliti irregolari retrogradi di Giove o dall'impianto di ioni S magnetosferici che hanno origine dall'attività vulcanica su Io. 
In alternativa, le specie portatrici di zolfo potrebbero essere originarie di Callisto e sono esposte a collisioni di polvere e impatti più grandi che guidano il ribaltamento della regolite, principalmente sul suo lato principale.


Rispetto alle altre lune galileiane, la superficie di Callisto è piuttosto scura, con un'albedo superficiale di circa il 20%. Un'altra differenza è la natura del suo aspetto asimmetrico. Mentre con gli altri satelliti galileani, l'emisfero principale è più leggero di quello finale, con Callisto è il contrario.

Lo spettro di riflettanza di Callisto, come già accennato, sembra essere una combinazione di ghiaccio d'acqua e un materiale scuro non ghiacciato che potrebbe essere simile alle condriti carboniche. La superficie di Callisto è sia luminosa (albedo vicino a 0.8) o scura (albedo vicino a 0.2), a poca distanza tra i vari terreni. Lontano dall'opposizione, il lato posteriore è il 12% più luminoso del lato principale, che è opposto a quello degli altri satelliti galileiani. Il materiale luminoso si trova sulle creste di una topografia di alto livello, mentre il materiale scuro si trova quasi sempre nelle zone basse. I grandi crateri da impatto di grandi dimensioni hanno spesso centri e raggi luminosi. Questi crateri sembrano aver perforato alcuni chilometri di regolite contaminate da materiale scuro per raggiungere una zona ghiacciata pulita.
Come sostenuto in primo luogo da Pollack et al. 1978 , vedi anche Burns et al., 1979 ), queste condizioni sembrano coerenti con l'idea che Callisto abbia attualmente un rivestimento di materiale scuro che è stato in gran parte messo in atto miliardi di anni fa. Un calcolo indica che 0.001 masse lunari di polvere dei satelliti irregolari si sia trasferita con elevata efficienza a Callisto fino produrre uno strato superficiale di 300 m di spessore. Questa quantità di materiale, se mescolata ai pochi chilometri più alti della crosta di Callisto da impatti, può spiegare i vincoli osservativi di Callisto. Qualsiasi polvere scura che scivola da Callisto e raggiunge Ganimede può spiegare anche i suoi antichi terreni scuri (J. Moore 2009, comunicazione privata, vedi anche Pappalardo et al., 2004 ).
L'osservazione che il lato principale di Callisto è leggermente più scuro della sua superficie finale può anche dirci qualcosa di interessante sull'evoluzione di Callisto. Se un mix 50-50 di polvere prograda e retrograda su orbite modestamente eccentriche dovesse attraversare il percorso di Callisto, la maggior parte del materiale dovrebbe colpire l'emisfero principale di Callisto (cioè, la maggior parte del materiale retrogrado può colpire solo la faccia anteriore, mentre il materiale progrado può colpire entrambi i lati di testa e di coda). Si noti che questo presuppone che Callisto sia sempre stato in rotazione sincrona, il che è vero oggi ma potrebbe non essere vero per tutta la cronologia di Callisto. Se lo fosse, Callisto sarebbe probabilmente molto più oscuro sul lato principale rispetto al suo lato posteriore. Quindi, per spiegare l'asimmetria dei colori limitata di Callisto,
Nuovi lavori di modellazione sulla nostra Luna suggeriscono che grandi eventi di formazione dei grandi bacini da impatto, possono aver permesso di rompere il blocco sincrono con la Terra abbastanza a lungo da far capovolgere le facce iniziali-finali prima di essere ricatturate di nuovo (Wieczorek e LeFeuvre 2009 ). È possibile che lo stesso meccanismo sia applicabile a Callisto.

I crateri:
I crateri di impatto di Callisto variano da 0,1 km a oltre 100 km, senza contare le strutture multi-anello. Piccoli crateri, con diametri inferiori a 5 km, hanno una semplice forma a ciotola o forme piatte, mentre quelli che misurano 5 – 40 km di solito hanno un picco centrale.
Quelli di impatto maggiori, con diametri che vanno da 25 – 100 km hanno pozzi centrali invece di picchi. Quelli con diametri superiori a 60 km possono avere cupole centrali, che si ipotizza derivino dal sollevamento tettonico centrale dopo un impatto.
Le maggiori caratteristiche di impatto sulla superficie di Callisto sono i bacini Multi-anello, che probabilmente hanno avuto origine a seguito della fratturazione concentrica post-urto che ha avuto luogo su una parte di litosfera dove si sovrappongono una sezione di materiale morbido o liquido. I più grandi sono Valhalla ed Asgard, le cui regioni centrali e luminose misurano 600 e 1600 km di diametro (rispettivamente) con anelli che si estendono più lontano verso l'esterno.

( Sopra e sotto - Una superficie densamente craterizzata ).

Mappa:
Una mappa di Callisto in alta definizione, la trovate a questo likn, a cura dell' USGS :
https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/5/5f/Callisto_USGS_map.jpg
Qui sotto un collage fotografico con le maggiori formazioni.


Struttura:

1) - In questa prima ipotesi si ipotizza che Mantello e Nucleo abbiano composizioni differenti.
Studi condotti dalla sonda Galileo hanno rivelato che Callisto potrebbe avere un piccolo nucleo di silicati e forse uno strato di acqua liquida al di sotto della superficie, a profondità superiori a 100 km, nel dettaglio la superficie butterata di Callisto sovrasta una litosfera gelida, spessa 80–150 km, mentre, ad una profondità di 50–200 km, si troverebbe uno strato di acqua liquida e salata dallo spessore di 10 km, tale oceano interno è stato scoperto indirettamente attraverso studi del campo magnetico attorno a Giove e ai suoi satelliti più interni.
Sotto questo ipotetico oceano, l'interno di Callisto sembra essere composto da rocce e ghiaccio compressi, con la quantità di roccia che cresce con la profondità. Ciò significa, in effetti, che Callisto è solo parzialmente differenziato, con un piccolo nucleo di silicati non più grande di 600 km (e una densità di 3,1-3,6 g/cm ³) circondato da un mix di ghiaccio e roccia.
Non risultano tracce di processi del sottosuolo, come tettonica a placche o vulcanismo e non c'è alcun segno che un'attività geologica si sia mai verificata in passato quindi l'evoluzione della sua superficie si è prodotta principalmente per gli impatti meteoritici.
Il valore della sua densità (1,83 kg/dm3), suggerisce una composizione di parti approssimativamente uguali di materiale roccioso e ghiaccio d'acqua, con alcuni altri ghiacci volatili come l'ammoniaca. Si crede che il ghiaccio costituisca il 49-55% del Satellite, con la componente rocciosa probabilmente costituita da condriti, silicati e ossido di ferro.

2) - Una seconda ipotesi invece prevede che sotto lo strato di acqua salata liquida, la struttura interna non sia differenziata ma omogenea con un miscuglio di ghiaccio e roccia circa al 50%.

Però una mancanza totale di differenziazione interna spiega male la presenza di una crosta ghiacciata con poche rocce ed un oceano liquido sottostante, oltretutto corpi più piccoli e più freddi hanno tutti avuto processi termici di riscaldamento interno che li hanno differenziati, quindi seppur parzialmente è plausibile che anche Callisto abbia in realtà subito una differenziazione tra nucleo con elementi più pesanti e mantello.
Quindi è più plausibile l'altra ipotesi.


Atmosfera:
Callisto ha un'atmosfera molto tenue composta da anidride carbonica che ha una pressione superficiale stimata di 7,5 × 10-¹² Bar (0,75 micro Pascal) e una densità di particelle di 4 × 10E8 per centimetrocubo.
Poiché un'atmosfera così sottile andrebbe persa in soli 4 giorni, deve essere costantemente ricostituita, possibilmente mediante lenta sublimazione del ghiaccio di anidride carbonica proveniente dalla crosta ghiacciata di Callisto.
Sebbene non sia stato rilevato direttamente, si ritiene che l'ossigeno molecolare esista in concentrazioni 10-100 volte superiori alla CO2 . Ciò è testimoniato dall'elevata densità di elettroni della ionosfera del pianeta, che non può essere spiegata dalla fotoionizzazione dell'anidride carbonica da sola. Tuttavia, l'ossigeno condensato è stato rilevato sulla superficie di Callisto, intrappolato all'interno della sua crosta ghiacciata.

Inclinazione:
Callisto mantiene una certa, seppur minima inclinazione dell'asse, e dall'analisi dell'evoluzione di questa minima inclinazione possiamo dedurne la presenza di un oceano sottostante la crosta, e sia la sua migrazione orbitale fino all'orbita attuale.

Si pensa che Callisto possieda un oceano sotterraneo, che dissiperà energia a causa delle maree di obliquità. 
Questa dissipazione avrebbe dovuto smorzare qualsiasi inclinazione primordiale entro un miliardo di anni, eppure Callisto mantiene un'inclinazione odierna. Sosteniamo che l'inclinazione e l'eccentricità di Callisto siano state entrambe eccitate nel passato relativamente recente (~300 milioni di anni). 
Questa eccitazione si è verificata quando Callisto è migrato verso l'esterno secondo il modello di "blocco della risonanza" e ha attraversato una risonanza di movimento medio 2:1 con Ganimede (vedi grafico). 
Anche gli elementi orbitali di Ganimede furono eccitati dallo stesso evento. 

Per spiegare gli elementi orbitali odierni deduciamo una marea da corpo solido di  k2/Q ~ 0,05 per Callisto, ed un valore significativamente inferiore per Ganimede.
In questo recente studio abbiamo seguito due strade per riconciliare l'attuale inclinazione di Callisto con un breve smorzamento dell'inclinazione previsto su scala temporale: 
(1) le sue proprietà fisiche hanno ridotto la dissipazione; 
oppure 
(2) il recente evento dinamico ha aumentato la sua inclinazione. 
Abbiamo dimostrato che nonostante le incertezze del coefficiente di resistenza aerodinamica inferiore di Callisto, lo spessore dell'oceano e lo spessore del guscio di ghiaccio, le maree obliquità dell'oceano sono ancora abbastanza forti da smorzare l'inclinazione di Callisto entro pochi miliardi di anni, che questo fatto è incompatibile con un'inclinazione primordiale. 
Incorporando una nuova teoria delle maree per la dissipazione nei pianeti giganti, abbiamo trovato scenari in cui si ipotizzano l'inclinazione e l'eccentricità di Callisto che vengono eccitati dall'incrocio di risonanze con Ganimede e dal successivo decadimento ai loro valori attuali. 
Misurazioni future del semiasse-maggiore di Callisto della sua velocità di migrazione, dell'asse di obliquità, in risposta alle maree e ai momenti di gravità, fornirà test rigorosi di questo modello di evoluzione qui proposto.



SCHEDA RIASSUNTIVA DI CALLISTO:
____________________________________________________________
____________________________________________________________

I Satelliti Irregolari


Il sistema di Giove possiede all'esterno delle orbite dei satelliti Medicei, altre 84 lune irregolari.
Sono satelliti molto piccoli e distanti, si dividono in Progradi e Retrogradi, e si suddividono poi in varie famiglie che si ritiene di origine collisionale.

Spettri:
( Nel grafico riportiamo le analisi spettrali di alcuni dei satelliti irregolari di Giove ).


Le ultime lune scoperte tra cui  Valetudo una ''strana'' luna prograda nel mezzo alle retrograde.
 
________________________________________

Satelliti progradi:

Temisto

Temisto è il più interno dei satelliti irregolari e non fa parte di alcuna famiglia conosciuta. (n°1).
Venne osservato per la prima volta dal Voyager 1 nel 1979, ma la sua scoperta non venne ufficializzata fino al 1999, quando si poterono ricavare i suoi parametri orbitali.

Orbita:
L'orbita, che il satellite percorre in 129,82761 giorni, si trova a quasi metà strada tra i satelliti galileani e il gruppo di Imalia (semiasse maggiore di 7.391.650 km), ha una inclinazione sull'eclittica di 45.81o ed una eccentricità pari a 0.2006.

Dati fisici:
La sua temperatura superficiale sembra essere di 124oK.
Le sue dimensioni mediamente sono di circa 8 km, con una densità di 2,6 kg/dm3, ed una massa di
6,89 × 1014 kg.
La sua superficie presenta un albedo di 0,04.
__________________________________________________________

Il gruppo Imalia:

Il gruppo di Imalia, le cui componenti si estendono sino a circa 11,4 milioni di km dal pianeta, hanno mediamente un'inclinazione di 27,5 ± 0,8° ed eccentricità comprese tra 0,11 e 0,25. Si ritiene che la famiglia di Imalia, si sia formata dalla rottura di un asteroide originario della fascia principale. (n°9).


Modifica orbitale della famiglia di Imalia durante un'instabilità dinamica del neonato sistema solare
Tra i satelliti irregolari in orbita attorno a Giove, la famiglia di Imalia è caratterizzata da una dispersione ad alta velocità tra i suoi membri, in contrasto con un'origine collisionale. Gli sforzi per trovare una spiegazione attraverso le sole interazioni gravitazionali interne non rispondono prontamente all'attuale situazione. Rivisitando il problema nel contesto dei recenti modelli cosmologici, in cui i pianeti giganti migrarono significativamente attraverso l'interazione con un disco planetario e subirono incontri con planetesimi e oggetti di dimensioni planetarie abbiamo potuto fare differenti ipotesi. La nostra ipotesi iniziale è che la formazione della famiglia sia preceduta da questa fase o avvenuta subito dopo la sua insorgenza. Simulazioni numeriche dell'effetto diffusivo sono state fatte con tre distinte popolazioni di perturbatori su un insieme di test che rappresentano la famiglia: 
1) planetesimi di dimensioni lunari (MPT) . 
2) delle dimensioni Plutone (PPT) .
3) oggetti di massa planetaria (PMO) con masse tipiche dei pianeti giganti ghiacciati. 
I risultati ci dicono che gli incontri ravvicinati con i PPT sono inefficienti, con i test rispetto a Himalia, in accordo con le osservazioni. 
Poiché gli MPT potrebbero non essere stati abbondanti nel disco planetario, le simulazioni ci portano ad ipotizzare incontri tra Giove e PMO. 
I risultati ci confermano che troppi incontri generano meno dispersioni degli MPT mentre troppi essenzialmente distruggono la famiglia. 
Per le masse di PMO nella gamma 5 masse terrestri, l'attuale distribuzione orbitale della famiglia è riprodotta con alcune decine di incontri.
______________________________________________

Leda
È stato scoperto da Charles Thomas Kowal all'Osservatorio di Monte Palomar il 14 settembre 1974, dopo tre notti di osservazioni, dall'11 al 13 settembre; Leda era presente in tutte le lastre fotografiche,

ed ha un periodo orbitale di 240.5 giorni e porta il nome della regina spartana, madre di Castore e Polluce, Elena e Clitennestra, che Zeus sedusse trasformandosi in cigno.
Si tratta di un piccolo satellite; infatti assumendo che possieda un'albedo pari a 0,04, similmente agli altri membri del gruppo di Imalia, considerando la sua magnitudine apparente di 20,2 ne consegue un diametro di circa 20 km. Conseguentemente la massa stimata è di 1,09×1016 kg.
Leda è stata rilevata da WISE solo nelle bande W3 e W4. La modellizzazione termica utilizzando i 12 rilevamenti in ciascuna banda produce un diametro di 21,5 ± 1,7 km, con un parametro di irradiazione di 1,15 ± 0,13. L'albedo visibile geometrico è di nuovo molto scuro, con una riflettività del 3,4% ± 0,6%.

 __________________________________________________

Imalia

È il satellite di maggiori dimensioni e che dá il nome al gruppo, venne scoperto nel 1904 ma ha ricevuto un nome definitivo solo nel 1975.
Nel dicembre 2000 la sonda Cassini è riuscita a fotografarla, ma Imalia era troppo lontana per poter vedere dei dettagli relativi alla superficie.

Orbita:

Ha un periodo orbitale di 250.1 giorni, con un semiasse maggiore di 11,46 milioni di km, un'eccentricità di 0,16 ed un'inclinazione di 29,59° rispetto al piano equatoriale di Giove.
La sua orbita risente di perturbazioni dovute al Sole e agli altri pianeti. ( vedi SOTTO ).

Animazione grafica dell'orbita di Imalia, si nota che subisce variazioni dell'inclinazione ).


Dati fisici:
Il periodo di rotazione di Himalia è 7 h 46 m 55 ± 2 s. ( vedi SOTTO ).
Himalia appare di colore neutro (grigio), come gli altri membri del suo gruppo, con gli indici di colore B − V = 0,62, V − R = 0.4, sono simili a un asteroide di tipo C. Le misurazioni di Cassini confermano uno spettro privo di righe significative, ma solo con un lieve assorbimento a 3 μm, che potrebbe indicare la presenza di ghiaccio d'acqua.
Con un'albedo banda W1 del 7,0% ± 0,7% , Imalia è coerente con una tassonomia di tipo C
Un valore di irradiazione di 0,93 ± 0,02 indica che Imalia ha una bassa inerzia termica, con qualche rugosità superficiale.

Le immagini risolte di Imalia da parte di Cassini hanno portato ad una stima delle dimensioni di 150 km × 120 km , mentre le stime a terra suggeriscono che Imalia ha un diametro medio intorno 170 km , ma nel maggio 2018, Imalia ha occultato una stella, permettendo misurazioni precise delle sue dimensioni.

L'occultazione è stata osservata dallo stato americano della Georgia e dall'occultamento, a Imalia è stata data una stima delle dimensioni di 205,6 km × 141,3 km , in accordo con stime precedenti effettuate dalla Terra.
Ha un albedo del 5% ± 1%.

( Curva di luce di Imalia, da cui se ne è dedotto il periodo di rotazione ).

Analisi spettrale:
Lo spettro di Imalia mostra un chiaro segno di assorbimento nella regione di 3 μm (Figura 1 ). 
A causa del rapporto della caratteristica di assorbimento di 0,7 μm e del suo associato con silicati idrati, per prima cosa tentiamo di modellare lo spettro a 3 μm di Imalia con tipici spettri di silicato idratato. 
Questi spettri hanno un picco di assorbimento nella regione non osservata di 2,5-2,8 μm e le loro riflettività aumentano bruscamente di 2,8 μmNella Figura 1 confrontiamo Imalia con uno spettro di condrite CM misurato in condizioni asciutte, il cui spettro è coerente con cronstedtite , un fillosilicato che è un costituente principale delle condriti CM, scalato per adattarsi al livello del continuo a lunghezze d'onda inferiori a 2,5 μm. 
Mentre la corrispondenza oltre 3,0 μm è adeguata, a una velocità inferiore di 3,0 μm, lo spettro di Imalia gira verso l'alto anziché continuare verso il basso come un tipico fillosilicato, e non si adatta né a questo particolare minerale né alle caratteristiche generali della classe di asteroidi scuri con assorbimenti di 0,7 μm e spettri nettamente in aumento da 2,8 μm.
L'assorbimento centrato a circa 3,0 μm nello spettro di Imalia appare più simile al ghiaccio d'acqua che all'assorbimento di OH. Per esaminare questa possibilità costruiamo un modello di Shkuratov di grani scuri ricoperti di ghiaccio a grana fine, seguendo la ricetta di Rivkin & Emery
Nel nostro modello i grani scuri hanno costanti ottiche scelte per corrispondere al livello globale di albedo del continuum e il ghiaccio è una brina a grana fine con una frazione in volume dell'1,5% (scelta per adattarsi alla profondità dell'assorbimento) che ricopre i grani scuri. Le costanti ottiche di acqua ghiacciata sono ottenute da Mastrapa et al
Questo modello fornisce un'adeguata corrispondenza con il range di 2,8-3,1 μm dei dati, ma Imalia mostra un assorbimento significativamente maggiore fino a 3,6 μm che non può essere rappresentato dall'acqua ghiacciata.

Figura 1.  Spettro di Himalia da 2,2 a 3,8 μm. Le impostazioni NIRSPEC a lunghezza d'onda più corta e più lunga sono indicate rispettivamente in nero e rosso. Lo spettro viene confrontato con una condrite CM con uno spettro coerente con cronstedtite (blu), un fillosilicato meteoritico comunemente presente, e con un modello di ghiaccio d'acqua a grana fine sovrastante i grani scuri (verde)Nessuno dei due materiali offre una corrispondenza soddisfacente con lo spettro di Himalia ).

Una ricerca di tutte le banche dati disponibili, di spettri di riflettanza, non rivela materiali che possano eguagliare lo spettro di Imalia. Si può ottenere una corrispondenza più stretta, tuttavia, confrontando lo spettro di Imalia con quelli degli asteroidi della fascia principale scuri. 
Lo spettro dell'asteroide 24 Themis, ad esempio, contiene analogamente una caratteristica simile all'acqua ghiacciata a ~ 3,1 μm seguita da un continuo assorbimento fino a 3,6 μm , ma un confronto ravvicinato tra i due spettri mostra che il picco di assorbimento nello spettro di Imalia è spostato di ~ 0.05 μm rispetto a quello di Themis. Un'ottima corrispondenza con lo spettro di Imalia deriva tuttavia dallo spettro dell'asteroide di tipo CF, 52 EuropaNella figura 2 confrontiamo lo spettro di Imalia con un modello in cui abbiamo preso lo spettro di 52 Europa e abbiamo permesso che la pendenza spettrale e la profondità di assorbimento fossero parametri liberi in un adattamento ai dati. 
La migliore vestibilità dà uno spettro con una pendenza di 2,4-3,7 μm del 23% più rossa di quella di 52 Europa e un assorbimento del 70% più profondo. 
Lo spettro risultante è quasi indistinguibile da quello di Imalia. Inoltre, la forma complessiva dello spettro visibile attraverso 2 μm con un ampio assorbimento centrato a ~ 1,2 μm appare molto simile alla fotometria a banda larga disponibile di Imalia
Tuttavia, gli spettri del gruppo di asteroidi di tipo Europa non hanno alcuna caratteristica di assorbimento di 0,7 μm. Basandosi sulla combinazione altrimenti forte tra Imalia e 52 Europa e la forte correlazione tra assorbimento di 0,7 μm e l'aspetto dell'assorbimento di OH simile a 3 μm non visto su Imalia, sospettiamo che non sia presente alcun assorbimento effettivo di 0,7 μm su Imalia. 
Questo sospetto richiede una conferma osservativa. 
Concludiamo che se Imalia fosse stato un asteroide scuro della fascia principale, sarebbe stato chiaramente inserito nel gruppo di spettri di tipo Europa che include 52 Europa, 31 Euphrosyne e 451 Patientia.

Figura 2.  Spettro di Himalia rispetto allo spettro del 52 Europa (blu). La corrispondenza è eccellente, così come la corrispondenza con le porzioni di lunghezza d'onda più corte dello spettro. La composizione superficiale del gruppo simile ad Europa è sconosciuta, ma gli altri membri sono tutti situati nel mezzo della fascia degli asteroidi ).

( Analisi spettrale - In grafico riportiamo i dati da 0,8 fino a 2,5 micrometri ).

I nostri risultati confermano che la superficie di Imalia, è dominata da materiali opachi come quelli visti nei meteoriti del tipo condriti carbonacei. La nostra modellazione spettrale degli spettri NIR di Imalia conferma che la sua composizione superficiale ha con la magnetite il minerale dominante.

Anello di polveri:
La sonda New Horizons, passando da Giove ha fotografato Imalia, immortalando pure quello che potrebbe essere un possibile anello di polveri intorno a Giove ed incentrato sull'orbita del maggiore dei satelliti irregolari esterni.

( In foto, nel cerchietto le due posizioni di Imalia a circa 3h 20' di differenza, mentre indicato dalla freccia si può notare un alone rossastro ).

 ___________________________________________________

Lisitea
Venne scoperta nel 1938 in lastre prese al Mount Wilson Observatory, ha ricevuto il nome solo nel 1975. Il suo periodo orbitale è di 259.2 giorni.
Ha un diametro medio di 36 km, con una densità di 2,6 kg/dm3, ed un albedo superficiale di 0,04.
La modellazione termica ha prodotto un diametro effettivo di 42,2 ± 0,7 km, con un parametro di irradiazione di 0,93 ± 0,02. L'aderenza albedo visibile ha rivelato un'altra superficie scura con una riflettività del 3,6% ± 0,6%, che aumenta fino al 6,9% ± 1,1% di riflettività nella banda W1.
Orbita a 11.720.000 km da Giove con un'eccentricità variabile tra 0,081-0,155.
La sua inclinazione orbitale è di circa 29°.


_______________________________________

Elara
Scoperta e nome:
Elara (in greco Ελάρη) è un satellite naturale di Giove; fu scoperta da Charles Dillon Perrine presso l'Osservatorio Lick, in California il 2 gennaio 1905.
Porta il nome della madre di Tizio e amante di Zeus, nome assegnatole nel 1975 pur essendo stata scoperta nel 1905.


Dati:
Ha un periodo orbitale di 259.64 giorni, ed ha un semiasse maggiore di 11.740.000  km, con un'eccentricità di 0,22 , ed un inclinazione di 26,627°.
Le sue dimensioni sono di 86 km, con una densità di 2,6 kg/dm3, ed un albedo di 0,04.
Il suo periodo di rotazione è di circa 12 h.

Superficie:
Elara ha un albedo a infrarossi del 6,3% ± 0,5% e del 5,2% ± 1,1% rispettivamente nelle bande W1 e W2. 
Questo spettro piatto identifica Elara come una superficie di tipo C o P
Ciò è coerente con la classificazione di tipo C data da altri
Il valore di bassa luminosità di 0,79 ± 0,03 indica che il corpo ha una certa rugosità superficiale significativa.


La nostra modellazione spettrale degli spettri NIR di Elara conferma che la composizione superficiale ha nella magnetite il minerale dominante. 
_______________________________________

Dia - S/2000 J 11
Scoperto nel 2000 da astronomi dell'Università delle Hawaii è stato inserito nel gruppo di Imalia provvisoriamente, non conoscendone ancora con precisione gli elementi orbitali ed il suo periodo orbitale si attesta sul valore di 286.95 giorni, con un semiasse maggiore dell'orbita di 12.555.000 km, un'eccentricità di 0,21086 ed un inclinazione orbitale di 28,23731° rispetto al piano equatoriale di giove.
Le sue dimensioni sono di circa 4 km, con un albedo superficiale di 0,04.
_______________________________

Con  S/2017 J 4 , S/2018 J 1 .
Queste lune più interne prograde hanno simili distanze orbitali e angoli di inclinazione, e si pensa che siano frammenti di una luna più grande che si è frantumata.

Ersa
Giove LXXI, originariamente noto come S/2018 J 1, è un satellite naturale esterno di Giove. Fu scoperto da Scott S. Sheppard e dal suo team nel 2018, ed è stato annunciato il 17 luglio 2018, tramite una circolare elettronica dal Minor Planet Center. ha dimensioni di circa 3 chilometri di diametro e ha un raggio d'orbita di circa 11.483.000 chilometri, con un'eccentricità di 0,094 , la sua inclinazione orbitale è di circa 30,61 °, ed appartiene al gruppo Himalia.

Pandia
Giove LXV, originariamente noto come S/2017 J 4, è un satellite naturale esterno di Giove.
Fu scoperto da Scott S. Sheppard e dal suo team nel 2017, ma non annunciato fino al 17 luglio 2018 tramite una circolare elettronica dal Minor Planet Center. Ha dimensioni di circa 3 chilometri di diametro e orbita con un semiasse maggiore di circa 11.525.000 km, possiede un'eccentricità di 0,18 , ed ha un'inclinazione di circa 28,15 °. Appartiene al gruppo Himalia.

Annunciate a febbraio 2023:

S/2018 J 2
È un piccolo satellite naturale esterno di Giove scoperto da Scott S. Sheppard il 12 maggio 2018, utilizzando il telescopio Víctor M. Blanco da 4,0 metri all'Osservatorio di Cerro Tololo, in Cile. È stato annunciato dal Minor Planet Center quattro anni dopo, il 20 dicembre 2022, dopo che le osservazioni sono state raccolte in un arco di tempo sufficientemente lungo per confermare l'orbita del satellite. Il satellite è stato trovato in osservazioni di pre-scoperta già del 27 marzo 2003. Fa parte del gruppo di Himalia, un gruppo di lune irregolari prograde di Giove che seguono orbite simili. Ha un semiasse maggiore di 11.467.500 km, un'eccentricità di 0,1184102 con un'inclinazione di 29.40421° ed un periodo di 250,88 giorni.
Con un diametro stimato di 3 km ed una magnitudine assoluta (H) di +16,5, è tra i membri più piccoli conosciuti del gruppo di Himalia.

S/2011 J 3
È un piccolo satellite naturale esterno di Giove scoperto da Scott S. Sheppard il 27 settembre 2011, utilizzando il telescopio Magellan-Baade da 6,5 metri all'Osservatorio di Las Campanas, in Cile, ma è stato annunciato dal Minor Planet Center, ben 11 anni dopo, il 20 dicembre 2022. Fa parte del gruppo Himalia, con un semiasse maggiore di 11.797.170 km, un periodo di 261,77 giorni, un'eccentricità di 0,1757518 e con un'inclinazione orbitale di 28,65923° rispetto al piano dell'eclittica. 
Ha un diametro stimato di 3 km, con una magnitudine assoluta (H) di +16,3.
_____________________________________________________

Altri Progradi:

Carpo , S/2018 J 4 e Valetudo sono più esterni ai Satelliti progradi del gruppo di Imalia e mentre i primi 2 fanno parte del solito piccolo gruppo, la terza non appartiene a nessuna altra famiglia nota. (n°3).

Carpo
La sua orbita ha un semiasse maggiore di 16.989.000 km, con una inclinazione sull'eclittica di 56o la sua eccentricità è difficilmente valutabile (0.2736-0.4297) in quanto è regolata dall'effetto Kozai, come altri satelliti gioviani, quando l'inclinazione dell'orbita cresce aumenta anche l'eccentricità e il periastro di Carpo può avvicinarsi alle orbite dei satelliti medicei.
Ha dimensioni di circa 3 km , con un albedo superficiale di 0,04.

S/2018 J 4 
E' un piccolo satellite naturale esterno di Giove scoperto da Scott S. Sheppard l'11 maggio 2018, utilizzando il telescopio Víctor M. Blanco di 4,0 metri all'Osservatorio di Cerro Tololo, in Cile. È stato annunciato dal Minor Planet Center il 20 gennaio 2023, dopo che le osservazioni sono state raccolte in un arco di tempo sufficientemente lungo per confermare l'orbita del satellite. Il satellite ha un diametro di circa 2 km per una magnitudine assoluta (H) di +16,7.
S/2018 J 4 è una luna irregolare di Giove su un'orbita prograda. Appartiene allo stesso gruppo della luna Carpo con inclinazione simile, che è stata a lungo considerata un oggetto anomalo fino a questa scoperta. Per un'epoca di riferimento del 25 febbraio 2023, questo satellite ha un semiasse maggiore di 16,5 milioni di km, un'eccentricità orbitale molto bassa di 0,06 e un'inclinazione molto elevata di 52° rispetto all'eclittica. Tuttavia, questi elementi orbitali sono solo temporanei e sono soggetti a cambiamenti nel tempo a causa delle perturbazioni gravitazionali del Sole e di altri pianeti. In particolare, l'elevatissima inclinazione di S/2018 J 4 lo sottopone alla risonanza Lidov–Kozai come nel caso di Carpo, dove vi è uno scambio periodico tra la sua eccentricità orbitale e la sua inclinazione mentre il suo argomento del periastro oscilla intorno ad un valore costante. La risonanza di Lidov-Kozai può alterare significativamente le orbite di queste lune: ad esempio, l'eccentricità e l'inclinazione di Carpo possono oscillare tra 0,19-0,69 e 44-59°, rispettivamente.
_________________________

Valetudo
Valetudo è la più distante e più inclinata del gruppo di lune prograde e impiega circa un anno e mezzo per orbitare attorno a Giove. Quindi, a differenza del più vicino gruppo di lune prograde, questa strana luna prograda ha un’orbita che attraversa le lune retrograde esterne.
Di conseguenza, è molto più probabile che avvengano scontri frontali.
È stata scoperta da Scott S. Sheppard e dal suo team in dati che risalivano al 2016, ma non fu annunciata fino al 17 luglio 2018, dal Minor Planet Center. Il satellite ha un diametro di circa 1 km e orbita attorno al pianeta ad una distanza di circa 18,98 milioni di chilometri. La sua inclinazione orbitale è di 34 gradi e la sua eccentricità orbitale è 0,222. Incrocia percorsi con diverse lune che hanno orbite retrograde e potrebbero in futuro scontrarsi con loro. È stata provvisoriamente designata come S/2016 J 2 fino a quando non ha ricevuto il suo nome nel 2018. Il nome Valetudo deriva dalla divinità romana del benessere e della salute pronipote del dio Giove ed è stato approvato dal Gruppo di lavoro per la nomenclatura dei sistemi planetari dell'UAI il 3 ottobre 2018.

( Immagine di Valetudo tra i due tratti gialli ).
_____________________________________________________
_____________________________________________________

I satelliti retrogradi:

Deriverebbero da asteroidi che furono catturati dalle regioni più esterne del disco circumplanetario che circondava Giove mentre il sistema solare era ancora in formazione e furono in seguito frammentati a seguito di impatti. La loro distanza da Giove è tale che li rende soggetti ai disturbi del campo gravitazionale del Sole.

Giove LX 
S/2003 J 12 è il più interno di questa classe e non fa parte di alcuna famiglia nota. (n°1).
Si tratta di un satellite naturale di Giove scoperto nel 2003 da una squadra di astronomi dell'Università delle Hawaii guidata da Scott Sheppard e composta da David Jewitt, Jan Kleyna, Yanga Fernández e Henry Hsieh. La scoperta fu annunciata il 4 marzo 2003 assieme a quella di sei altri satelliti di Giove.
È molto piccolo, circa 1 km, ed orbita ad una distanza media da Giove di 17,73954 milioni di km, è il primo dei satelliti retrogradi. Ha un'orbita inclinata di 120,770°, rispetto al piano equatoriale gioviano, con una eccentricità di 0.4449; il periodo orbitale è di 1,3215 anni terrestri.
_____________________________________________________

Il gruppo di Carme:

Il gruppo di Carme, le cui componenti hanno semiassi maggiori vanno da 22,9 a 24,1 milioni di km, inclinazioni medie di 165,7 ± 0,8° ed eccentricità comprese tra 0,23 e 0,27. Solo il satellite S/2003 J 10 si discosta in parte da questi parametri, per via dell'elevata eccentricità della sua orbita.
Le lune della famiglia di Carme sono molto omogenee per quanto riguarda il colore (tendente al rossastro) e si ritiene che si siano originate da un ancestrale asteroide di tipo D, probabilmente uno dei troiani di Giove. (n°28).


Erse - S/2003 J 17
Prende il nome da Ersa, chiamata anche Erse, figlia di Zeus ed Eos.
Scoperto nel febbraio 2003, ha un periodo orbitale di 714.47 giorni, con un semiasse maggiore dell'orbita di 22,992 milioni di km, un'eccentricità di 0,2378 ed un inclinazione di 164,917°, rispetto al piano equatoriale di Giove.
Le sue dimensioni sono di circa un chilometro.
Aitne - Etna - S/2001 J 11
Le è stato assegnato il nome della divina personificazione del Monte Etna, che ebbe da Giove Palici, il dio dei geysers , mostra un periodo orbitale di 679.641 giorni (1,861 anni) , ed è stata scoperta nel dicembre 2001.
Ha un diametro stimato di appena 3 km, ed orbita a 22.285.000 km da Giove con un'inclinazione di 164° rispetto al piano equatoriale del pianeta gigante ed un'eccentricità di 0,2643.
Cale
Scoperta nel dicembre 2001, ruota attorno a Giove in 729.47 giorni; porta il nome di una delle Grazie, figlie di Zeus, e moglie di Efesto, secondo alcuni brani di mitologia greca.
Orbita a 23.207.000 km da Giove, con un'eccentricità di 0,2599 ed un inclinazione di 164,996°.
Possiede un diametro medio di circa 2 km.
Taigete
Gli è stato assegnato il nome di una delle Pleiadi, figlie di Titano, madre di Lacedemone, figlio di Zeus; è stato scoperto nel novembre 2000 .
Taigete ha un diametro di circa 9 km e orbita attorno a Giove a una distanza media di 22.439.000 km con un periodo di 686,675 giorni, un'inclinazione di 165° rispetto all'eclittica (163° rispetto all'equatore di Giove) in moto retrogrado e un'eccentricità di 0,3678.
S/2003 J 19
Scoperto nel febbraio 2003 ruota attorno al pianeta madre in 740.42 giorni, ed orbita a 23,533 milioni di km da Giove con un'eccentricità di 0,2556 ed un inclinazione orbitale di 165,153°.
Le sue dimensioni sono di circa 2 km.
Caldene
Il satellite porta il nome della madre di Solimene, compagno di Enea, e amante di Zeus; è stato scoperto nel novembre 200 ed ha un periodo orbitale di 723.70 giorni, ad una distanza di 23,1 milioni di km, un'eccentricità di 0,2519 ed inclinazione di 165,191°.
Ha un diametro di circa 4 km.
S/2003 J 10
A causa della elevata eccentricità dell'orbita (0.4295) si discosta dagli altri elementi del gruppo, ha un periodo orbitale di 716.25 giorni ed è stato scoperto nel febbraio 2003, a 23,041 milioni di km da Giove. Eccentricità 0,4295 .
Dimensioni: circa 2 km.
Erinome
Porta il nome di un'amante di Giove della mitologia romana, venne scoperto nel 2000 e percorre la propria orbita in 711.965 giorni.
Distanza 22,986 milioni di km - Eccentricità 0,2552 - Inclinazione 162° rispetto al piano equatoriale gioviano - Dimensioni 3,2 km.
Callicore
Scoperta nel febbraio 2003 porta il nome di una delle Muse, figlie di Zeus, o di una delle ninfe Nisiadi, nutrici di Dioniso; ha un periodo orbitale di 764.501 giorni.
Distanza 24,043 milioni km - Eccentricità 0,2640 - Inclinazione 165,501° eq.Giove.
Dimensioni 2 km circa.
Calice
Porta il nome della figlia di Eolo, e amante di Zeus, o di una delle ninfe Nisiadi. È stato scoperto nel novembre 2000 e orbita in 742.03 giorni.
Distanza 23.180.775 km - Eccentricità 0,2465 - Inclinazione 165.159° eq.Giove.
Dimensioni 5 km circa.
La magnitudine misurata nella banda W3 da NEOWISE è di +11,32 ± 0,24
Usando un valore di irradiazione ipotizzato di 0,9 ± 0,2 ha prodotto un diametro effettivo di 6,9 ± 1,3 km. Il valore H di +15,28 ± 0,04 da Grav et al. 2003 ) è stato utilizzato per ricavare un albedo visibile geometrico di 2,9 ± 1,4.
Pasitea
Porta il nome di una delle Grazie, è stata scoperta nel dicembre 2001 ed ha un periodo orbitale di 719.44 giorni.
Distanza 23 004 000 km - Eccentricità 0,2675 - Inclinazione 165,138° eq.Giove.
Dimensioni circa 2 km.
Eucelade
Ha un periodo orbitale di 746.39 giorni ed è stata scoperta nel febbraio 2003. Porta il nome di una delle Muse greche figlie di Zeus.
Distanza 23 661 000 km - Eccentricità 0,2721 - Inclinazione 165,482° eq.Giove.
Dimensioni circa 4 km.
Arche
Ha un periodo orbitale di 723.90 giorni e porta il nome di una delle Muse, figlie di Zeus e Mnemosine; è stato scoperto nell'ottobre 2002.
Distanza 22 931 000 km - Eccentricità 0,2588 - Inclinazione 165,001° eq.Giove.
Dimensioni circa 3 km.

_____________________________________________________

Carme

Essendo il più grande, 46 km di diametro, è il capogruppo. Venne scoperto nel luglio 1938 sulle lastre prese al Mount Wilson Observatory, in California e gli è stato assegnato il nome della dea cretese che insieme a Zeus ha concepito la ninfa Britomartyis; fino al 1975 era noto anche col nome Pan. Ruota attorno a Giove in 746.94 giorni, orbitando ad una distanza di 23.734.465 km da Giove, con un'eccentricità orbitale di 0,3122 ed un inclinazione di 167,53° rispetto al piano equatoriale di Giove.


Carme è il quarto più grande dei satelliti irregolari di Giove ed è stato rilevato in 16 immagini nella fase completamente criogenica dell'indagine NEOWISE e 8 immagini nella fase post-criogenica. E 'stato chiaramente rilevato in entrambe le lunghezze d'onda termiche, W3 e W4. Nelle lunghezze d'onda riflesse, i rilevamenti sono stati effettuati in tutte le immagini W1, ma solo nella metà delle immagini W2. Utilizzando la modellazione termica abbiamo trovato un diametro di 46,7 ± 0,9 km, con un parametro di irradiazione di 0,95 ± 0,03. L'albedo visibile geometrico è del 3,5% ± 0,6%, che aumenta significativamente fino al 9,7% ± 1,0% nella banda W1.
La pendenza dello spettro dalle lunghezze d'onda visibili a quelle del vicino infrarosso indica una superficie di tipo D.


Lo spettro (NIR) di Carme presenta una pendenza blu fino a circa 1,5 micrometri ed è spettroscopicamente distinto da quelli di Imalia ed Elara.
Il nostro modello suggerisce che è compositivamente simile al carbonio amorfo.
_____________________________________________________

Isonoe
Scoperto nel novembre 2000, porta il nome di una delle amanti di Zeus, una delle Danaidi, figlie del fondatore di Argo Danao. Venne scoperto nel novembre 2000 e presenta un periodo orbitale di 726.25 giorni.
Distanza 23 155 000 km - Eccentricità 0.2471 - Inclinazione 165,268° eq.Giove.
Dimensioni circa 4 km.
S/2003 J 9
È stato scoperto nel febbraio 2003 e ha un periodo orbitale di 733.29 giorni.
Distanza 23 384 000 km - Eccentricità 0,2632 - Inclinazione 165,079° eq.Giove.
Dimensioni circa un chilometro.
Eirene - S/2003 J 5
Ha un periodo di rotazione pari a 738.73 giorni ed è stato scoperto nel febbraio 2003.
Distanza 23 495 000 km - Eccentricità 0,2478 - Inclinazione 165,247° eq.Giove.
Dimensioni circa 4 km.
S/2010 J 1
Orbita attorno a Giove a una distanza media di 23,45 milioni di km, completando un'orbita in 2,02 anni. Il suo diametro è stato stimato in circa 3 km.
Eccentricità 0,320 - Inclinazione 163,2° rispetto all'equatore di Giove.
_______________________________________________

Con S/2017 J 2 , S/2017 J 5 , S/2017 J 8 .
Giove LXIII, originariamente noto come S/2017 J 2, è un satellite naturale esterno di Giove. Fu scoperto da Scott S. Sheppard e dal suo team nel 2017, ma non annunciato fino al 17 luglio 2018 tramite una circolare elettronica dal Minor Planet Center. E' di circa 2 chilometri di diametro e orbita con un semiasse-maggiore di circa 23.303.000 km con un'inclinazione di circa 166,4 °.  Appartiene al gruppo Carme.
Giove LXVI, originariamente noto come S/2017 J 5, è un satellite naturale esterno di Giove. Fu scoperto da Scott S. Sheppard e dal suo team nel 2017, ma non annunciato fino al 17 luglio 2018 tramite una circolare elettronica dal Minor Planet Center. E' di circa 2 chilometri di diametro e orbita con un semiasse maggiore di circa 23.232.000 km con un'inclinazione di circa 164,3 °, ed eccentricità di 0,2842. Appartiene al gruppo Carme.
Giove LXIX, originariamente noto come S/2017 J 8, è un satellite naturale esterno di Giove. Fu scoperto da Scott S. Sheppard e dal suo team nel 2017, ma non annunciato fino al 17 luglio 2018 tramite una circolare elettronica dal Minor Planet Center. E' di circa 1 chilometro di diametro e orbita con un semiasse-maggiore di circa 23.232.700 km con un'inclinazione di circa 164,7 °.  Appartiene al gruppo Carme.

Annunciati a febbraio 2013:

S/2016 J 3
È un piccolo satellite naturale esterno di Giove scoperto da Scott S. Sheppard il 9 marzo 2016, utilizzando il telescopio Magellan-Baade da 6,5 metri all'Osservatorio di Las Campanas, in Cile. È stato annunciato dal Minor Planet Center 7 anni dopo, il 5 gennaio 2023, dopo che le osservazioni sono state raccolte in un arco di tempo sufficientemente lungo per confermare l'orbita del satellite. Fa parte del gruppo di Carme, un ammasso compatto di lune irregolari retrograde di Giove che seguono orbite molto simili, ha un semiasse maggiore di 0,1484883 UA, un'eccentricità di 0,2360219 ed un'inclinazione di 164,06576° rispetto all'eclittica.
Ha un diametro di circa 2 km, con una magnitudine assoluta (H) di +16,7.

S/2018 J 3
È un piccolo satellite naturale esterno di Giove scoperto da Scott S. Sheppard il 12 maggio 2018, utilizzando il telescopio Magellan-Baade da 6,5 metri all'Osservatorio di Las Campanas, in Cile. È stato annunciato dal Minor Planet Center il 19 gennaio 2023. Fa parte del gruppo Carme, con un semiasse maggiore di 0,1525861 UA, un'eccentricità di 0,2731285 ed un'inclinazione di 164.90043° verso l'eclittica. Ha un diametro di circa 1 km, con una magnitudine assoluta (H) di +17,3, il che la rende una delle lune più piccole conosciute di Giove.

S/2021 J 5
È un piccolo satellite naturale esterno di Giove scoperto da Scott S. Sheppard , David J. Tholen e Chad Trujillo il 5 settembre 2021, utilizzando il telescopio Subaru da 8,2 metri all'Osservatorio di Mauna Kea, Hawaii. È stato annunciato dal Minor Planet Center il 19 gennaio 2023, dopo che le osservazioni sono state raccolte in un arco di tempo sufficientemente lungo per confermare l'orbita del satellite.
Fa parte del gruppo Carme, un gruppo di lune irregolari retrograde di Giove che seguono orbite simili, con un semiasse maggiore di 0,1526210 UA, un'eccentricità di 0,2001547 ed un'inclinazione di 163,17500°.
Ha un diametro di circa 2 km, con una magnitudine assoluta (H) di +16,8.

S/2021 J 4
È un piccolo satellite naturale esterno di Giove scoperto da Scott S. Sheppard il 14 agosto 2021, utilizzando il telescopio Magellan-Baade da 6,5 metri all'Osservatorio di Las Campanas, in Cile. È stato annunciato dal Minor Planet Center il 19 gennaio 2023. Ha un semiasse maggiore di 0,1533891 UA, un'eccentricità di 0,1585459 ed un'inclinazione orbitale di 164,54657° verso l'eclittica. Ha un diametro di circa 1 km, con una magnitudine assoluta (H) di +17,4, il che la rende una delle lune più piccole conosciute di Giove.

S/2021 J 6
È un piccolo satellite naturale esterno di Giove scoperto da Scott S. Sheppard, David J. Tholen e Chad Trujillo il 5 settembre 2021, utilizzando il telescopio Subaru di 8,2 metri all'Osservatorio di Mauna Kea, Hawaii. 
È stato annunciato dal Minor Planet Center il 20 gennaio 2023, dopo che le osservazioni sono state raccolte in un arco di tempo sufficientemente lungo per confermare l'orbita del satellite. Il satellite è stato trovato in osservazioni di pre-scoperta del 2 ottobre 2010. Fa parte del gruppo Carme, un gruppo ristretto di lune irregolari retrograde di Giove che seguono orbite molto simili, con un semiasse maggiore di 0,1566013 UA, un'eccentricità di 0,3625334 ed un'inclinazione di 166,49991° sull'eclittica. 
Ha un diametro di circa 1 km, con una magnitudine assoluta (H) di +17,3.
__________________________________________________________

S/2003 J 24 - (EJc0061)
L'astronomo dilettante che ha recuperato quattro lune gioviane perdute è diventato il primo dilettante a scoprire una luna precedentemente sconosciuta. Kai Ly ha segnalato la scoperta alla Mailing List del Minor Planet il 30 giugno e l'ha presentata per la pubblicazione come Circolare elettronica di Minor Planet.
Sono orgoglioso di dire che questa è la prima luna planetaria scoperta da un astronomo dilettante!” Ly ha riferito alla stampa, ma ha anche aggiunto che è, tuttavia, “solo un membro tipico” del gruppo Carme. Immagini: https://imgur.com/a/RW1UehA
Ly all'inizio di giugno ha iniziato a esaminare le immagini scattate nel febbraio 2003, quando Giove era in opposizione e le sue lune erano più luminose.
Inizialmente era designata temporaneamente EJc0061, sulle osservazioni del sondaggio dal 25 al 27 febbraio e sulle immagini scattate con il telescopio Subaru il 5 e 6 febbraio.
Ly aveva quindi informazioni sufficienti per tracciare l'orbita della luna sulle immagini del sondaggio dal 12 marzo al 30 aprile. "Da lì in poi, la qualità dell'orbita e delle effemeridi è stata abbastanza decente da permettermi di iniziare a cercare osservazioni oltre il 2003", afferma Ly. 
Hanno trovato la luna vicino alla sua posizione prevista nelle immagini successive dell'Osservatorio interamericano di Subaru, CFHT e Cerro Tololo scattate all'inizio del 2018. 
La debole luna varia da magnitudine +23,2 a +23,5.
Il risultato finale è stato un arco di 76 osservazioni in 15,26 anni (5.574 giorni), sufficienti per consentire a Ly di considerare la sua orbita ben protetta da decenni. I dati tracciano la luna, designata provvisoriamente S/2003 J 24 in attesa di pubblicazione, attraverso quasi otto orbite di 1,9 anni di Giove, afferma David Tholen (Università delle Hawaii), più che sufficienti per dimostrare che si tratta di una luna.
DATI:
Perigiovio 2021 Jan 19.320884 +/- 0.0161 TT =  7:42:04 (JD 2459233.820884)
Epoch 2021 Jul  5.0 TT = JDT 2459400.5 
M  86.48445599 +/- 0.008            (J2000 ecliptic)
n   0.51886797 +/- 1.24e-6        Peri.  169.25127 +/- 0.006
a   0.15102114 +/- 2.42e-7         Node   289.08642 +/- 0.0023
e   0.1681198 +/- 7.09e-6           Incl.  163.42428 +/- 0.0010
P   1.90/693.81giorni          H 16.4   G  0.15   U  3.8  
q = 0.12563148 +/- 9.75e-7    Q = 0.17641079 +/- 1.25e-6
Da 76 osservazioni dal 2003 Feb. 5 al 2018 May 12; mean residual 0".16

2003 Mar 12 Credit: B. J. Gladman/CFHT/CADC ).
__________________________________________________________

Il gruppo di Ananke:


Il gruppo di Ananke, le cui componenti orbitano da 19,3 a 22,7 milioni di km, hanno inclinazioni orbitali tra i 145,7° e 154,8° ed eccentricità tra 0,02 e 0,28. La maggior parte dei membri del gruppo appaiono grigi, e si ritiene che costituiscano i frammenti di un originario asteroide catturato da Giove. Solo gli otto membri principali (S/2003 J 16, Mneme, Euante, Ortosia, Arpalice, Prassidice, Tione, Telsinoe, Ananke e Giocasta) rispettano tutti i parametri, mentre i rimanenti otto corpi se ne discostano in parte. (n°24).
________________________________

Euporia
È il più interno dei satelliti di tale gruppo, a cui è stato assegnato anche se l'eccentricità se ne discosta: 0.0960-0.1432 per l'effetto Kozai. Venne scoperto nel dicembre 2001 e gli è stato assegnato il nome di una delle Ore, figlie di Zeus e Temi.
Euporia orbita con moto retrogrado intorno a Giove in 550,74 giorni, ad una distanza media di 19.304.000 km. Ha un'eccentricità di 0,1432 e un'inclinazione di 145,8°.
Considerando che abbia un'albedo di 0,04, similmente agli altri membri del gruppo, la sua magnitudine apparente di +23,1 ne fa dedurre un diametro di circa 2 km, che lo rende uno dei più piccoli membri del gruppo. La massa è di conseguenza stimata in circa 1,1 × 1013 kg.
Eufeme - S/2003 J 3
Scoperto nel febbraio 2003 anche lui è un presunto membro del gruppo, a causa dell'eccentricità pari a 0.1970; il suo periodo orbitale è di 583.88 giorni.
S/2003 J 3 sembra avere una dimensione di circa 2 km e una densità di 2,6 × 103 kg/m³. È presumibilmente composto di roccia silicea. Ha una bassa albedo di solo 0,04 (cioè riflette solo il 4% della radiazione incidente) e una magnitudine apparente pari a +23,4 che lo rende un oggetto molto poco luminoso.
S/2003 J 18
A causa del valore della sua eccentricità, che varia per l'effetto Kozai tra 0.0221-0.1570, è un elemento presunto del gruppo di Ananke; ha un periodo orbitale di 596.59 giorni ed è stato scoperto nel febbraio 2003.
Distanza 20,514 milioni km - Inclinazione 98° all'equatore di Giove - Dimensioni 2 km.
Telsinoe
Porta il nome di una delle Muse greche, figlia di Mnemosine e Zeus; è anch'esso un satellite che si presume facente parte di tale gruppo a causa dell'effetto Kozai a cui è soggetto (eccentricità variabile tra 0.2206 e 0.2685). Venne scoperto nel febbraio 2003 e ha un periodo orbitale di 297.607 giorni.
Distanza 20 454 000 km - Inclinazione 103° eq.Giove - Dimensioni 2 km circa.
Euante
Scoperto nel dicembre 2001, porta il nome della madre delle Grazie. Ha un periodo orbitale di 598.093 giorni a 20 465 000 km da Giove. E' soggetto all'effetto Kozai che ne fa variare eccentricità ed inclinazione periodicamente.
Dimensioni circa 3 km.
Elice
Scoperto nel febbraio 2003, nel 2005 gli è stato assegnato il nome della dea greca dell'Eliconia, o della ninfa nutrice di Zeus; ha un periodo orbitale di 601.42 giorni ed è un elemento potenziale di tale gruppo a causa della sua eccentricità, soggetta all'effetto Kozai: variabile tra 0.1375 e 0.1558.
Distanza 20 540 000 km da Giove - Dimensioni circa 4 km.
Ortosia
Porta il nome di una delle Ore, figlie di Temi e Zeus, è stata scoperta nel dicembre 2001, ha un periodo orbitale di 601.619 giorni. È un presunto elemento di tale gruppo in quanto la sua eccentricità varia tra 0.2433 e 0.2808 per l'effetto Kozai.
Distanza 21 164 000 km - Dimensioni circa un chilometro.
Giocasta
Scoperto nel novembre 2000 porta il nome della mitica moglie del re di Tebe Laio, madre e moglie di Edipo. Ruota attorno a Giove in 609.46 giorni, a 20 723 000 km da Giove.
Il satellite ha un diametro di circa 5 km e appare di un colore grigio (indici di colore B-V=0,63, R-V=0,36), simile a quello degli asteroidi di tipo C.
S/2003 J 16
è stato scoperto nel febbraio 2003 ed ha un periodo orbitale di 613.36 giorni.
Distanza 20 957 000 km - Eccentricità 0,2246 - Inclinazione 148,537° eq.Giove.
Dimensioni circa 2 km.
Prassidice
È il secondo per dimensione del gruppo, 7 km di diametro; orbita in 613.542 giorni e il suo nome deriva da "Prassidiche", nome che nella mitologia greca indicava la "la triade divina della giusta punizione".
Prassidice (ufficialmente Praxidike, dal greco Πραξιδίκη; anche nota come Giove XXVII) è un satellite naturale minore di Giove. È stato scoperto da una squadra di astronomi dell'Università delle Hawaii ed è stato inizialmente battezzato mediante la designazione provvisoria di S/2000 J 7.
Distanza 20 907 000 km - Eccentricità 0,2308 - Inclinazione 148,967° eq.Giove.
La magnitudo misurata nella banda W3 (NEOWISE), a +11,43 ± 0,28, è stata utilizzata insieme con un valore di irradiazione ipotizzato di 0,9 ± 0,2 per ricavare un diametro efficace di 7,0 ± 0,7 km. Utilizzando il valore H di +15,24 ± 0,03 da Grav et al. 2003 ) ricaviamo un albedo geometrico visibile del 2,9% ± 0,6%, un altro satellite irregolare di Giove con superficie scura.
Arpalice
Arpalice (Giove XXII) è un satellite naturale di Giove. Fu scoperto nel 2000 da un team di astronomi dell'Università delle Hawaii capeggiato da Scott S. Sheppard, e designato provvisoriamente S/2000 J 5.
Ha un diametro di circa 4,4 chilometri, e orbita attorno a Giove a una distanza di 20,858 milioni di chilometri in 623,31 giorni, con un'inclinazione di 149° rispetto all'eclittica (146° rispetto all'equatore di Giove), in direzione retrograda e con un'eccentricità di 0,2268.
La luna è stata battezzata come Arpalice, l'incestuosa figlia di Climeno, che alcune fonti riportano come amante di Zeus (Giove).
_________________________________

Ananke

È il satellite più grande del gruppo, 28 km di diametro; venne scoperto nel settembre 1951 all'Osservatorio di Mount Wilson, ma ha ricevuto il nome della figlia di Zeus e di Adrastea solo nel 1975, prima di tale data alle volte veniva chiamata Adrastea invece di Giove XII. Ha un periodo orbitale di 629.77 giorni, a 20 439 111 km da Giove con eccentricità di 0,3121491 ed inclinazione di 148,889° rispetto al piano equatoriale di Giove.
Ananke è un piccolo satellite irregolare. Supponendo che abbia un'albedo di 0,04, similmente ad altri satelliti di Giove, la sua magnitudine apparente di +18,7 porta a dedurre un diametro di 28 km.
Di conseguenza se ne deduce una massa di circa 3 × 1016 kg.
Lo spettro infrarosso di Ananke è simile a quello degli asteroidi di tipo P, con una possibile presenza d'acqua. Nello spettro visibile il satellite appare leggermente rosso con un indice di colore B-V=0,90 e R-V=0,38.
Da NEOWISE, Ananke è stato rilevato solo nelle due bande termiche, W3 e W4, con 15 misurazioni di flusso in ciascuna banda. Ciò ha consentito una soluzione di modello termico di 29,1 ± 0,6 km con un valore di irradiazione di 1,01 ± 0,03. 
L'albedo visibile geometrico mostra un'altra superficie scura con riflettività del 3,8% ± 0,6%. L'oggetto sembra avere una curva di luce rotazionale con una variazione da picco a picco di ~ 0,4 mag.

_______________________________________

Ermippe
Scoperto nel dicembre 2001, ha un periodo orbitale pari a 629.809 giorni e porta il nome di una delle amanti di Zeus.
Distanza 21 182 085 km - Eccentricità 0,2290 - Inclinazione 151° all'equatore gioviano.
Dimensioni circa 4km.

______________________________

Tione
Il personaggio mitologico da cui prende il nome era amante di Zeus e madre di Dioniso, ed era anche conosciuta come Semele. È stato scoperto nel dicembre 2001 ed ha un periodo orbitale di 627.21 giorni.
Distanza 20 939 000 km - Eccentricità 0,2286 - Inclinazione 148,509° eq.Giove .
Dimensioni circa 4 km.
Mneme
Porta il nome di una delle tre muse greche originarie; venne scoperto nel febbraio 2003 ed ha un periodo orbitale di 620,04 giorni.
Distanza 21 069 000 km - Eccentricità 0,2273 - Inclinazione 148,635° eq.Giove .
Dimensioni circa 2 km.
Filofrosine - S/2003 J 15
Scoperto nel febbraio 2003, ha un periodo orbitale di 689.77 giorni. Con il suo semiasse maggiore, 22.627 milioni di km, è un elemento che si presume faccia parte di questo gruppo.
Eccentricità 0,1910 - Inclinazione 146,501° all'equatore di Giove.
Dimensioni circa 2 km.
S/2010 J 2
Impiega 1,69 anni per completare la sua orbita attorno a Giove, la sua distanza media è di 21,01 milioni di km. S/2010 J 2 ha un diametro di circa 2 km.
È stato scoperto da Christian Veillet nel 2010.

Con S/2017 J 3 , S/2016 J 1 , S/2017 J 7 , S/2017 J 9 .
Giove LXIV, originariamente noto come S/2017 J 3, è un satellite naturale esterno di Giove. Fu scoperto da Scott S. Sheppard e dal suo team nel 2017, ma non annunciato fino al 17 luglio 2018 tramite una circolare elettronica dal Minor Planet Center. E' di circa 2 chilometri di diametro e orbita con un semiasse-maggiore di circa 20.694.000 km con un'inclinazione di circa 147,9 °. Appartiene al gruppo Ananke.
Giove LIV, originariamente noto come S/2016 J 1, è un satellite naturale esterno di Giove. È stato scoperto da Scott S. Sheppard nel 2016, ma non annunciato fino al 2 giugno 2017 tramite una circolare elettronica minore dal Minor Planet Center. E' di circa 1 chilometro di diametro e orbita con un semiasse-maggiore di circa 20.650.845 km con un'inclinazione di circa 139,8 °. Appartiene al gruppo Ananke.
Giove LXVIII, originariamente noto come S/2017 J 7, è un satellite naturale esterno di Giove. Fu scoperto da Scott S. Sheppard e dal suo team nel 2017, ma non annunciato fino al 17 luglio 2018 tramite una circolare elettronica dal Minor Planet Center. E' di circa 2 chilometri di diametro e orbita con un semiasse-maggiore di circa 20.627.000 km con un'inclinazione di circa 143,4 °.  Appartiene al gruppo Ananke.
Giove LXX, originariamente noto come S/2017 J 9, è un satellite naturale esterno di Giove. Fu scoperto da Scott S. Sheppard e dal suo team nel 2017, ma non annunciato fino al 17 luglio 2018 tramite una circolare elettronica dal Minor Planet Center. E' di circa 3 chilometri di diametro e orbita con un semiasse-maggiore di circa 21.487.000 km con un'inclinazione di circa 152,7 °. Appartiene al gruppo Ananke.

Annunciate a febbraio 2023:

S/2021 J 1 
È un piccolo satellite naturale esterno di Giove scoperto da Scott S. Sheppard il 12 agosto 2021, utilizzando il telescopio Magellan-Baade da 6,5 metri all'Osservatorio di Las Campanas, in Cile. È stato annunciato dal Minor Planet Center il 5 gennaio 2023, dopo che le osservazioni sono state raccolte in un arco di tempo sufficientemente lungo per confermare l'orbita del satellite. Fa parte del gruppo di Ananke, con un semiasse maggiore di 0,1381519 UA, un'eccentricità di 0,2460574 ed un'inclinazione di 149,75284° rispetto all'eclittica. Ha un diametro di circa 1 km, per una magnitudine assoluta (H) di +17,3, il che la rende una delle lune più piccole conosciute di Giove.

S/2021 J 2 
È un piccolo satellite naturale esterno di Giove scoperto da Scott S. Sheppard il 12 agosto 2021, utilizzando il telescopio Magellan-Baade da 6,5 metri all'Osservatorio di Las Campanas, in Cile . È stato annunciato dal Minor Planet Center il 19 gennaio 2023, Ha un semiasse maggiore di 0,1413164 UA, un'eccentricità di 0,3413342 ed un'inclinazione di 150,11397° rispetto all'eclittica. Ha un diametro di circa 1 km.

S/2021 J 3 
È un piccolo satellite naturale esterno di Giove scoperto da Scott S. Sheppard il 12 agosto 2021, utilizzando il telescopio Magellan-Baade di 6,5 metri all'Osservatorio di Las Campanas, in Cile . È stato annunciato dal Minor Planet Center il 19 gennaio 2023, dopo che le osservazioni sono state raccolte in un arco di tempo sufficientemente lungo per confermare l'orbita del satellite. Fa parte del gruppo di Ananke, un gruppo di lune irregolari retrograde di Giove che seguono orbite simili, con un semiasse maggiore di 0,1436897 UA, un'eccentricità di 0,3556841 e un'inclinazione di 150.10358° verso l'eclittica. 
Ha un diametro di circa 2 km con una magnitudine assoluta (H) di +17,2.
____________________________________________________________

Il gruppo di Pasifae:

Il gruppo di Pasifae appare invece piuttosto sparpagliato, le orbite di questi satelliti vanno da 22,8 a 24,1 milioni di km, inclinazioni orbitali comprese tra 144,5° e 158,3° ed eccentricità tra 0,25 e 0,43. Anche i colori dei membri variano significativamente, dal rosso al grigio, il che sarebbe il risultato di multiple collisioni tra asteroidi di differenti classi. Sinope, talvolta inclusa nel gruppo di Pasifae, è rosso e, data la sua marcata differenza in inclinazione rispetto agli altri membri della famiglia, si ritiene che sia stato catturato indipendentemente. Pasifae e Sinope sono inoltre vincolati in una risonanza secolare con Giove.
Data la sua evidente dispersione, potrebbe trattarsi di un antico gruppo di satelliti in fase di progressiva disgregazione, oppure di un semplice raggruppamento di corpi privi di un'origine comune. (n°18).

( In grafica il gruppo di Pasife e Sinope ).

S/2003 J 23
Scoperto nel febbraio 2003, mostra un periodo orbitale di 732.44 giorni.
E di circa 2 chilometri di diametro, e orbita da Giove a una distanza media di 23 563 000 km con un'inclinazione di 146,314° all'equatore di Giove, in direzione retrograda e con un'eccentricità di 0,2714.

( Immagine di S/2003 J 23 ).
___________________________________________________

Aede
Gli è stato assegnato il nome di una delle tre Muse greche originarie, figlie di Zeus e Mnemosine. Scoperta nel febbraio 2003 ha un periodo orbitale di 761.50 giorni.
Distanza 23 981 000 km - Eccentricità 0,4322 - Inclinazione 158.257° eq. Giove .
Dimensioni circa 4 km.
Euridome
Scoperto nel dicembre 2001 gli è stato dato il nome della madre della tolleranza, dea greca delle gioie della vita. Ha un periodo orbitale di 717.33 giorni.
Distanza 22 865 000 km - Eccentricità 0,2759 - Inclinazione 144,5°-158,3°
Dimensioni circa 3 km, e riflette solamente il 4% della luce solare che riceve. Probabilmente è composta di rocce di silicati.
Core
Gli è stato assegnato solo nel 2007, dopo 4 anni dalla scoperta, l'epiteto usato per indicare la figura di Persefone. Ruota attorno a Giove in 779.18 giorni.
Distanza 24 011 000 km - Eccentricità 0,3351 - Inclinazione 144,529° equatore Giove.
Dimensioni circa 1,7 km.
Cillene
Scoperto nel febbraio 2003 porta il nome di una Naiade, che avrebbe avuto da Pelasgo il re dell'Arcadia Licaone. Mostra un periodo orbitale di 751.94 giorni.
Distanza 23 951 000 km - Eccentricità 0,4116 - Inclinazione 150,123° equatore Giove.
Dimensioni circa 2 km.
S/2003 J 4
Mostra un periodo orbitale di 739.290 giorni ed è stato scoperto nel marzo 2003.
Distanza 23 571 000 km - Eccentricità 0,3003 - Inclinazione 149° eq. Giove -
Dimensioni circa 2 km.
Egemone
Scoperto nel 2003 porta il nome di una delle Grazie, figlie di Zeus, e ha un periodo orbitale di 739.60 giorni.
Distanza 23 947 000 km - Eccentricità 0,3276 - Inclinazione 155,214° eq. Giove .
Dimensioni circa 3 km.
_____________________________________

Pasife

Venne scoperto nel 1908 al Royal Greenwich Observatory, dall'astronomo britannico Philibert Jacques Melotte . L'analisi di lastre precedenti fece emergere la sua presenza già il 27 gennaio. Ricevette inizialmente la designazione provvisoria 1908 CJ in quanto non fu subito possibile accertare se si trattasse di un satellite gioviano oppure di un asteroide. Il riconoscimento infatti avvenne solo il 10 aprile e venne identificato come Giove VIII.  
E' il capogruppo di questa famiglia, a causa delle sue dimensioni, 58/60 km di diametro, ha un periodo orbitale di 743.63 giorni e gli è stato assegnato il nome della moglie di Minosse e madre del Minotauro.
La mancanza di emissioni infrarosse nello spettro elettromagnetico fa propendere per un'origine asteroidale del satellite. Si ritiene infatti che si tratti del frammento di un asteroide catturato dal pianeta assieme ad altri satelliti del gruppo di Parsifae.
Nello spettro visibile il satellite appare di colore grigio con indice di colore (B-V=0,74, R-V=0,38) simile agli asteroidi di tipo C.
I rilevamenti di Pasiphae sono stati raccolti solo in tre delle quattro bande WISE (W1, W3 e W4) durante la parte interamente criogenica della missione WISE . Altre osservazioni W1 sono state raccolte durante la fase post-criogenica. La modellazione termica di Pasifae ha prodotto un diametro effettivo di 57,5 ​​± 0,8 km, con un'albedo visibile geometrico del 4,4% ± 0,6%. Con le osservazioni W1 siamo riusciti a ricavare un albedo infrarosso del 6.7% ± 0.7% in quella banda. Lo spettro piatto relativo, assumendo uno spettro senza caratteristiche tra il visibile e l'infrarosso, conferma i risultati precedenti che l'oggetto è di tipo C. Pasiphae, come Elara, ha un valore di riflettanza basso di 0,76 ± 0,02, a indicare che si tratta di un altro corpo con una rugosità superficiale significativa. Pasifae non mostra alcuna variazione significativa nel flusso durante gli 1,2 giorni misurati dai rilevamenti WISE . Ciò conferma le osservazioni di Luu ( 1991 ), che ha anche osservato una variazione minima dell'ampiezza della curva di luce nelle loro osservazioni.

Orbita a 23 624 000 km da Giove, con un'eccentricità di 0,2953 ed un inclinazione di 151,431° rispetto all'eclittica.

___________________________________________________

Sinope

Venne scoperto al Lick Observatory nel 1914, ha un periodo orbitale di 758 giorni e gli è stato assegnato il nome di una delle figlie di Esopo solo nel 1975, prima era noto anche col nome di Aede.
Sinope ha un'orbita retrograda con alti valori di eccentricità e inclinazione. I valori sono però in continuo cambiamento a causa di perturbazioni solari e planetarie. Spesso si crede che il satellite appartenga al gruppo di Pasifae. Ma, data la sua inclinazione media e il suo colore, Sinope potrebbe anche essere un oggetto indipendente, catturato singolarmente, estraneo al gruppo.
Sinope ha un diametro stimato di 36/38 km, con una densità di 3,1×103 kg/m³.
Il satellite è rosso, differentemente da Pasifae che è grigio.
È molto probabilmente il più grande frammento di un progenitore che è stato spezzato e potrebbe aver creato anche J41 Aoede e S / 2003 J2, due satelliti irregolari di Giove che hanno orbite molto simili a quelle di Sinope. Poco si sa sulle proprietà fisiche di questa luna, ma misure fotometriche hanno mostrato che i suoi spettri erano diversi rispetto agli altri grandi satelliti irregolari di Giove . Ciò è stato confermato da Grav et al. 2003 ) e Grav & Holman ( 2004 ), che hanno dimostrato che Sinope è un oggetto di tipo D, con una pendenza spettrale molto più ripida rispetto agli altri satelliti irregolari "classici". Sinope è stato rilevato nelle tre bande WISE (W1, W3 e W4). La modellazione termica ha rivelato un corpo con un diametro effettivo di 35,0 ± 0,6 km, con un parametro di irradiazione di 0,82 ± 0,02. L'albedo visibile geometrico è risultato pari al 4,2% ± 0,6%, con un albedo W1 del 10,8% ± 1,2%.  Seguendo i risultati di Grav et al. 2012b ) questo indica che il Sinope è un oggetto di tipo D. Ciò è coerente con i risultati di Grav & Holman ( 2004 ), che ha dimostrato che Sinope aveva colori nel visibile e nel vicino infrarosso che mostravano una pendenza spettrale di tipo D. Sinope è un altro dei più grandi satelliti irregolari di Jovian con valori di bassa irradiazione di 0,82 ± 0,02, indicativo di bassa inerzia termica e di alcune rugosità superficiali. 
rilevamenti WISE mostrano una differenza di magnitudine di ~ 0,1 in entrambe le bande W3 e W4 per la durata delle osservazioni (~ 27 ore) e nei nostri dati non è evidente alcun periodo di rotazione. L'ampiezza della curva di luce bassa è coerente con i risultati riportati in Luu ( 1991 ), che ha dato il periodo di rotazione a 13,16 ore con un'ampiezza picco-picco di ~ 0,2 mag.
LINK: https://it.wikipedia.org/wiki/Sinope_(astronomia

___________________________________________________

Sponde
Porta il nome di una delle Ore, figlie di Zeus e di Temi; venne scoperta nel dicembre 2001 e mostra un periodo orbitale di 748.34 giorni.
Distanza 23 487 000 km - Eccentricità 0,3121 - Inclinazione 150,998° all'equatore di Giove.
Dimensioni 2 km.
Autonoe
Scoperto nel dicembre 2001 porta il nome della figlia di Cadmo e di Armonia; ha un periodo orbitale di 760.96 giorni.
Distanza 24 264 000 km - Eccentricità 0,369 - Inclinazione 129° Eq. Giove.
Dimensioni circa 4 km.
Calliroe
Porta il nome della figlia di Acheloo, moglie di Alcione; venne scoperto nell'ottobre 1999 all'interno del progetto Spacewatch che monitorizza gli asteroidi potenzialmente pericolosi e classificato come asteroide. Solo nel luglio 2000 si scoprì che orbitava attorno a Giove in 776.56 giorni.
È un satellite irregolare che si muove con direzione e moto retrogrado in una delle orbite più esterne di Giove, che lo porta ad una distanza media di 24 356 000 km. L'orbita ha un'inclinazione di 132° rispetto all'equatore gioviano, con un'eccentricità di 0,264 .
Il satellite fu probabilmente catturato molto tempo fa da un'orbita eliocentrica e l'attrazione gravitazionale solare rende tuttora la sua orbita molto erratica.
Ha un diametro stimato in circa 8,6 km e una magnitudine apparente di +20,7. Giove è 2,5 milioni di volte più brillante di Calliroe.
Con NEOWISE, sono stati fatti 10 rilevamenti di questo oggetto nella banda W3 e 8 nella banda W4, che ha consentito l'adattamento di un modello termico utilizzando il beaming come parametro libero. Il diametro effettivo è risultato di 9,6 ± 1,3 km, con un parametro di irradiazione di 0,85 ± 0,17. Con un valore H di 13,92 ± 0,02 da Grav et al. 2003 ), l'albedo visibile è risultato pari al 5,2% ± 1,6%.

__________________________________________________

Megaclite
Scoperto nel novembre 2000 porta il nome di una delle amanti di Zeus; ha un periodo orbitale di 792.67 giorni.
Distanza 24 687 000 km - Eccentricità 0,308 - Inclinazione 144° all'equatore gioviano.
Dimensioni circa 5,4 km.

____________________________________________________

S/2011 J 2 - Giove LVI
Orbita intorno a Giove con un semiasse maggiore di circa 23.329.710  km in circa 725,06 giorni, con un'eccentricità di 0,3867. L'orbita è retrograda con una inclinazione di circa 152°.
Dimensioni circa 500 m.

________________________________________

S/2016 J 1
Orbita intorno a Giove con un semiasse maggiore di circa 20 650 845  km in circa 602,7 giorni, con un'eccentricità di 0,141. L'orbita è retrograda con una inclinazione di circa 140°; di conseguenza, la luna si muove in direzione opposta alla rotazione del pianeta.

S/2017 J 1
Orbita intorno a Giove con un semiasse maggiore di circa 23.547.105  km in circa 734,2 giorni, con un'eccentricità di 0,397. L'orbita è retrograda con una inclinazione di circa 149°. 

Giove LXVII, originariamente noto come S/2017 J 6, è un satellite naturale esterno di Giove. Fu scoperto da Scott S. Sheppard e dal suo team nel 2017, ma non annunciato fino al 17 luglio 2018 tramite una circolare elettronica dal Minor Planet Center. E' di circa 2 chilometri di diametro e orbita con un semiasse-maggiore di circa 22.455.000 km con un'inclinazione di circa 155,2 °.  Appartiene al gruppo Pasiphae.

S/2016 J 4
È un piccolo satellite naturale esterno di Giove scoperto da Scott S. Sheppard il 9 marzo 2016, utilizzando il telescopio Magellan-Baade da 6,5 metri all'Osservatorio di Las Campanas, in Cile. È stato annunciato dal Minor Planet Center il 24 gennaio 2023, dopo che le osservazioni sono state raccolte in un arco di tempo sufficientemente lungo per confermare l'orbita del satellite. Fa parte del gruppo di Pasifae, un gruppo disperso di lontane lune irregolari retrograde di Giove che seguono orbite simili. Ha un semiasse maggiore di 0,1581850 UA (23.664.140 km) con un periodo di circa 2,04 anni (743,69 giorni), un'eccentricità di 0,1986458 ed un'inclinazione orbitale di 146,25507° rispetto all'eclittica. 
Ha un diametro di circa 1 km, con una magnitudine assoluta (H) di +17,3.
____________________________________________________________

Retrogradi senza famiglia:

S/2003 J 2 e S/2011 J 1 non fanno parte di nessuna famiglia conosciuta. (n°2)

S/2011 J 1
Orbita intorno a Giove con un semiasse maggiore di circa 20.155.290  km in circa 582 giorni, con un'eccentricità di 0,2963. L'orbita è retrograda, con una inclinazione di circa 162,83°; di conseguenza, la luna si muove in direzione opposta alla rotazione del pianeta.

S/2003 J 2
Con il semiasse maggiore di 29.541.000 km (e l'apoastro a 36 milioni di km di distanza dal pianeta) è il più esterno di tutti i satelliti noti di Giove, ma forse non l'ultimo in quanto la sfera di Hill, che delimita l'influenza gravitazionale di Giove, si estende fino a 52 milioni di km da esso. L'orbita mostra una eccentricità di 0.2255, una inclinazione rispetto a Giove di 152o e viene percorsa in 979 giorni terrestri (2,68 anni).
____________________________________________________________
____________________________________________________________

Satelliti temporanei:
Variazioni nella popolazione dei satelliti di Giove possono derivare dalla cattura temporanea di diversi corpi minori del sistema solare, che l'attrazione dalla grande massa del pianeta trasferisce su orbite zenocentriche; l'aggettivo temporanea può essere inteso sia su una scala temporale "astronomica", quindi dell'ordine del milione di anni o più, sia su scale temporali "umane", da alcuni mesi sino a qualche decennio.
In particolare, è stata individuata una classe di comete di corto periodo, indicate come comete quasi-Hilda o QHC, che attraversano periodicamente il sistema di Giove. In genere queste comete percorrono alcune rivoluzioni attorno al pianeta, permanendo in orbita attorno a Giove anche per una decina d'anni con orbite instabili poiché altamente ellittiche e perturbabili dalla gravità solare. Mentre alcune di esse recuperano infine un'orbita eliocentrica, altre precipitano sul pianeta o, più raramente, sui suoi satelliti. Tra i satelliti temporanei, noti anche come TSC (dall'inglese Temporary Satellite Capture), catturati nell'ultimo secolo si annoverano le comete 39P/Oterma, 82P/Gehrels, 111P/Helin-Roman-Crockett, 147P/Kushida-Muramatsu e P/1996 R2 (Lagerkvist) . Apparteneva probabilmente a questa classe anche la famosa D/1993 F2 (Shoemaker-Levy 9), che precipitò sul pianeta nel 1994.
____________________________________________________________
____________________________________________________________

LEGGI ANCHE:

LIBRO del SISTEMA SOLARE

APPROFONDIMENTI:

_____________________________________________________________


Nessun commento:

Posta un commento