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"… L'evasione fiscale, quella vera, si consuma in dogana. Mentre Finanza e Agenzia delle Entrate sono impegnate tutti i giorni a dare la caccia ai furbetti del Fisco, ai varchi doganali italiani, ogni anno, la Cina evade 30 miliardi di euro. Una frode colossale, che il paese asiatico porta avanti con un sistema ben collaudato: la sottofatturazione.
Ne aveva parlato anche tre anni fa il Quotidiano Libero. La Cina c'inchiappetta decine di miliardi di euro l'anno (LEGGI L'ARTICOLO DI di Rita Cavallaro del 08/03/2012). Con l'importazione delle merci cinesi, è di questo ordine di grandezza l'evasione di Iva e dazi doganali:
"… L'evasione fiscale, quella vera, si consuma in dogana. Mentre Finanza e Agenzia delle Entrate sono impegnate tutti i giorni a dare la caccia ai furbetti del Fisco, ai varchi doganali italiani, ogni anno, la Cina evade 30 miliardi di euro. Una frode colossale, che il paese asiatico porta avanti con un sistema ben collaudato: la sottofatturazione.
Attraverso false fatture e documenti artefatti all'origine, le aziende cinesi importano nel nostro Paese una marea di merci omettendo di dichiarare il reale valore dei prodotti, risparmiando così il 30 per cento circa dall'evasione del dazio e dell'Iva…. … chi tutti i giorni ha a che fare con i prodotti "made in China" sottofatturati di 3,5, 10 o addirittura 20 volte, il gigante asiatico froda all'Italia 30,2 miliardi di euro all'anno…
Esistono due tipologie: all'export, che consente di costituire plafond Iva, e all'import, la forma più pericolosa. Perché è all'atto dell'importazione che gonfiare le fatture determina i maggiori danni per l'economia italiana e genera tre fenomeni: la costituzione illecita di fondi all'estero attraverso l'esportazione di capitali, l'aumento fittizio dei costi industriali e il ricorso al licenziamento o all'utilizzo di ammortizzatori sociali. Dalle indagini è emerso che sono sempre di più le aziende italiane a mettere in atto la sovrafatturazione grazie a sodalizi con la criminalità cinese. Tutto inizia con la produzione di una fattura falsa all'estero. L'impresa nostrana costituisce una società in un paese extracomunitario che abbia un accordo di non doppia imposizione fiscale con l'Italia (ad esempio l'Albania). Vengono quindi create una società fiduciaria nel nostro territorio e una finanziaria in un Paese che garantista la riservatezza sui dati societari, come il Lussemburgo. Attraverso la fiduciaria, l'azienda italiana controlla la finanziaria e di conseguenza la società albanese. In questo modo può importare dalla Cina un prodotto con una fattura gonfiata, dichiarando alla dogana un prezzo maggiore ed evadendo Iva e dazio. Il container viene inviato in Albania e rientra in Italia con un costo maggiorato dopo la simulata lavorazione all'estero. Un fenomeno devastante per la nostra economia, che perde le imposte e si ritrova con sempre più disoccupati. Mentre la Cina "congela" i nostri soldi.
Avevamo un po' accennato all'argomento qualche tempo fa , in occasione del maxi-sequesto di merci pericolose all'interno del centro "Euroingro", nella zona industriale del "Macrolotto" (LEGGI).
Dopodiché concentriamoci un po'. Pensiamo a quello che intere schiere di politici contiunuano a propinarci come dato: "…In Italia abbiamo un peso dell'evasione che si attesta su cifre di 120-130 Miliardi di Euro a all'anno!...". Una relazione del presidente della Corte dei Conti presentata in audizione alla Commissione Finanze del Senato nell'ottobre 2012, trattava di una cifra introno ai 180 Miliardi di Euro (LEGGI).
Questo ci dà la misura della ridicolezza di quando ascoltiamo la solita solfa per cui "il nero", sarebbe quallo dell'idraulico che viene a cambiarci la guarnizione del rubinetto della cucina e ci prende 50-70 Euro, senza emettere regolare fattura…
La truffa delle merci cinesi, corrisponde al 15-25 % dell'intera evasione che in un anno avviene nell'intero paese. Poi a fare il resto ci pensa la nostra criminalità organizzata, la corruzione e via discorrendo…
Quanto all'articolo di Rita Cavallaro, decisamente ottimo, credo si sia da fare un piccolo appunto: la Cina non "congela" i nostri soldi, ma anche li reinveste e talvolta anche proprio qui. Questo comprando capannoni, case, appartamenti e fondi commerciali. Anche qui secondo schemi e modalità ben collaudate. Ovvero con l'accortezza di intestare tutto a connazionali privati che nel breve si renderanno irreperibili (Leggi altro articolo sull'argomento). Così, giusto per avere la certezza di non essere rintracciati presso un domicilio dove potrebbero arrivare cartelle esattoriali, multe, sanzioni, accertamenti… Tutti provvedimenti che vengono notificati presso indirizzi dove l'ufficiale o il postino, suona al campanello, bussa alla porta e non viene ad aprire nessuno… e così si ingigantisce in mare dei crediti inesigibili degli Enti e delle Amministrazione dello Stato e degli Enti Locali… Insomma, dani su danni..
Comunque sia, tutta questa premessa ci serve a commento della notizia/non-notizia del sequestro di tessuti importati di contrabbando dalla Cina a Montemurlo (LEGGI). Questo è infatto accaduto un paio di giorni fa, mercoledì 15 luglio, quando la Guardia di Finanza ha eseguito diverse perquisizioni nell'ambito di un procedimento penale aperto dalla Procura di Prato, scaturito da una verifica fiscale eseguita nei confronti di una società di Montemurlo. Le perqusizioni hanno portato alla messa sotto sequestro di oltre 800mila euro in contanti e oltre 400mila euro in assegni, più 2.700 rotoli di tessuto. In rotoli di tessuto e filati importata dalla Cina erano stipati all'interno di numerosi container, per esser venduta da questa società ad un'altra, sempre di Montemurlo, ma prima ancora di approdare in territorio comunitario.
Queste cessioni venivano fatturate senza l'applicazione dell'Iva in quanto prive tecnicamente del requisito di territorialità, sebbene le due società avessero sede nella stessa struttura industriale.
Controllando le 40 operazioni commercialmente più rilevanti della seconda società, sono emerse false fatture, che nel complesso portavano ad indicare un valore economico delle merci notevolmente inferiore. Riducendo dunque l'importo di quanto da versare all'erario, oltre a scontare un'imposizione più bassa, l'azienda riusciva a presentarsi sul mercato con prezzi concorrenziali rispetto a tutte le altre aziende che agivano nel rispetto dei propri obblighi fiscali.
Controllando le 40 operazioni commercialmente più rilevanti della seconda società, sono emerse false fatture, che nel complesso portavano ad indicare un valore economico delle merci notevolmente inferiore. Riducendo dunque l'importo di quanto da versare all'erario, oltre a scontare un'imposizione più bassa, l'azienda riusciva a presentarsi sul mercato con prezzi concorrenziali rispetto a tutte le altre aziende che agivano nel rispetto dei propri obblighi fiscali.
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