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BORGO A MOZZANO - Piano di Gioviano, SP2 Lodovica.

LETTORI SINGOLI

sabato 19 dicembre 2015

LA STORIA DI COREGLIA ANTELMINELLI E DELLE SUE FRAZIONI by Andreotti Roberto.

DOV'E' E COME CI SI ARRIVA:

Coreglia Antelminelli si trova in MediaValle del Serchio. Da Lucca, usciti dalla città si segue l'indicazione per Castelnuovo Garfagnana (sp2) o Bagni di Lucca (ss12 del Brennero). Percorsi circa 20 km in quella direzione si giunge a Borgo a Mozzano. Una volta a Borgo a Mozzano si deve continuare (se non lo siete già) alla sinistra del fiume Serchio sulla SP Lodovica e continuare in direzione nord. Dopo circa 6 chilometri si passa un ponte sulla destra (indicazioni Barga, Coreglia) e si svolta a sinistra sulla SR445. Si prosegue dritto per circa 4 chilometri fino a Piano di Coreglia, qua troviamo sulla destra un bivio con l'indicazione per Coreglia Antelminelli.

LA STORIA:

Non si sa poco o nulla del periodo dell'impero Romano, anche se di certo vi era un insediamento, di certo un abitato romano si trovava dove adesso sorge Ghivizzano, pare con il nome di Clavidianum da cui puo' essere traslitterato l'attuale nome.

I primi documenti sull'origine di Coreglia appartengono alla storia della chiesa e risalgono al sec. X°. Coreglia era allora una Villa della Pieve di Loppia quando il vescovo Gherardo cedette in enfiteusi le rendite dei suoi abitanti ad un progenitore dei Rolandinghi di nome Rodilando. Fin dall'inizio la storia di questa Comunità è legata alle sorti di Lucca e risente, in modo diretto, delle alterne vicende di quest'ultima dalla quale è attratta, per la sua soggezione alla Vicaria di S. Martino, non solo politicamente ed economicamente, ma anche spiritualmente.

Considerata, in epoca medievale, punto strategico, fu soggetta ad un lungo assedio, ad una feroce lotta tra Guelfi e l'esercito di Castruccio Castracani che evidenziò il genio e le doti militari di quest'ultimo. Unendo le sue qualità di condottiero a quelle di stratega, Castruccio costrinse i Guelfi alla resa, circondando il Castello con un esercito di mille fanti e quattrocento cavalieri, fatti venire appositamente da Lucca. Mostrò poi comprensione ed umanità nei confronti dei vinti non infierendo su di loro e permettendo al capitano di ritornare illeso nel suo territorio.

Dopo la morte di Castruccio Castracani (vicario imperiale) il re Giovanni di Bosnia, Signore di Lucca, affidò la Vicaria di Coreglia a Ciomacco Mugia ed a Sante Castracani, poi sostituito da Francesco Castracani degli Antelminelli che godette il Vicariato di Coreglia, facendosi anticipatamente chiamare Conte, durante le Signorie del re Giovanni dei Rossi e degli Scaligeri con i quali fu, in principio, molto amico.

Questo non si accontentò di un solo rapporto di vassallaggio e cospirò per diventare Signore a tutti gli effetti. A questo punto il Consiglio Generale stabilì di punire le sue esagerate ambizioni facendo espugnare i suoi castelli, e quelli dei suoi alleati, con una spedizione armata nel 1341.

Coreglia cadde allora in mano ai Fiorentini , a cui la ritolse Francesco Castracani nel 1352. L'8 maggio 1355, Francesco ottenne dall'imperatore Carlo IV° la desiderata trasformazione della Vicaria in Contea con diritto di trasmissione ai successori del titolo e del feudo, ma l'anno seguente fu ucciso da Valeriano ed Arrigo, figli di Castruccio Castracani. Gli succedette il figlio Niccolao che fu Signore fino al 1369, anno in cui Lucca restaurò le antiche Vicarie, e che se ne andò poi ad abitare nella città di Cagli.

Nella prima metà del XV° secolo il Castello di Coreglia passò in potere ai Fiorentini ed ancora alla Repubblica di Lucca dopo il trattato di pace del 28 aprile 1438. Col trascorrere del tempo Coreglia acquistava sempre maggiore importanza: già Vicaria dal 1272 diviene Contea fino al 1369 ed infine capoluogo di giurisdizione e di Comune nella Diocesi e Ducato di Lucca. Nel 1862 aggiunge il suo nome a quello degli Antelminelli, essendo stata per lungo tempo sede residenziale e di governo di questa importante famiglia.

Negli ultimi secoli non è più centro di lotte politiche o di armate scorribande fra contrastanti fazioni, ma luogo di pace, di meditazione e di lavoro. Inizia l'attività artigianale e l'emigrazione del figurinaio che diffonderà, in tutto il mondo, l'arte del gesso.

La Rocca di Coreglia Antelminelli è posta sulla porzione più elevata del contrafforte appenninico delimitato dalle ripide sponde dei torrenti Ania e Segone; ai piedi della fortificazione si sviluppa, secondo un andamento che segue la morfologia del terreno, il paese, cinto da mura delle quali si conservano le antiche porte. La posizione della rocca è altamente strategica, da qui si può facilmente controllare un´ampia porzione della valle, e, mediante segnali luminosi, collegarsi con la fortezza di Brancoli e quella di Motrone per inviare messaggi direttamente a Lucca.

Il circuito delle mura, grande a sufficienza per poter ospitare un considerevole numero di uomini e mezzi, appare integro ed in discreto stato di conservazione per tutto il perimetro, ma le trasformazioni del complesso avvenute nel passato con la conversione degli spazi ad uso civile, i terreni ad uso agricolo e in particolare l´abbassamento dell ´altezza delle mura, con l´eliminazione di parte dei parapetti e del camminamento di ronda, non ne hanno mutato l´immagine complessiva che conserva sempre i caratteri imponenti dell´antica fortificazione. Si rileva invece l´assenza della torre del mastio demolita nell´800 allo scopo di riutilizzare le pietre per lastricare le strade del paese. Il complesso, diventato proprietà privata, è oggi utilizzato come residenza e come terreno agricolo a servizio di questa.

Altre testimonianze storiche di rilievo sono la chiesa proto-romanica di S. Martino e quella romanica di S. Michele, dalla torre campanaria dell'XI° secolo. Per questi suoi significati storici, per la sua situazione geografica e climatica e soprattutto per la sua vocazione turistica Coreglia, diventa, nel XX° secolo apprezzata stazione di vacanza e di soggiorno estivo.

Coreglia fu anche, in epoca moderna, teatro della seconda guerra mondiale, in quanto la valle si trovava sulla famosa ''linea gotica'' ultimo baluardo dei tedeschi in Italia, il territorio vide dunque parecchi scontri tra Nazisti ed Alleati finche' la divisione ''buffalo'' non usci vittoriosa permettendo lo sfondamento e l'avanzata in pianura padana.

Coreglia vide un grande sviluppo manifatturiero negli anni '70 - '80 con le molte attivita' legate alle figurine di gesso , che ne fecero insieme a Bagni di Lucca un polo mondiale.

Attualmente il Comune vive una forte crisi economica, sia dovuta alle politiche nazionali , sia perche' gli ultimi amministratori che di sono succeduti dalla meta degli anni '90 non hanno fatto altro che peggiorare la gia' triste situazione economica, portando un fiorente comune con un alto tenore di vita ad essere un esempio di malagestione in tutta la provincia di Lucca.
Sotto questa malaugurata e ventennale gestione si e' visto solo un graduale impoverimento del territorio, senza che si proponessero politiche di sviluppo, ma solo traccheggiamenti atti a favorire una ristretta lobby locale.
Speriamo solamente in un futuro migliore.

L'INTEGRAZIONE di Sergio Grisanti:
Molti nomi di alcune località sono di origine Romana leggi "Mora" che providene da Morra ,ossia fermata ,cambio dei cavalli ,Subbieto (sotto la cinta muraria) ,Aiola (dove i primi raggi dell'aurora  illuminano la località ) , Pastini (dove si vede tramontare il sole ) , Ferchia ( ossia via di mezzo ,è  risaputo che i soldati Romani percorrevano le strade a mezza costa) , Gabbiola (casa di Gabbio) terra donata da un Imperatore Romano ad un suo soldato ecc ecc . Dopo aver fatto questo excursus perché non raccontare di coloro che vi hanno abitato come Oreste Antonini, colui che provava in anteprima le opere affidategli dall'amico Giacomo Puccini , al grande sculture Carlo Vanni che fu nominato Barone dall'Imperatore d'Austria avendo fatto gli stucchi della Reggia Reale di Vienna , frequentatori di Coreglia (che ha sempre goduto di un clima unico e meraviglioso) sono stati, tanto per fare alcuni nomi, il poeta Ungaretti ,uno dei massimi pittori del 900 Carrà , il giocatore del Torino poi diventato attore Raf Vallone , M. Valgimigli il più  Grande studioso di Greco non solo in Italia ,A. Mancini ,Custer de Nobili ecc ecc , fino ad arrivare ai giorni nostri e ricordare il cittadino onorario , il celebre pittore lucchese Possenti . Nel periodo estivo fino agli anni 70 la popolazione, grazie alla villeggiatura era in grado di quadriplicarsi erano presenti colonie di ragazzi e moltissimi villeggianti che usufruivano di ben 6 ristoranti e Alberghi (altre 3 trattorie erano presenti sulla montagna adiacente) , innumerevoli bar e "mescite" di vino ,vi erano presenti 3 negozi di verdura , 3 alimentare ,ferramenta , agraria , falegnamerie, diverse  fabbriche per la lavorazione del gesso . É presente sul territorio una RSA (che ha sostituito col tempo quello che era un valido Ospedale) , vi è  una  Farmacia,  un ufficio postale ,la Banca , la stazione dei Carabinieri ,il museo civico della figurina di gesso , un teatro ed è la sede del Comune , molti sono i gruppi attivi nel paese come la Misericordia i donatori di sangue , la filarmonica il gruppo alabardieri e la Polisportiva . Certamente Coreglia l'apice del suo successo come presenze l'ha avuto negli anni dal 60 al  70 poi è  avvenuto un lungo e inesorabile declino che è  giunto sino ai giorni nostri ,le attività commerciali e ristorative sono quasi assenti del tutto ed ben visibile lo "sfilacciamento" dell'ormai fragile tessuto sociale ed economico di una Coreglia che (purtroppo) fu , e che in parte ho avuto modo di poterla vivere con la serenità e  la ricchezza naturale ed economica che il mio Paese era in grado di offrire ai paesani e a coloro che ci onoravano del loro villeggiare .

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LA STORIA DI GHIVIZZANO, DA PIÙ DI DUEMILA ANNI......

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L'origine abitativa, della media valle del Serchio, risale ai tempi dei Liguri-Apuani, unici abitanti della Garfagnana, fino all'arrivo dei romani, che in quel tempo facevano base a Pisa, nel tentativo di sottometterli, i romani furono costretti a più spedizioni e solo nel 180 a.C. riuscirono a sconfiggerli, lo storico Tito Livio racconta, che per stroncarne la forte resistenza, i romani furono costretti a deportare l'intera popolazione, ne deportarono ben 47 mila. a Taurasi nel Sannio. Intorno al 177 a.C i romani, inviarono una colonia a occupare le nuove terre e a difesa del territorio conquistato, costruirono dei campi militari"Castra", in punti strategici, tra i quali Ghivizzano. Il nome Ghivizzano infatti deriva dal latino 'Clavis' cioè 'chiave' per la posizione strategica in cui si trovava. Quindi: Clavis Clavidianu, Glavezzano e poi Ghivizzano.

A causa della scarsa documentazione, non sappiamo quando venne costruita la prima fortificazione in muratura, il documento più antico ritrovato è del 983, quando il feudo della Pieve di Loppia (a cui apparteneva Ghivizzano), venne dato in affitto, dal Vescovo di Lucca Teudogrimo alla famiglia longobarda dei Ronaldinghi e dalla loro venuta, iniziamo a trovare dei documenti, che attestano l'esistenza di una rocca e di una torre, in muratura. La famiglia dei Rolandinghi, per vie ereditarie, fu sostituita in seguito, dalla famiglia dei Bizzarri e poi dagli Antelminelli, che per molti anni conservarono il dominio dell'area di Coreglia, non sempre pacificamente, dovendo difendersi spesso dagli assalti dei Fiorentini, sempre interessati al suo possesso. Nel 1272, tutta la zona passò sotto la giurisdizione di Lucca e Ghivizzano divenne uno dei 36 paesi che formarono la Vicaria di Coreglia.

Ai primi del 300, Castruccio Castracani degli Antelminelli divenuto signore di Lucca per difendere la Garfagnana, ristrutturò diverse fortificazioni, fra le quali la rocca di Ghivizzano. Ristrutturò l'intera rocca, compresa la torre e vi costruì accanto una caserma, denominata "la Casa del Capitano del Popolo", per ospitare la guarnigione, circa 40 soldati, cinse l'intero borgo con delle mura (lungo via Sossala ,cioè sub-sala, 'sotto la sala', possiamo ancora notare le feritoie per l'appostamento dei balestrieri ) e costruì un palazzo, le cui mura ospiteranno nei secoli personaggi illustri, come Francesco Castracane, Paolo Giunigi e Francesco Sforza, oggi dopo alcuni anni di abbandono e incuria, una parte del palazzo è stato acquistato e ristrutturato, dall'ultima discendente dei Buonvisi, antica famiglia nobile lucchese.

La Torre o 'Torre di Guardia', alta 25 metri, era coronata originariamente da otto merli, quello centrale di ogni lato oggi è scomparso. La torre, si erge su tre piani con finestre ad arco romanico, il piano terra, veniva adibito a magazzino e dimora per le guardie, non comunicante internamente con i piani superiori, al primo piano a zona giorno, vi era un camino, e il secondo piano a zona notte. Alla morte di Castruccio, nel castello subentrò un altro Antelminelli, Francesco Castracane, che prima di trasferirsi a Coreglia, vi abitò per alcuni anni, la moglie Giovanna nel 1336 e il figlio Filippo nel 1347, vi morirono, i loro corpi furono seppelliti nella chiesa della rocca.

Ai primi del 1400, il castello sotto la signoria di Paolo Giunigi, ebbe alcuni anni di pace, ma alla caduta del Giunigi, subì l'ultimo assedio e saccheggio della sua storia, ad opera di mercenari comandati da Niccolò Fortebracci , al soldo di Firenze. Alcuni anni dopo un altro condottiero Francesco Sforza si impossessò del castello, ma questa volta i Ghivizzani all'arrivo delle sue truppe senza opporre resistenza gli aprirono le porte. Con l'avvento delle armi da fuoco le difese vennero progressivamente smantellate e sul finire del 1500 Lucca, di nuovo padrona della fortezza, ritirò la guarnigione ed offrì in affitto la rocca a privati.

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LA STORIA DI PIANO DI COREGLIA , DAI BORGHI ANTICHI DI COLLE BERTINGO, MANCIANA E NESTRIGNANA

PIANO DI COREGLIA , LA SUA STORIA:

Piano di Coreglia, al visitatore che vi giunge, appare come un paese moderno in continua espansione urbanistica, dotato di un'area industriale e di un'area commerciale, ma in realtà il paese o meglio i tre piccoli agglomerati urbani fortificati, che hanno dato vita all'odierno paese, oggi conosciuti come Nestrignana (Villa di Cistrignana), Manciana e Colle (Colle Bertingo) sono antichissimi.

Villa di Cistrignana:
l'attuale centro storico (la chiesa parrocchiale e l'intera via di Nestrignana), era già conosciuta nel X secolo, il suo nome compare scritto, fra le "Terre" della Pieve di Loppia, la "Villa" era dotata di un castello, posto sul confine con le terre di Barga, di una dogana posta nell'odierna località "Dogana" e di un lebbrosario "Domus Infectorum de Strignano" ricordato fino al XIII secolo, con annessa una chiesa dedicata a San Lazzaro, l'attuale chiesa parrocchiale dei Santi.Lorenzo e.Lazzaro. Il castello, un avamposto delle difese di Coreglia, viene nominato per la prima volta in un documento, all'interno di due diplomi imperiali datati 1185 e 1242, che lo segnalano come castello importante della Garfagnana.

Manciana:
Di Manciana e del suo castello, molto probabilmente solo un casale fortificato, abbiamo scarse notizie documentate e alla fine del XIII secolo, insieme al castello di Villa di Cistrignana, scompaiono del tutto, forse era venuta meno la loro importanza strategica.

Colle Bertingo:
sorgeva tra le odierne località Colle e S.Lucia, il suo castello posto in un piccolo tratto pianeggiante, per alcuni secoli ricoprì un ruolo importante all'interno del sistema difensivo di Coreglia. Il castello di Coreglia, inespugnabile e ben nascosto tra le montagne, non era in grado di sapere in tempi brevi cosa succedeva nel fondovalle, perciò si affidò per diversi secoli a due fortificazioni, quasi sempre sotto la sua giurisdizione, "Colle Bertingo" e "Ghivizzano", ben visibili fra di loro e in grado di inviare segnalazioni al castello di Gromignana, la cui torre trovandosi dirimpetto alla rocca di Coreglia, poteva segnalarle tempestivamente un'eventuale pericolo, proveniente dai due versanti, destro e sinistro del rio Secco . Le prime notizie, documentate dell'esistenza di questa fortezza, risalgono al 1171, quando i lucchesi riuscirono a scacciare i pisani, che con una precedente incursione ne erano entrati in possesso, in seguito "Colle Bertingo", riappare menzionato insieme alla sua chiesa S.Lucia, all'interno del catalogo delle chiese della diocesi di Lucca, del 1260 e nel 1355 all'interno dell'elenco delle "Terre" della Contea di Coreglia, istituita da Carlo IV di Boemia a favore di Francesco Castracane "…..Vicariam insuper Corellie de Garfagnana, Diocesis Lucane, cum fortiliciis, castris, villis et locis ad eamden pertinentibus, videlicet Corilia, Gromignana, Roccha Pictorita, Licignana, Ghivizanum, Colle Berthinghi, Bori, Terulium, Viciana, Calavorna...." Il castello Di Colle Bertingo, venne distrutto completamente nel XV secolo, quasi sicuramente da Niccolò Fortebraccio, nipote del capitano di ventura Braccio da Montone, assoldato insieme ai suoi uomini (tra cavalieri e pedoni ben 600 soldati), per devastare il Contado di Lucca nel tentativo di indebolirla per poi muoverli guerra (il 28 febbraio 1430, i fiorentini con i suoi alleati misero Lucca sotto assedio).

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TEREGLIO
Antico castello medievale arroccato lungo la cresta di un colle della Val Fegana, posto a guardia di un antico sentiero di valico, utilizzato da sempre per il commercio con l'Emilia, deve la sua origine ad un primo insediamento ligure, come dimostra il ritrovamento avvenuto il secolo scorso di una necropoli ligure del III – II secolo a.C.  La documentazione scritta che attesti l'esistenza del borgo antecedente al mille è scarsa, la più antica pergamena che ne contiene il nome risale al 856, nella quale il Vescovo di Lucca Geremia conferma la concessione di alcuni beni "in loco Terelio", ai fratelli Domenico e Martino figli del fu Viliperto. Il 6 settembre del 983 il Vescovo Teudigrimo, allivellò una parte di alcuni beni appartenenti alla chiesa di S.Giulia e S.Giovanni Battista (Pieve del Plebato di Controne), al Visconte Fraolmi del fu Fraolmi, appartenente alla famiglia dei Corvaresi, che l'amministrarono, fino a quando nell'agosto del 1047 il Vescovo Giovanni II pose fine in quella zona al "Feudum Corvariensium", durante una sua visita a S.Gemignano di Controne, allivellò i beni dei Corvaresi ad altri personaggi non appartenenti alla famiglia, Tereglio venne concesso ad un certo Perizio e a Bonio del fu Bonio. Dopo il mille ai primi tentativi di espansione dei lucchesi in Garfagnana, nel tentativo di sottrarsi al loro dominio i signori feudatari del castello cercarono rifugio e protezione presso il Pontefice, rimanendo così invischiato nel successivo scontro fra chiesa e impero che imperversò in tutta la toscana. L'imperatore Federico II, per riconquistare le "Terre" garfagnine che si erano date a Papa Gregorio IX, nel 1240 inviò in Garfagnana alcune sue milizie spalleggiate dai lucchesi suoi alleati, sotto il comando del Marchese Oberto Pallavicino suo Vicario imperiale in Lunigiana, Tereglio come altri castelli furono costretti ad abbandonare la "Signoria Papale" di Gregorio IX e sottomettersi all'impero, in un atto del 4 settembre 1243 due consiglieri del comune di Tereglio, Arrigo da Tereglio del fu Morello e Guicciardo Alette, risultano versare al Pallavicino, come segno di vassallaggio un'imposta di 34 Lire e di 10 Soldi. Con la riappacificazione fra chiesa e impero, i lucchesi offrendo denari a Federico II ottennero la giurisdizione sulla Garfagnana e per amministrarla la suddivisero in Vicarie, il castello di Tereglio venne inserito nella Vicaria di Coreglia istituita nel 1272. Dopo la morte di Castruccio Castracani grande condottiero e signore di Lucca, avvenuta il 3 settembre 1328, Lucca e l'intero Contado si trovarono alla mercè del miglior offerente, pisani e fiorentini la fecero da padrone per alcuni anni, la situazione si stabilizzò con l'arrivo a Lucca dell'imperatore Carlo IV di Boemia, che dopo aver liberata la città dal giogo dell'antiche rivali e come esclamarono i lucchesi in quei giorni "ERA FINITA", l'8 maggio 1355 concesse la Vicaria di Coreglia a Francesco Castracane degli Antelminelli, erigendola a Contea, così Tereglio divenne una "Terra" della Contea di Coreglia trovando la pace per alcuni anni. Alla morte di Francesco, il castello dopo una serie di accordi rimase in mano ai suoi figli che il 26 giugno del 1371 lo cedettero di nuovo ai lucchesi dopo aver ricevuto un compenso di 1.100 fiorini d'oro. Ala fine del 1429 iniziò uno dei periodi più tristi di Tereglio, i fiorentini approfittando della debolezza di Paolo Giunigi sperando d'impadronirsi della città inviarono Niccolò Fortebraccia e le sue truppe alla sua conquista, penetrati in Garfagnana per isolare Lucca dai suoi alleati del Contado assaltarono e saccheggiarono tutti i castelli che incontravano sulla loro strada compiendo ruberie e atti di violenza che gli stessi fiorentini definirono ignobili, Tereglio dopo essersi arreso subì la stessa sorte, e dopo tre anni di dominio fiorentino, quando nel 1433 ritornò lucchese la Repubblica gli concesse degli "sgravi Fiscali"per i danni subiti in quel tempo. La libertà appena riconquistata durò poco, nel 1437 i lucchesi accolsero Niccolò Piccinino e le sue soldatesche inviate dal Visconti contro Firenze, ciò spinse i fiorentini a riprendere le armi contro Lucca dando il comando delle operazioni al capitano Francesco Sforza che invase il Contado prendendo tutte le Terre lucchesi Tereglio compreso, per ritrovare il borgo definitivamente sotto Lucca e finalmente in pace bisogna arrivare al 1441 quando lo Sforza ritornò a Milano .
Successivamente il paese, sotto Lucca, ha vissuto un periodo di pace che ha portato nel 1861 all'unita' d'Italia.
Pace interrotta dal passaggio della seconda guerra mondiale che ha visto l'occupazione delle truppe tedesche asserragliate sulla linea gotica, il dopo guerra ha visto spopolarsi il borgo a causa dell'emigrazione verso americhe ed Australia.

IL CASTELLO DI BORIO
Il villaggio di Arborio, volgarmente chiamato anche "Bori", sorgeva a poca distanza dal castello di Tereglio in Val Fegana, presso un antico sentiero di valico (reso rotabile nel XIX secolo dal Granduca di Toscana su richiesta della Duchessa di Lucca, Maria Luisa di Borbone l'infanta di Spagna). Le sue origini ci sono sconosciute, ma probabilmente si sviluppò intorno a un piccolo insediamento Ligure, tracce di alcuni dei loro insediamenti, sono state rinvenute nelle vicinanze nel secolo scorso (Necropoli di Tereglio e di Albereta), le prime tracce documentate del villaggio, compaiono in un elenco delle chiese appartenenti alla Pieve di Loppia del X secolo (nel quale viene citato erroneamente "Burra" e "Buria"), la sua chiesa parrocchiale intitolata a S.Martino, la ritroviamo anche all'interno di un altro elenco, quello degli estimi delle chiese della diocesi di Lucca datato 1260, dove gli viene attribuita una rendita di 38 Lire, che nel catalogo del 1387 redatto dal Bongi (Inventario del R.Archivio di Stato in Lucca) scenderà a 5 soldi (in quel periodo il villaggio non esisteva più e la rendita era stata incorporata a quella della chiesa di Tereglio). La data e il motivo della sua distruzione non ci è nota, ma la possiamo collocare verso la fine del XIV secolo, nel 1355 il borgo compare fra le Terre della Contea di Coreglia, istituita l'8 maggio da Carlo IV di Boemia in favore di Francesco Castracane (questa è l'ultima prova scritta della sua esistenza). Nel 1385 il Vescovo di Lucca, istituì a Tereglio il Rettorato dei SS.Maria e Martino a conferma dell'avvenuta distruzione del Paese e in seguito alla sua scomparsa, la popolazione di Borio si trasferì a Tereglio, andando a formare un nuovo borgo "Bolla" presso la chiesa parrocchiale, venendo poi inglobato all'interno delle mura castellane. Palazzo di Posta a Campo Buriano La costruzione del palazzo, da adibire a locanda e posta venne decisa dalla Duchessa Maria Luisa Infanta di Spagna (l'ex Regina d'Etruria), durante una sua ispezione effettuata il 12 maggio 1822 ,al cantiere della via rotabile Tereglio-Foce a Giovo, il progetto realizzato dall' Ingegner Marracci, fu presentato e approvato nel luglio del 1822 e il 3 agosto la Duchessa ne decretò l'inizio dei lavori, incaricando per la sua realizzazione Pietro Grotta da Lucca, concedendoli un anno di tempo. I lavori nonostante la premura di Maria Luisa, iniziarono in ritardo (1823) e proseguirono lentamente, il 13 marzo 1824 Maria Luisa morì a Roma, mentre era di ritorno da un soggiorno a Napoli, dove si era recata per curarsi, a lei succedette il figlio Carlo Lodovico, che il 3 febbraio 1825 ordinò la sospensione dei lavori. Dopo alcuni anni dall'interruzione e la liquidazione dei creditori Carlo Lodovico, decise di ultimare il palazzo per utilizzarlo come locanda e dogana (diversamente dalla madre locanda e posta), il Marracci il 12 dicembre 1825, inviò il preventivo dei nuovi lavori al Commissario delle acque e strade, che quasi un anno dopo, autorizzò il suo completamento riducendo al minimo le spese, alla fine dei lavori il palazzo dalla Duchessa venne cosi suddiviso: l'area adibita a dogana comprese 9 stanze, utilizzate come uffici e appartamenti per il doganiere e la guardia, mentre all'area adibita a locanda vennero assegnate 8 camere, una sala, 2 camere per i meno abbienti, una stanza per la cucina e il vitto e una cantina.

LA CHIESA DI S.Maria Assunta
All'interno della chiesa di Santa Maria Assunta, è presente uno splendido crocefisso ligneo, di Barone Berlinghieri (XIII sec.), l'immagine è dipinta a tempera, su una tela incollata sopra una tavola di legno. Anticamente questa croce, era nella chiesa di S.Martino, ubicata all'interno del castello di Bori (vicino Tereglio), ma in seguito alla distruzione del castello, avvenuta verso la fine del XIV sec., venne trasferita nella chiesa parrocchiale di Tereglio. Sul dipinto è raffigurato il Cristo, con ai lati due angeli, che sovrastano due scene della passione, la cattura e Maria al sepolcro. Oltre la croce, la chiesa ospita una tavola in legno, raffigurante l'Annunciazione, risalente al secolo XIV e una tela del XVII , dipinta dal lucchese Pietro Paolini, di pregevole bellezza e il soffitto a cassettoni..

IL ''FORTINO''
All'ingresso del paese, troviamo una porta del vecchio castello ( il Fortino), la porta era estremamente fortificata, una serie di feritoie la rendevano inviolabile, 5 erano poste sopra la porta, DUE erano disposte ai suoi lati e altre FERITOIE erano collocate lungo le mura, a poche decine di metri dalla porta, da queste ultime i difensori, potevano controllare la stretta strada d'accesso al castello, che correva sotto le mura.

LA VIA DUCALE
La Duchessa di Lucca Maria Luisa Borbone, l'ex Regina d'Etruria il 6 settembre 1819 da Bagni di Lucca, ordinò la costruzione di una via rotabile in grado di collegare le sue terre con il Ducato di Modena, valicando l'Appennino attraverso la Foce a Giovo La Duchessa con questa nuova via commerciale, in grado di unire Livorno e i porti lungo la costa Tirrenica con il nord d'Italia, molto più corta di quella usata abitualmente in quei giorni (la Pistoia- Modena attraverso il passo dell'Abetone), sperava di trarne dei buoni profitti, ma fin dai primi giorni del suo progetto venne ostacolata dal Granduca di Toscana e dal Duca di Modena, quest'ultimo poco convinto della sua utilità e per paura di inimicarsi il Granduca di Toscana, che la giudicava una pericolosa concorrente per la Pistoia-Modena molto redditizia per lui, la sabotò non assecondando i disegni di Maria Luisa rendendola cosi poco comoda e sicura nel tratto di strada di sua competenza, che partendo da Foce a Giovo raggiungeva Ponte Picchiasassi, per poi innestarsi nella Pistoia-Modena. Nonostante queste difficoltà Maria Luisa, portò avanti il progetto affidando la sua realizzazione all'Ingegnere Giacomo Marracci (con il Marracci collaborò anche un tereglino l'ingegner Lorenzo Barsotti), i lavori iniziarono il 1 ottobre 1819 e terminarono il 30 settembre 1824, la Duchessa visitò il cantiere più di una volta, il primo sopralluogo avvenne l'8 maggio 1820, Maria Luisa e il suo seguito vennero ospitati in due padiglioni appositamente costruiti, in località Campo Buriano (presso Tereglio), quel giorno dopo aver fatto colazione si recò in visita a Tereglio, assistendo prima di rientrare a Marlia, alla benedizione del SS.Sacramento all'interno della chiesa parrocchiale di S.Maria Assunta, il 12 ottobre 1820, compì il secondo sopralluogo arrivando fino all'Ospedaletto (località dove oggi sorge il rifugio Casentini) e due anni dopo il 12 maggio, fece ritorno a Campo Buriano, dove ordinò la costruzione di una locanda adibita anche a posta. Prima della fine dei lavori per "reclamizzare" e "lanciare" la sua strada, il 23 luglio del 1823 da Bagni di Lucca con un decreto istituì a Campo Buriano una grande fiera annuale.
Oggi lasciata all'incuria con frane e degrado in ogni punto, triste testimonianza e' lo stabile a rischio crollo della Dogana di Tereglio, lasciata in completa decadenza dalla menefreghistica amministrazione comunale, degrado iniziato con il sindaco Remaschi e proseguita con Funai e oggi Amadei, che nulla hanno fatto per questo bene storico e per valorizzare Tereglio che sarebbe un borgo dall'alta vocazione turistica.

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VITIANA:
Vitiana è un paese di montagna che si trova in Toscana più precisamente in provincia di Lucca ai piedi del monte Giovo. Le cose fondamentali di Vitiana sono, la tranquillità il verde e luoghi ancora incontaminati. Dati sul luogo: temperatura mite livello sul mare 480 metri, 10 km da centri commerciali e 50 km dal mare di Viareggio e Lido di Camaiore.

LA STORIA DI VITIANA:
Le più antiche menzioni della comunità di Vitiana, sono presenti su diversi documenti del sec. XVI conservati all'Archivio di Stato e all'Archivio Arcivescovile di Lucca considerabili, in più casi, come copie di un apparato archiviale che, venuto a comporsi dal 1172 fino al 1550, delineano la storia di Vitiana nel più ampio contesto della Vicarìa di Coreglia.
Di questo borgo, arroccato su una collina sulla riva destra del torrente Fegana, abbiamo poche notizie, la documentazione riguardante questo paese, nel corso dei secoli è andata perduta o distrutta, il suo nome compare per la prima volta, in un documento del 18 giugno 994, nel quale il vescovo di Lucca Gherardo, allivellò dei beni della Pieve di Loppia ( Coreglia, Vitiana ….), a Rodinaldo del fu Giovanni (appartenente alla famiglia longobarda dei Ronaldinghi). L'antico castello di Vitiana, insieme al castello di Tereglio (ubicato poco più in alto), era posto a guardia di un'antica strada di valico, che passando dalle pendici del monte Rondinaio conduceva in Emilia, via che tra il 1819 e il 1824, venne resa rotabile dalla Duchessa di Lucca, Maria Luisa di Borbone (L'Infanta di Spagna) e da Francesco IV Duca di Modena. A riguardo, esistono alcune leggende popolari, una racconta, che la strada fu realizzata dalla Duchessa solo per incontrare il suo amante, in un'altra invece, viene descritto l'incontro della Duchessa con il Duca, suo promesso sposo, dove Maria Luisa visti i capelli bianchi di Francesco IV disse "Duca ai monti nevica?" e il Duca piuttosto risentito rispose " Se ai monti nevica è bene che le vacche tornino ai piani". Vitiana, dopo esser stato feudo dei Ronaldinghi, nel 1272 venne inserito dai lucchesi sotto la giurisdizione della Vicaria di Coreglia e da allora seguì le sorti della stessa Coreglia nel bene e nel male. Un'altra traccia del paese, la ritroviamo in un documento del 1668, dove la famiglia Alessi di Vitiana, viene indicata come beneficiaria dell'antico ospedale (XII sec.) di S.Regolo di Montefegatesi. Purtroppo abbiamo poche notizie anche della chiesa Parrocchiale dedicata a S.Silvestro, in un documento del 1832 la chiesa risulta avere 368 abitanti e incisa su una delle tre campane compare la data 1441 e il nome del santo Patrono "SANCTI SILVESTRI DE VITIANA MCCCCI".
Gli interessi del Comune di Lucca sui territori del medio e basso corso del Serchio sono evidenti sin dalla metà del sec. XIII, dato che in un documento del 1272 compare già la notizia della istituzione di una Vicarìa presso Coreglia che dovette ben presto ampliare la propria giurisdizione se nello Statuto di Lucca del 1308 ben trentasei Comunità, fra cui Vitiana, appaiono afferenti alla amministrazione di Vicaria con sede a Coreglia. Confuse, e in parte oscure, rimangono le vicende che si susseguono nei territori di lucchesia e media Garfargnana nel corso della reggenza di Castruccio Castracani (1281 — 1328), che, proclamato da Federico III fin dal 1320 vicario imperiale per le aree di Lucca, Valdinievole e Lunigiana, fu strenuo difensore del partito ghibellino e oppositore della guelfa Firenze, di cui sconfisse le truppe che avevano occupato il castello di Altopascio spingendosi, in quella occasione, fin sotto le mura della città (1325) che fu costretta a chiedere protezione e a darsi in signoria a Roberto d'Angiò re di Napoli. Alla improvvisa morte di Castruccio (1328), da alcuni considerata sospetta, si dovette aprire un breve periodo di parziale instabilità ed i pochi documenti archiviali di quelle fasi registrano, comunque, la permanenza della giurisdizione di Coreglia affidata al vicario Salvaggio de' Mordecastelli (1330 —1333). Nella primavera del 1333 Carlo di Boemia concesse il titolo, prima, a Santi Castracani degli Antelminelli per trasferirlo poi, a causa della forte opposizione del collegio degli Anziani di Lucca, nell'ottobre del medesimo anno a Francesco Castracani degli Antelminelli unendovi anche il territorio di Ghivizzano. Francesco mantenne la reggenza anche nel corso della fase di occupazione scaligera della lucchesia, anche se la sua palese opposizione e l'alleanza con Pisa gli valsero l'assedio di Coreglia ed un sostanziale restringimento delle competenze territoriali susseguita agli accordi fra Giovanni Visconti e Firenze (pace di Sarzana del 1353). Con il diploma imperiale dell' 8 maggio 1355, emesso da Carlo IV, Francesco Castracani otterrà la piena titolarità feudataria della Vicarìa, con annessa contea, ma di essa ben breve fu il godimento dato che l'anno successivo venne ucciso dai figli di Castruccio. Per tredici anni, comunque, il feudo rimase nelle mani dei discendenti di Francesco fin quando (1369) il Comune di Lucca nominò un nuovo Vicario che, per motivi di opportunità e di più veloce comunicazione, stabilì la propria sede a Borgo a Mozzano anziché a Coreglia. Più volte, nei due secoli successivi, la Comunità di Coreglia protestò con il Consiglio Generale della Repubblica affinché si procedesse alla nomina di un Commissiario che avesse l'obbligo di risiedere nell'antico Castello, ma solo nel 1562 tale richiesta venne esaudita: da quell'anno il Castello tornò sede di uno speciale commissariato con funzioni di controllo ed esercizio giuridico, civile e penale, sulle comunità di Coreglia, Ghivizzano, Lucignana, Tereglio e Vitiana; si venne così a formare una nuova sede amministrativa, distaccata dalla Vicarìa di Borgo a Mozzano, cui nel 1581 si aggiunse anche la comunità di Pian di Coreglia. Purtroppo ben pochi sono i documenti fino ad oggi pervenuti e conservati circa l'amministrazione circondariale di Coreglia nei secoli XVI — XVIII, la cui perdita è probabilmente da farsi risalire alle trasformazioni giuridiche ed istituzionali imposte, prima, dalla signoria dei Baciocchi, poi dal nuovo impianto amministrativo della fase napoleonica sicché se da una parte "le carte delle Comunità che cessarono di aver vita e governo autonomo avrebbero dovuto concentrarsi presso le cancellerie di quelle che rimanevano o si ingrandivano" dall'altra si può supporre che "ciò non sempre fu fatto, e si determinarono così innumerevoli ed irreparabili perdite documentarie". Per altro le documentazioni relative alla Vicaria, per quanto era di più stretta competenza della amministrazione governativa di Lucca in merito alla giurisdizione civile e penale, sono conservate, pur incomplete, nel fondo dell'Archivio di Stato di Lucca. Un documento del 1374 fornisce comunque una vivida immagine di come le Comunità facenti capo alla antica Vicarìa di Coreglia intendessero fornirsi di un più efficace Statuto che fosse garante e rappresentativo delle esigenze giuridiche, civili, penali, sociali e censuarie necessarie alla vita comunitaria e sociale di una popolazione che si era evidentemente andata ampliando e diffondendo in più agglomerati lungo la bassa valle del Serchio. Il 28 febbraio di quell'anno il notaro ser Lorenzo da Barga redigeva, in atto notarile, il verbale di una specifica riunione indetta nella piazza comunale dai tre Capitani al fine di "providere, statuere, ordinare et reformare circha faciendo et ordinando statuta et ordinamenta dicti Communis". In quel consesso, cui è probabile ma non accertato che partecipassero anche rappresentanti delle Comunità soggette, venne nominata una Commissione di nove delegati che ricevettero l'incarico di formulare e redigere un nuovo Statuto. Di esso, come delle giurisdizioni amministrative successive, fra XIV e XVI secolo, si sono venuti purtroppo perdendo le documentazioni, tanto che il più antico testo conservato della Comunità di Coreglia è quello del 1571, così come gli Statuti delle Comunità soggette che si riferiscono alle stesure redatte a partire dalla seconda metà del sec. XVI.

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CALAVORNO:

NEL MEDIOEVO:
"L'anno di 1171 Luccha prese Ghivizzano e arse Chalavorno del mese di gennaio". Questa la prima notizia del paese, che il cronachista Giovanni Seracambi riferisce quando descrive la penetrazione lucchese in Val di Serchio. Il castello e la borgata di Calavorno, costruiti quasi a picco sul Serchio sotto la strada di Vitiana, preesistevano a quella data con la chiesa di san Nicola. La loro importanza era accresciuta dalla presenza sul fondovalle di un ponte che aveva, lungo la sinistra del fiume, un ospedale per viandanti intitolato a San Leonardo. Detto ospedale rimarrà nel luogo d'origine fino al 1564, quando ne venne costruito uno più grande, oltre la Dezza, in territorio di Ghivizzano.
IL PONTE:
Il ponte invece ebbe nel 1376 una prima ricostruzione finanziata dalle comunità di Coreglia, Ghivizzano, Tereglio, Vitiana, Lucignana, Gioviano, Terzone e dal Consiglio Generale della Repubblica di Lucca. Subì poi rafforzamenti e modifiche negli anni 1557, 1657, 1690 e 1733. A due arcate, una grandissima, l'altra minore, fu soggetto a radicali modifiche poco prima dell'ultima guerra. Fatto saltare dalle truppe tedesche in ritirata e sostituito da un ponte militare in ferro da quelle americane, ebbe la sua ennesima ricostruzione non più nel solito luogo, ma a poche decine di metri di distanza, verso la chiesa.
CAPANNE DI VITIANA:
Nel 1816 il paese di Calavorno veniva chiamato "Capanne di Vitiana" ,per indicare il luogo in cui il paese di montagna ( Vitiana) allevava il bestiame che trovava qui il suo sostentamento.Le donne del paese, anche se belle, vestivano in maniera molto rustica con scarponi grossolani, calzettoni di lana e vesti scure, lunghe, che le facevano apparire molto più vecchie di quello che in effetti erano.Molti erano i componenti delle famiglie i quali si riunivano ogni sera e, a lume di candela o petrolio, filavano la canapa o la lana, con cui venivano tessuti i vari capi di vestiario. Le famiglie erano molto unite e i giovani erano piuttosto gelosi se da altri paesi venivano a corteggiare le loro donne. Dalle Capanne di Vitiana deriva Calavorno, un bel paesino dove la gente era unita e felice. Le persone anziane venivano seguite e aiutate anche dai giovani ed erano sempre molto apprezzate. Vitiana aveva anche il dottore :Edoardo Stefanutti che era anche pittore ( in qualche casa di Calavorno ci sono ancora i suoi quadri). Venne poi trasferito a Calavorno dove viveva co la mamma e la moglie Lisetta. Gli stefanutti discendevano da una famiglia nobile e tutti ricorderanno quanto il Dottore era gentile con il povero ( i ricchi a quei tempi erano pochi) si parla degli anni 1934-1940. Un altro personaggio importante era il parroco residente a Vitiana Don Pedemonte, il quale scendeva e risaliva a piedi da Vitiana a Calavorno per celebrare le sacre funzioni. Era un uomo colto, amante della musica. Ogni anno veniva da tutti noi per benedire le nostre case che in questa occasione erano preparate nella maniera più decente e accogliente. Veniva con i chierichetti che portavano un paniere dove la gente che li ricompensava metteva delle uova. A sera tornati a Vitiana, Don Pedemonte e i suoi chierichetti cenavano facendo con le uova una grossa frittata. Fu Capanne di Vitiana fino ai primi del secolo, Calavorno riprese l'antico nome quando la via provinciale e la stazione ferroviaria trasformarono i casolari cresciuti intorno al ponticello della Suricchiana in un centro di comunicazioni di vivace impegno commerciale fino agli anni '90 , ai nostri giorni invece il paese ha visto la chiusura di molti negozi ed attivita', nonche' la dismissione dell'ufficio postale che una politica basata solo sul profitto non ha tutelato quelli che sono servizi che bisogna considerare necessari.
STAZIONE E PASSAGGIO A LIVELLO:
La stazione di Calavorno è una fermata ferroviaria dismessa posta sulla ferrovia Lucca-Aulla a servizio dell'omonima cittadina.
Simbolo del paese e' divenuto il passaggio a livello che divide spesso in due la frazione.
Da molti anni la fermata risulta impresenziata insieme ad altri 25 impianti situati sulla linea . Venne poi dismessa pochi anni dopo il 2000, ed i treni non vi fermano piu'. La fermata disponeva di un fabbricato viaggiatori, di un fabbricato per i servizi igienici e di una lunga e ampia banchina che serviva l'unico binario di corsa. A destra dell'ex fabbricato passeggeri era presente un ampio giardino in stile novecentesco con delle panchine e una piccola fontana, non più funzionante. Adesso lo stabile e' in completa rovina, testimonianza ne e' il crollo di una parte del tetto che presto ridurra' la struttura a rudere pericolante, nulla e' stato fatto per conservare la struttura e farne invece un polo centrale per i servizi della frazione.

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LA STORIA DEL PAESE DI LUCIGNANA E DEL ROMITORIO DI S.ANSANO.
Andreotti Roberto

LUCIGNANA, LA STORIA:
purtroppo come è successo in altri paesi, i documenti nel corso dei secoli, sono andati persi o distrutti, possiamo solo collegare la sua storia con quella di alcuni castelli vicini. I Liguri-Apuani, furono i primi ad abitare quelle impervie montagne e alla loro deportazione a Taurasi nel Sennio. Intorno al 177 a.C, ad opera dei romani, vennero sostituiti da colonie romane o da semplici coloni, che per difendere le loro terre, costruirono dei casali fortificati, intorno ai quali nel corso dei secoli vennero edificate altre case e di conseguenza una chiesa, dando cosi origine a molti degli attuali paesi. Nel X secolo, il borgo faceva parte del feudo dei Ronaldinghi, potente famiglia Longobarda che ottennero in allivellamento, la Pievere di Loppia, i Ronaldinghi, a cui succedettero per effetto di eredità i Bizzarri, rafforzarono le varie fortificazioni in loro possesso, potenziando le loro difese costruendo dei castelli in muratura, Lucignana fu uno di questi, nella parte in alto del paese, è sempre visibile la porta d'ingresso della roccaforte. Tracce di questo minuscolo potentato sono ancora visibili nella parte alta del paese, dove si può ammirare la suggestiva porta che faceva capo alla rocca, e il palazzo cinquecentesco dove la comunità teneva le sue riunioni. Interessanti sono a Lucignana certe pietre di case, ricche di fregi e di incisioni, provenienti forse dalle antiche dimore dei Bizzarri, e la chiesa parrocchiale del XII secolo che, pur trasformata nel tempo, rivela le primitive strutture romaniche sul lato prospiciente alla strada. Nel XII secolo, Lucca iniziò a espandere il suo dominio nella valle del Serchio e dopo una serie di piccoli conflitti, con alcuni castelli della Garfagnana, sobillati e aiutati dalle città nemiche di Lucca, i lucchesi riuscirono con le armi e con i denari ad assoggettare le terre dei Ronaldinghi e Lucignana nel 1272 entrò a far parte della Vicaria di Coreglia, legando per sempre il suo destino alle sorti di Coreglia suo attuale capoluogo La chiesa parrocchiale, dedicata a S.Stefano del XII secolo, nonostante nel corso dei secoli abbia subito varie ristrutturazioni, in alcune parti conserva si conserva integra. Da visitare Il romitorio di S.Ansano e L'intero borgo che conserva la sua struttura medievale .

ROMITORIO DI S.ANSANO :
Su un colle, poco distante da Lucignana, immerso in un bosco di lecci (quercum ilex), sorge il Romitorio di S.Ansano, antica chiesa la cui origine, per la mancanza di documenti, ci è sconosciuta, già esistente nel 1000, all'inizio era conosciuta con il nome "Lexie" e in seguito "Rocca Pettorita", per la rocca di segnalazione che vi fu edificata nei pressi e che in epoca medievale venne abbandonata o distrutta.

La piccola chiesa, di orine romanica, intorno al XII secolo venne trasformata in oratorio e gli fu aggiunto il portico, nel XIV secolo, la sua canonica venne adibita a Romitorio, ospitando un eremita custode della chiesa e del terreno annesso.

Oggi la chiesa e quasi sempre chiusa, ma il luogo ( il panorama è unico) e soprattutto i due sentieri, che permettono di raggiungerla ( rispettivamente 10 e 20 minuti di camminata), ricavati fra i cespugli di leccio nel periodo estivo, offrono al visitatore due percorsi suggestivi, immersi nel verde e nel silenzio della montagna.

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GROMIGNANA:
STORIA: Le origini del piccolo borgo, sono molte antiche, il primo insediamento risale ai Liguri-Apuani, sostituiti in seguito, da coloni romani, come risulta dagli scavi effettuati in località Camfumalbi, dove si sono trovate le tracce di un'altra fortificazione, andata abbandonata o distrutta in epoca medievale dal condottiero Niccolò Fortebracci, durante una sua incursione nel 1429. Il paese lo troviamo nominato per la prima volta in un documento, all'interno di un elenco di terre, date in allivellamento alla famiglia longobarda dei Rolandinghi nel 983. Nel corso dei secoli, il borgo si è sviluppato intorno alla torre-campanaria, arroccata su uno spuntone roccioso e fortificata da una cinta muraria, ancora oggi visibile in alcuni tratti, che al suo interno, racchiudeva la chiesa di S.Cassiano, ubicata alcuni metri più in basso. Mentre del primo fortilizio di epoca ligure rimarrebbe soltanto la cinta muraria che guarda verso il torrente Segone, del secondo appare invece possibile riportare alla luce l'intero reticolato dei muri di base. Per l'accertamento del materiale rinvenuto e la continuazione delle indagini sono quindi necessari ulteriori lavori di scavo. Una nuova pagina si sta sollevando sulla misteriosa popolazione ligure, e Gromignana, il paese più piccolo e più disperso della Media Valle del Serchio, balza d'improvviso all'attenzione degli amanti di cose antiche e dei curiosi come centro di straordinario interesse. Il borgo antico feudo dei Rolandinghi, nel XIII secolo finì come gli altri castelli vicini sotto la Repubblica di Lucca, che per amministrarla nel 1272, lo inserì nella Vicaria di Coreglia, legando per sempre le sue sorti con Coreglia, suo attuale capoluogo comunale.

LINK UTILI . LA BUCA DELLE FATE:
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ALTRE STORIE.......

Una storia su PIASTROSO:
http://storiesenzafretta.blogspot.it/2014/02/cento-volte-auguri-mario.html

BACCHIONERO IL PAESE FANTASMA:
http://capfuturo73.blogspot.it/2015/12/bacchionero-il-paese-fantasma-tra-barga.html
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CAPITOLO SU COREGLIA ANTELMINELLI CHE SARA' INSERITO NELLA NUOVA ENCICLOPEDIA UNIVERSALE CHE MI HA CHIESTO DI REDIGERE QUESTA CRONACA.

Andreotti Roberto.

ELENCO STRUTTURE RICETTIVE DEL COMUNE DI COREGLIA ANTELMINELLI:
http://andreottiroberto.altervista.org/forum/viewtopic.php?f=6&t=467

RISTORANTI , PIZZERIE E BAR:
http://andreottiroberto.altervista.org/forum/viewtopic.php?f=6&t=471

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