FUSIONE
DEI COMUNI
SAN
MARCELLO-PITEGLIO
DECIDONO
I CITTADINI!
Partiamo
dal principio l’ipotesi fusione dei comuni dovrebbe partire per
aprire il dibattito sul territorio all’inizio del percorso e non
alla fine per permettere un doveroso processo partecipativo ed
alimentare il conseguente dibattito che avrebbe sicuramente concorso
alla definizione di un vero progetto finale, ovvero portando al
dibattito la vera fusione dei comuni montani e cioè, il comune unico
della MONTAGNA, Abetone-Cutigliano-San
Marcello Pistoiese-Piteglio.
Ma
l’apertura di un processo partecipativo avrebbe richiesto un
dibattito a quattro, mentre le due amministrazioni comunali in
concertazione con la regione ancora una volta hanno palesemente
dimostrato ed hanno già deciso: la “fusione” si fa.
Fusione
a due Abetone
– Cutigliano
anche se il desiderio dei cittadini al referendum consultivo hanno
manifestato la contrarietà ad unirsi.
Ciò
che era importante per l'intero percorso era una partecipazione
informata e consapevole dei cittadini , interessava ed interessa,
assai meno alle amministrazioni coinvolte, che hanno deciso a monte
sulla loro fusione senza cercare il consenso ed informare la
popolazione sui vantaggi e svantaggi della fusione.
Ovvero
senza girare intorno al vero problema per salvaguardare alcune
casse il perché, delle decisioni imposte dalla regione Toscana.
Nonostante
l'esito negativo alla fusione, perché questo repentino cambio di
strategia? Da quando? E perché non è informata la cittadinanza
prima di sperperare denaro pubblico con false consultazioni? Bastava
dire come per la Sanità “QUI' COMANDO IO”.
Ci
eravamo illusi che la presentazione del precedente studio di
fattibilità a quattro Comuni desse inizio sul territorio ad una
discussione, costituendo un promettente inizio per un dibattito che
avrebbe dovuto approfondire e focalizzare meglio rischi ed
opportunità del “comune unico”. Possibilità che si è arenata
sul nascere e che ha portato ad un nuovo studio realizzando il
"ABETONCUTI"
solo ultimamente in meno di un mese, anche qui PRESTO le relative
risorse economiche finiranno, quindi, sprecate come quelle
dell’Unione che ha dimostrato non funzionare.
Ormai
il coinvolgimento attraverso specifici tavoli di studio delle
minoranze e delle Categorie Economiche e Sociali non si è palesato,
ed è iniziata sin da subito, da parte delle amministrazioni, la fase
del marketing politico, ovvero della “vendita” del prodotto
“Comune Unico”.
Infatti
Sabato
6 Febbraio
2016 ore 10,30 sala Baccarini di San Marcello Pistoiese, vi sarà un
dibattito a senso unico , presenti i rappresentanti dei due Comuni,
Sindaci: Cormio e Marmo, insieme ai rappresentanti regionali di
maggioranza incontreranno la popolazione per venderci una nuova
fusione San
Marcello Pistoiese-Piteglio.
Anche
in questo caso come, per l'Abetone e Cutigliano dovrebbero tenere
conto di : “E'
obbligatorio lo svolgimento del referendum prima di procedere alla
fusione con altro Comune e tenere conto della volontà della
popolazione”.(DISATTESO su Abetone Cutigliano. )
Oggi,
indipendentemente dalle opinioni degli attori costituzionali, se il
voto dell’eventuale referendum risultasse con un esito negativo,
la fusione San Marcello -Piteglio non dovrà avere luogo.
Ci
sorge comunque il dubbio che Sabato 6 Febbraio 2016 ore 10,30 si
parlerà pro o contro la fusione, vantaggi e svantaggi addolciti da
interessi comuni. E, francamente, si comprende bene come sia più
facile far passare l’idea anche con la minima partecipazione vista
l'ora dell'evento.
Non
ci pare un gran esercizio di democrazia da parte della Politica!
Evidenziamo, peraltro, come per la validità dei referendum comunali
una cosa e lo statuto comunale altra la legge regionale.
L’esclusione
delle minoranze regionali dal dibattito pubblico, dalla
compartecipazione al percorso pre-istitutivo ci, pare una prova di
forza delle maggioranze al governo dei due Comuni e dei consiglieri
regionali che per quanto riguarda la fusione, si sono assunte il
diritto di decidere da sole (in pratica), dando il via ad un così
grande cambiamento che condizionerà il futuro di tutti noi, senza il
naturale coinvolgimento delle altre realtà politiche, sociali ed
economiche e senza il dovuto approfondimento. Così come la mancata
diffusione dell'evento che solo Meetup
MONTAGNA 5 STELLE ha portato alla conoscenza della popolazione; l'atto di arroganza
che subisce una decisione calata dall’alto, non fa che evidenziare
anch’essa la scarsa volontà di condividere il percorso alla faccia
della “democrazia partecipata” tanto declamata in campagna
elettorale, ma di fatto non essere mai stati in grado di sostenere.
Vogliamo
cogliere l’occasione, comunque, per mettere in luce alcune
criticità o impostazioni non convincenti del progetto o meglio dello
studio presentato perché di progetto non ne ha né la parvenza né i
contenuti che ci dovrebbero invece essere per definirsi tale.
Precisiamo che siamo “idealmente” non contrari a priori alla
fusione dei quattro Comuni come risposta all’eccessiva
frammentazione amministrativa che caratterizza l’Italia (più del
70% degli 8.100 comuni ha meno di 5.000 abitanti) ed alle conseguenti
inefficienze e perdita di capacità di governo. Ma ci è anche molto
chiaro che per processi complessi di questo tipo non basta
l’ottimismo della volontà o manifestazioni di intenti o soluzioni
astratte e soprattutto, a nostro avviso, non esiste risparmio con la
fusione a due.
Da
quello che abbiamo potuto leggere in questo poco tempo ci pare che
non si approfondiscono i nodi critici ed in merito alle soluzioni
organizzative si limitano a presentare prospettive astratte
(dichiaratamente tali) ed a suggerire alcune possibili piste di
lavoro, senza la presentazione di un vero e proprio “piano
industriale”, senza quantificare l’impiego di risorse necessarie
(economiche, umane, organizzative) e le modalità e tempistiche di
implementazione, come sempre ci sembrano caratterizzate da
improvvisazioni.
La
popolazione vuol sapere, conoscere, partecipare....... Basta allo
scempio della Montagna Pistoiese.
E,
aggiungiamo, non si risponde in modo inequivocabile alla domanda
“fusione sì o fusione no”, infatti in premessa si conclude
scrivendo che non vanno intesi impliciti giudizi di valore.
E’
chiaro, infatti, che un incremento dell’efficienza operativa si
sarebbe conseguita anche incrementando la quota di funzioni e servizi
trasferiti all’attuale Unione (una soluzione che, almeno, avrebbe
avuto il vantaggio di non dover compensare la “perdita” di
rappresentanza politica con un’architettura degli organi elettivi o
di consultazione articolata in livelli superiori all’esistente -
nello studio peraltro non ne sono prospettati i relativi costi - e
dunque plausibilmente inefficace ed inefficiente). Non vogliamo con
questo concludere che nell’attuale situazione dei comuni di SAN
MARCELLO PISTOIESE E PITEGLIO la soluzione di un’Unione rafforzata
sia preferibile a quella del comune unico. Ma la mancanza di questo
confronto testimonia piuttosto la fragilità dell’analisi e delle
argomentazioni, facendo pensare che comunque la decisione è già
presa “a prescindere”.
Uno
degli argomenti più volte utilizzato nelle discussioni per sostenere
il comune unico richiama il ruolo propedeutico dell’esperienza
dell’Unione dei comuni. E’ un tema che merita qualche riflessione
aggiuntiva. E’ infatti certamente vero che l’esperienza
dell’Unione dei Comuni costituisce una “palestra” per più
ambiziosi livelli di integrazione, sino alla fusione degli stessi
comuni interessati. Ma forse non basta il dato in sé dell’Unione.
Occorre invece considerare il “peso” che essa ha in termini di
funzioni e servizi gestiti. E rispetto a questo punto di vista non si
può non rilevare che l’Unione dei Comuni, in piedi da anni ormai,
è un’Unione decisamente “leggera”. Ovvero che ha sin qui
gestito un ammontare assai ridotto di funzioni e servizi comunali.
Occorrerebbe
dunque chiedersi se questo basso livello di gestione associata possa
costituire un ostacolo all’implementazione del comune unico. Ovvero
se non sarebbe stato preferibile un percorso maggiormente
progressivo, che prima facesse crescere in quantità e qualità le
funzioni ed i servizi assegnati all’Unione e poi, superata una
certa soglia, dischiudere eventualmente il percorso verso la fusione.
Inoltre
con la costituzione del comune unico si dovrà comunque affrontare il
problema di una necessariamente rapida armonizzazione non solo delle
politiche fiscali, tariffarie e di bilancio, ma anche di funzioni e
servizi ancora oggi gestiti a livello comunale, e dunque con
impostazioni differenti a livello politico ed organizzativo, con danni superiori ai cittadini di Piteglio. Plausibile ritenere che ciò possa produrre disagi e tribolazioni.
Disagi e tribolazioni che potevano essere evitate se si fosse negli
anni passati “investito” di più sull’Unione allo scopo di
arrivare a questo punto meglio preparati.
Non
si tratta, certo, di un argomento decisivo contro l’ipotesi della
fusione, ma non c’è dubbio che ad oggi manca completamente una
valutazione di un aspetto, ovvero dell’implementazione del comune
unico a livello di “costi” e “disagi” che il superamento d’un
sol colpo di questo forte gradino potrebbe determinare sui cittadini
e sul territorio. Col senno di poi forse non sarebbe stato
inopportuno che i processi di fusione di comuni venissero subordinati
al raggiungimento di una soglia minima di funzioni e servizi a
gestione associata (a livello di Unione), così da evitare gli
inconvenienti ed i disagi dello start-up del comune unico tutto d’un
colpo.
Infatti
se è giusto che le esperienze di Unione vengano considerate
propedeutiche alla fusione di comuni è altrettanto importante che la
gestione associata abbia già raggiunto un buon livello di esercizio
consolidato, rispetto a cui la costituzione del comune unico possa
davvero configurarsi come il completamento di un percorso progressivo
piuttosto che come un “grande balzo” (con le incertezze che ne
conseguono).
E
questo, obbiettivamente, non è il nostro caso, basta fare un esame
della situazione attuale della Unione in essere per non parlare
dell’immobilismo a cui è stata costretta in questi ultimi anni.
A
nostro avviso la fretta, l’approssimazione e la non poca
superficialità con cui le maggioranze al governo dei due Comuni si
apprestano a formalizzare la richiesta dell’avvio dell’iter per
la fusione non è supportata dai fatti e dalle argomentazioni. Si
deve procedere con prudenza e progressivamente, approfondendo la
questione anche dal punto di vista di documentazione reale ma
soprattutto dopo aver conferito all’attuale Unione tutti i servizi
e le funzioni prendendosi il tempo necessario a sperimentare in Essa
la gestione così da giungere ad una ipotesi di fusione. Ciò che è
mancato ad Abetone Cutigliano.
Questo
non significa che siamo contrari alla fusione a prescindere, come già
accennato, anzi avremmo voluto compartecipare volentieri alla sua
realizzazione ma con tempi, modi e forme più consone e utili alla
stessa. Non per ultima la necessità di coinvolgere, come era per noi
doveroso, le cittadinanze nella definizione del progetto che sarebbe
risultato compartecipato e avrebbe messo, noi tutti, loro
rappresentanti in seno ai Comuni, in grado di dare risposte alle loro
giuste domande, compiendo così un nostro preciso dovere.
Ma
non ci è stato concesso.
Assicuriamo,
nel contempo, che informeremo con decisione i cittadini, per evitare
quanto successo in precedenza con il referendum di Abetone Cutigliano
e mettendoci fino da adesso a disposizione per tutte quelle
iniziative che si vorranno mettere in campo per portare alla loro
piena conoscenza l’argomento del comune unico in vista del progetto
del Comune Unico e del referendum consultivo.
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