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BORGO A MOZZANO - Piano di Gioviano, SP2 Lodovica.

LETTORI SINGOLI

sabato 23 aprile 2016

RACCONTALE A VEGLIA............di Nicola Polito


CAPITOLO DI STORIA




Sono trascorsi circa sessant'anni, quando ancora non esisteva la televisione, la prima radio era presente una su cento famiglie, poche potevano permettersi di averne una.
In molte abitazioni rurali non c'era ancora la corrente elettrica e, qualche famiglia benestante, aveva la radio con le batterie e l'antenna, un filo lungo anche venti metri inchiodato lungo la facciata per riuscire a captare più di una stazione radio, esclusivamente in O.M.- O.L.- O.C. - O. Cortissime.
Quello era il periodo che nelle abitazioni rurali, non possedendo tv e radio, perché le serate avessero un senso di fine giornata, andavano a veglia, normalmente facevano visita alle famiglie vicine, (si fa per dire), distanti anche qualche chilometro.
La serata era trascorsa solitamente seduti intorno ad un ampio caminetto che occupava quasi una parete e che i ceppi messi ad ardere, spesso duravano più di un giorno.

I bambini giocavano tra loro facendo un baccano infernale, un vociare gioioso, una allegra comitiva, in quei giorni le famiglie erano povere ma numerose, braccia per coltivare la terra.
Gli adulti in cerchio, davati al caminetto, spesso giocavano a carte, e di tanto in tanto davano fondo al fiasco di vino, raccontavano storie accadute o presunte tali.
Le storie vere, tutti erano in grado di riconoscerle, sgranando ogni tanto gli occhi nella semioscurità rotta con il tremolare della fiamma da lume ad olio o candele di cera.
Le fandonie o bugie erano immediatamente apostrofate con “raccontale a veglia”.
Ma la serata era una veglia condivisa, serata che si concludeva verso la mezzanotte più per scommessa che per necessità, producendo spesso una serie di sbadigli nascosti dalla mani tozze e scure segno di chi aveva lavorato la terra dall'alba al tramonto.
Uomini e donne che pensavano a cosa mangiare domani, nel vero senso della parola; spesso erano erbe bollite trovate nei campi miste con un pugno di pasta fatta dalle donne di casa, esclusivamente con la farina di quel poco di grano che avevano coltivato nei loro campi, macinato un sacco per volta perché intero si conservava più a lungo. Il pane veniva fatto in casa una volta a settimana, oltre ai pani spesso per la conservazione, si ricavavano mattoncini dal pane fresco e poi rimesso nel forno, friselle o pane biscottato.

La carne, era presente in tavola poche volte all'anno; Natale, Pasqua, con carne acquistata dal macellaio del paese, un'ora di viaggio a dorso di asino, solitamente si acquistava lesso, (bollito) taglio che era accessibile ai più per il minor costo.
Per tutti le occasioni di far festa, oltre alle feste comandate,  erano oggetto di festa e aggregazione; la vendemmia, la mietitura, la battitura del grano nelle aie delle case rurali.

L'aia veniva cosparsa di sterco di vacche e paglia per rendere l'aia liscia e uniforme, aspettando che la malta seccasse al sole battente, così indurita durava per l'intera settimana dopo la battitura. Battitura che veniva effettuata con i buoi che trainavano solitamente una lastra di tufo sui covoni sparsi ad arte per sbriciolare le spighe di grano. Con il proseguo dei lavori, i pulitori (coloro che con la pala di legno tiravano per aria il grano e peluia e con l'azione del vento il grano veniva separato dalle impurità), si alternavano gli uomini per la spossatezza del lavoro continuo, e la preoccupazione che il vento terminasse.
Qualcuno si chiederà ma a quei giorni esistevano già le trebbiatrici, vero ma non esisteva strada per raggiungere le località di cui parlo e ancora oggi non esiste, sono raggiungibili a piedi da viottoli mulattieri.
Periodo in cui si mangiava carne prodotta in proprio, pollo e coniglio solo nelle grandi occasioni, ed il primo giorno di mietitura veniva staccato l'ottimo prosciutto lasciato lì appositamente per rifocillare i mietitori e battitori.

Metodo in comune con vallate e paesi del circondario, in tutte le case vicinie sembrava una fotocopia di usi e costumi.
Ogni famiglia non era sola a vendemmiare, i vicini si informavano su come procedere alle operazioni indispensabili per lo scambio di mano d'opera. Non c'era bisogno di chiamare, sapevano il giorno dei lavori più faticosi ed urgenti e spontaneamente si presentavano ad aiutare, il passaparola era molto efficace; cortesia che veniva poi resa spontaneamente sia alla mietitura del grano sia alla battitura, sia alla vendemmia passando tutti insieme da una fattoria all'altra.
Non girava moneta ma scambio di opera e cortesia. Periodo di povertà?
Alcune case rurali erano senza energia elettrica, senza frigorifero, senza condizionatore, senza riscaldamento, spesso nelle modeste camere non esisteva solaio, e d'inverno al risveglio del mattino le coperte del letto venivano infarinate da neve entrata col vento dalle fessure degli “embrici” . Nonostante tutto quei giorni poveri ma felici, stracolmi di umanità, il bisogno era soddisfatto  con poco.
Quelle rare volte che andavi in paese, era facile incontrare alcune personalità riconosciute e rispettate da tutti. Vedere gli adulti, che salutavano in segno di rispetto sollevando il cappello,
ed i giovani educati a dare il buongiorno ai più grandi, l'educazione era impartita a suon di ceffoni e non di parole. Altra sberla che ti ricordavi per la vita, era data se non rispettavi la tua o il tuo insegnante oppure non avevi svolto i tuoi compiti, al primo incontro casuale con uno dei tuoi genitori gli insegnanti, mettevano al corrente della tua condotta e sapevi cosa ti aspettava al ritorno da scuola.
Le personalità di massima attenzione erano: il Sindaco, il Parroco, il Dottore, il Farmacista, il Maresciallo della stazione locale dei carabinieri e gli insegnanti.
Persone di comprovata onestà, tenevano a mantenere la dignità e la onorabilità del loro casato, persone che non avrebbero mai tradito la parola data.
Sono passati molti anni, i ricordi da dove è iniziato il nostro cammino, pieno di difficoltà, spesso affiora , diventa presente, ed è impossibile non fare confronti con le situazioni attuali.
Abbiamo perduto il senso della coesione, della spontaneità, delle promesse fatte, dell'umanità in senso lato.
Oggi, tutti hanno lo smartphone o l'iphone, tra persone dello stesso nucleo, si comunica con wathsapp, stiamo perdendo l'uso della parola, della condivisione delle idee, dei sogni, della prospettiva del futuro.

Già, è vero il futuro stanno facendo di tutto per levarcelo anche dai sogni, per fortuna nostra e dell'umanità, i sognatori esistono ancora e sono molto tenaci anche se non esistono più serate di veglia. "Raccontalo a veglia",  ha un diverso significato.


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