I grandi ritratti della Specola Papiriana: Enrico Berlinguer
Prima dell'avvento di Fedez e Chiara Ferragni, il giovanotto che voleva acquisire autorevolezza e sintomatico mistero tra i suoi coetanei doveva necessariamente scegliere tra due alternative:
1) indossare la maglietta che ritraeva due giganti dell'immaginario collettivo, ovvero Jim Morrison ed Ernesto "Che" Guevara;
2) non perdere occasione per citare il sacro nome di Enrico Berlinguer.
Nonostante la prima alternativa risultasse maggiormente appagante in termini di approcci con l'altro sesso, molti preferivano la strada che portava alla conquista della nomea di intellettuale comunista, fustigatore della modernità piccoloborghese e fiero antagonista della società dei consumi di massa.
La formazione di ogni intellettuale comunista passava necessariamente dalla lettura delle opere di Enrico Berlinguer (Sassari, 25 maggio 1922 – Padova, 11 giugno 1984), il baluardo della democrazia italiana dopo la proposta del compromesso storico con il partito di Aldo Moro.
Uno strano caso del destino quello di essere diventato lo strenuo difensore della democrazia italiana.
Nel 1950 Berlinguer era diventato segretario della Federazione Mondiale della Gioventù Democratica, che gli aveva dato occasione per stringere rapporti con due futuri campioni della democrazia: Hu Yaobang, che diventerà segretario del Partito Comunista Cinese, ed Erich Honecker, che arriverà ad essere Capo di Stato della Repubblica Democratica Tedesca.
Questo strano caso del destino anticipa le contraddizioni che caratterizzano il Berlinguer leader del PCI e promotore dell'eurocomunismo, la versione disneyana del socialismo reale alla quale nessuno ha mai davvero creduto ma che non ha impedito alla sua figura di acquistare una dimensione mitica che ovviamente è ben lontana dalla realtà storica.
Premesso che non è stato facile guidare il Partito Comunista Italiano nel corso dei tormentati anni Settanta, Berlinguer è stato omaggiato da film, libri, canzoni e manifestazioni di stima di vario tipo, tra cui non possiamo dimenticare l'essere preso in braccio da Benigni sul palco di una manifestazione del 1983.
Difficile, per non dire impossibile, rimanere immuni al fascino della travolgente retorica di Berlinguer.
Basterà ricordare quanto da lui affermato nel corso di una tribuna politica televisiva del 1972: «Vogliamo una società socialista che corrisponda alle condizioni del nostro Paese, che rispetti tutte le libertà sancite dalla Costituzione, che sia fondata su una pluralità di partiti, su un concorso di diverse forze sociali. Una società che rispetti tutte le libertà meno una: quella di sfruttare il lavoro di altri esseri umani, perchè questa libertà tutto distrugge e rende vane tutte le altre».
Un sintetico programma politico che verrebbe sottoscritto da tutti coloro che si professano di sinistra; una società socialista che rispetti tutte le libertà costituzionali.
Vale appena il caso di ricordare che il mirabile programma venne prontamente dimenticato quando nel 1981 la Polonia venne salvata dall'invasione dell'Armata Rossa solo grazie al colpo di Stato di Jaruzelski.
Tacque la travolgente retorica di Berlinguer e con essa tacquero gli intellettuali comunisti difensori delle libertà, anche se avrebbero avuto molto da dire.
Quella di Berlinguer fu vera gloria?
Lasciamo la risposta al libero arbitrio del lettore, non senza fornire elementi di giudizio tratti direttamente dalla ricca produzione epistolare di Berlinguer.
LA QUESTIONE MORALE
Nel corso della celebre intervista a Eugenio Scalfari nel 1981, Berlinguer sostenne che «i partiti debbono, come dice la nostra Costituzione, concorrere alla formazione della volontà politica della nazione; e ciò possono farlo non occupando pezzi sempre più larghi di Stato … ma interpretando le grandi correnti di opinione, organizzando le aspirazioni del popolo, controllando democraticamente l'operato delle istituzioni. Ecco la prima ragione della nostra diversità. Le sembra che debba incutere tanta paura agli italiani?».
Ci sia permesso rispondere affermativamente a questa domanda: gli italiani avevano ragione ad avere paura di un partito che veniva illecitamente finanziato da Mosca, come pacificamente ammesso da Armando Cossutta nel 1999.
Bettino Craxi lo aveva dichiarato apertamente: «in materia di finanziamento estero il Pci, divenuto poi Pds, a differenza degli altri Partiti, aveva organizzato una vera e propria struttura permanente che nel corso dei decenni, si è venuta costantemente ampliando e perfezionando sì da garantire dei flussi di finanziamento costanti che rappresentavano una parte certamente rilevante delle sue entrate. Il potere sovietico, anche nei momenti di incomprensione e di difficoltà nei suoi rapporti con il Pci e le sue elaborazioni politiche, sia pure diffidandone, ha sempre continuato a considerare il Partito Comunista italiano come il suo principale alleato occidentale».
IL RISENTIMENTO COME VALORE
In una lettera a Marco Pannella, Berlinguer scriveva che «è bene che nella società civile sussistano sempre ampi motivi di risentimento e che essi si manifestino di continuo, anche al prezzo di un certo disordine apparente. La libertà, come ci insegna l'illustre amico Bobbio, non sta ferma e chi crede che stia ferma l'ha già abbandonata. Ove pertanto un motivo di risentimento venga meno, si rende necessario rimpiazzarlo con un altro, escogitato con accortezza, sì che la corsa risentita dietro la libertà non finisca mai ...
La grandiosità del nostro progetto sta appunto nel trasformare ogni cittadino silente in risentito di professione... per fare uscire il popolo dal guscio bisogna importunarlo, costringerlo a lagnarsi, fargli vedere quotidianamente tanti piccoli motivi di malcontento».
Ci sia permesso sottolineare che abbiamo il forte sospetto che la lezione di Berlinguer oggi sia stata raccolta da Salvini e dal suo partito: i lusinghieri recenti risultati elettorali della Lega non sono altro che il frutto di una corsa risentita dietro la libertà.
Davvero non capiamo perchè i tragicomici epigoni del PCI d'antan si ostinino ad etichettare come xenofobi e razzisti coloro che vogliono fare vedere al popolo tanti motivi di malcontento.
LA FUNZIONE SOCIALE DEL CARCERE
In una lettera ad un esponente di una formazione politica che teorizzava la lotta armata, Berlinguer esprimeva il suo pensiero nei termini che seguono:
«circa la pena da irrogare all'individuo che ha delinquito, non bisogna farsi eccessive illusioni sulla sua funzione rieducatoria, a dispetto dell'enunciato costituzionale. L'istituto di pena non deve costituire né il luogo in cui viene perpetrata la vendetta sociale, nè un illusorio centro di rieducazione. Il carcere deve essere uno strumento di difesa sociale, né più né meno; e la rivoluzione d'ottobre infatti soppresse, almeno fino al 1934, il concetto di pena e lo sostituì con quello di misura di difesa sociale».
Ogni commento è superfluo.
Ci sia solo permesso sostenere con forza che coloro che vivono nel mito di Berlinguer non lo hanno letto oppure non lo hanno capito.
Senza ovviamente escludere tutte e due le cose contemporaneamente.
SANE VENTATE DI EVERSIONE SOCIALE
In una lettera indirizzata ad Antonio Negri, Berlinguer apriva il suo cuore e si esprimeva come segue:
«io, caro Antonio, ormai avanti negli anni ed isolato nelle pratiche burocratiche della segreteria di un partito sempre al limite della sclerosi ove non sia stimolato da ventate di eversione sociale, non posso certo appoggiarvi apertamente ma, con trent'anni in meno sulle spalle, sarei certamente al vostro fianco, se non a far cagnara nelle piazze, almeno a dare il mio contributo intellettuale alla socializzazione di quei desideri di massa che voi volete soddisfare. E nulla mi sarebbe più gradito».
Un vero peccato che Berlinguer abbia conosciuto la sclerosi della segreteria del partito e l'onta di un'età non più consona alla cagnara di piazza.
Il suo contributo intellettuale alla socializzazione dei desideri di massa ci avrebbe risparmiato Giovanni Consorte e Pier Luigi Boschi, i governi-ombra di Walter Veltroni, le spudorate ingerenze di George Soros nell'azione dei governi retti dai tragicomini epigoni del PCI d'antan, oltre al terrorismo mediatico dello spread.
Solo un genuino spirito di carità di Patria ci impone di non ricordare come un recente (e fallito) tentativo di riforma costituzionale avesse la sua ragione d'essere nello "spostamento del baricentro decisionale connesso alla forte accelerazione del processo di integrazione europea" ed in una "esigenza di adeguare l'ordinamento interno alla recente evoluzione della governance economica europea".
Ovvero un processo ablativo di sovranità a beneficio di centri di potere politico che non conoscono la censura della cabina elettorale.
FREUD AVEVA RAGIONE
Vogliamo chiudere con la lettera di Berlinguer ad Angelo Pezzana.
L'Enrico nazionalpopolare rivela la sua indole umana, come tale non immune dalle grazie femminili. Partendo da una riflessione su un imbruttimento della corporeità degli uomini, ben testimoniata dai pantaloni a zampa di elefante che hanno funestato gli anni Settanta del secolo scorso, Berlinguer chiedeva polemicamente: «dove sono finiti i cosiddetti pezzi di figa?».
Se avesse chiesto a Berlusconi lo avrebbe saputo.
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SPECOLA PAPIRIANA
Analisi politica Versilia
Castello di Solaio, Pietrasanta (LU)
Fatti non fummo per viver come bruti, ma per professar virtute e conoscenza..... Per etica ed onesta', per la gente tra la gente con la gente. In memoria di Albano Fini. capitan.futuro3000@gmail.com
domenica 17 giugno 2018
I GRANDI RITRATTI DELLA SPECOLA PAPIRIANA : ENRICO BERLINGUER......
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