" Andremo fino in fondo per completare tutte le linee, con tenacia e umiltà,
insieme a tutti i fiorentini, che ci sostengono in questa grande impresa".
(D. Nardella).
Nei giorni successivi alle elezioni del 26 maggio sulla stampa locale è stato un susseguirsi di annunci tranviari: "La soluzione Nardella", "Supertunnel in Piazza libertà", con tifo degli articolisti per i guastatori : "All'epoca [del Poggi n.d.r.] cancellare mura medievali non era tabù" – si leggeva sul Corriere Fiorentino.
Lo scorso 10 giugno (giorno storicamente infausto per il nostro Paese) li si vedeva riuniti, sindaco, assessore, direttore tecnico, ufficio tramvia e progettisti di Architecna, a fare il punto sui nuovi progetti.
Stando alle dichiarazioni del Sindaco, la T 3.2, lungo i viali verso Bagno a Ripoli, dovrebbe iniziare entro il 2020 ed essere terminata nel 2023, "con una serie di migliorie importanti che ci consentiranno di evitare il taglio degli alberi, mentre "La cosiddetta Variante S. Marco partirà entro la fine del 2019 e sarà terminata entro il 2021".
La promessa di due tunnel stradali sotto le piazze Libertà e Beccaria rivela tutta l'improvvisazione e la modestia di questa Amministrazione, nonché l'uso pretestuoso dei moventi ambientali: se non si possono tagliare e modificare gli allineamenti, allora si fanno gallerie e rampe per il traffico.
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Sulla questione la sinistra è divisa o attraversata da profondi equivoci.
C'è chi vede nelle tramvie un modello di "antipianificazione" imposto alla città, con altissimi costi di costruzione e gestione e c'è chi, al contrario, ripropone tout court il passaggio della Linea 2 da piazza del Duomo.
Un equivoco è invece quello del cosiddetto "modello fiorentinocentrico" che starebbe alla base dei tracciati tranviari, solo geometricamente vero (tre linee che puntano su S.M. Novella), ma sostanzialmente infondato tenendo conto della marginalizzazione del capoluogo all' origine del progetto tranviario, a favore di Scandicci.
Obbiettivo quest'ultimo conseguito da un gruppo di interesse interno al "partito" (oggi al vertice della Tram Firenze S.p.A.) collegando il Comune contermine con la stazione centrale e rinviando sine die l'attraversamento del centro e il collegamento con l'insieme della città consolidata e con molte nuove centralità. Tutti traguardi questi che, se conseguiti allora, avrebbe potuto rallentare la fuga dei residenti e del lavoro dal nucleo antico.
Proprio il ruolo della tramvia nel decollo di una new town a sud ovest con il suo distretto della moda e la saturazione dei vuoti tra l'abitato di Scandicci e quello di Casellina, svelano la natura sviluppista di queste costose infrastrutture.
Che produrranno, insieme alla valorizzazione immobiliare, la sparizione del territorio aperto lungo il percorso della Linea 4 (sulla direttrice Leopolda, Piagge e in fregio al Parco delle Cascine), della Linea 3.2 (a nord del proseguimento del viale Europa nel territorio di Bagno a Ripoli) e dei futuri prolungamenti della Linea 2 in direzione di Sesto F.no (lungo i terreni di proprietà Unipol nella Piana di Castello).
Una contraddizione, il sostegno a queste nuove linee, per una sinistra fiorentina che ha sempre combattuto il consumo di suolo e la speculazione immobiliare.
Soprattutto se contestualmente si deve subire lo smacco di un deposito del tram nella futura piazza Alpi-Hrovatin alle Piagge, spazio per il quale si era spesa la omonima Comunità in un processo partecipativo organizzato dalla Regione Toscana.
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Un progetto attento all'ambiente, alla mobilità dei cittadini e alle relazioni tra i luoghi, non si sarebbe caratterizzato, come in questo caso, per una totale mancanza di integrazione con il sistema ferroviario e i suoi nodi, sul quale i servizi regionali, malgrado l'Accordo del 2011, vanno peggiorando e del quale si distrugge una tratta per far posto ad una tramvia. E non avrebbe ignorato la stazione di Rifredi, relegando quella di Campo di Marte all'ultimo posto, in termini temporali e funzionali, trascurando anche il sistema di stazioni e fermate di Sesto Fiorentino.
L'intero progetto appare animato da una logica privatistica e concorrenziale rispetto al già esistente sistema su ferro, piuttosto che da una volontà di integrazione e sinergia.
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DI COSA PARLIAMO QUANDO PARLIAMO DI LINEA 4
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