ulivi

ulivi
BORGO A MOZZANO - Piano di Gioviano, SP2 Lodovica.

LETTORI SINGOLI

venerdì 25 luglio 2014

IL CIBO NEL MEDIOEVO , I CIBI NEI VARI CETI E L'ACCOGLIENZA PER I PELLEGRINI

Nel Medioevo (periodo storico di passaggio tra l'età antica e quella moderna compreso convenzionalmente tra il 476, anno della caduta dell'Impero romano d'Occidente, e il 1492, anno della scoperta dell'America) non si può più parlare di unità culturale, economica e politica del Mediterraneo, caratteristica dell’epoca antica, formandosi nel continente europeo organizzazioni politiche ed economiche profondamente diverse da quelle presenti nel Medio Oriente e nell’Africa settentrionale. Iniziando dall’Alto Medioevo (periodo temporale collocato rispettivamente prima dell'anno 1000) fino a giungere all’età moderna, pian piano nacque e si sviluppò una base comune di cibi in Europa che, benché proponga piccole diversità fra le zone geografiche del continente, mostra parecchi fattori di uniformità.

I raggruppamenti sociali autonomi germanici e celtici che, con proprio ordinamento e proprio capo e formati da più famiglie unite da identità di lingua e costumi, in gran numero si insediarono permanentemente nell’Impero Romano d’Occidente, si occupavano in special modo dell'allevamento di animali oltre che della caccia a bestie selvatiche. Da queste attività si ricavava l'alimento ritenuto piú importante e la caccia era considerata appropriata ai combattenti (il ceto sociale più importante). La carne infatti possiede un notevole valore, fornendo all’organismo umano le sostanze necessarie alla sua crescita e al suo normale funzionamento come proteine, vitamine, fosforo, calcio e ferro. I Germani con il passare del tempo fecero uso del vino piuttosto che della birra nelle aree in cui si poteva coltivare la vite. Il pane, alimento che si ottiene cuocendo al forno un impasto di acqua, farina di frumento, sale e lievito, ebbe una grande diffusione in tutto il continente europeo, sebbene non fosse preparato con il grano, così come lo era quello ai tempi degli antichi Romani, ma con cereali più miseri come l’orzo, la segale e l’avena. Nell’Europa meridionale vi fu un incremento della quantità consumata di carne, ma pure si iniziarono ad usare il burro e il lardo che in diverse circostanze presero il posto dell’olio. Gli alimenti mangiati, costituiti dalla parte commestibile degli animali macellati, erano abitualmente maiali nell’Europa centro-settentrionale e pecore e capre nella zona meridionale. Asportazioni di terreno, per riportare alla luce monumenti ed oggetti, effettuate in località alto-medioevali europee hanno dimostrato un consumo anche di considerevoli quantità di carne di bue. È opportuno rammentare che i Romani non prediligevano consumare carne di bue e questa bestia era perlopiù adoperata in attività agricole. Nell’alto medioevo erano apprezzate anche le carni di polli, oche, anatre e delle bestie non addomesticate (cervo, cinghiale ed orso). Pure gli animali acquatici (pesci, crostacei, molluschi) erano apprezzati, però l’attività economica diretta alla loro cattura era fortemente limitata dal momento che a cominciare dal VII secolo il mare Mediterraneo era, purtroppo, quasi del tutto sotto il dominio degli Arabi. Anche il cacio, conosciuto e tenuto in grande considerazione dagli antichi Greci e Romani, ebbe una notevole rilevanza nelle comunità alto-medievali, poiché consentiva di conservare il latte per lunghi periodi. Questa sostanza ha un grande valore nutritivo per la notevole presenza di grassi, fosforo, calcio e proteine.

Per quanto riguarda l’approntamento degli alimenti non si hanno notizie esaustive. Si ritiene che vi fosse una cucina povera, a base di cibi poco costosi e a basso contenuto calorico. Non scarseggiava il pane ottenuto cuocendo al forno un impasto di acqua, farina di frumento (o di altri cereali), sale e lievito, ma quello bianco gonfiatosi per effetto della fermentazione del lievito non era molto conosciuto. Le erbe ed ortaggi, perlopiù coltivati e costituiti da piante intere o da loro parti, come foglie, radici o frutti, erano consumati come primo piatto di un pasto o posti nelle minestre in brodo che potevano avere le più diverse composizioni. La carne fresca era solita essere cotta a fuoco vivo mentre si preferiva la bollitura nel caso fosse stata conservata con l'impiego del sale.

Sembra doveroso rammentare che nel Medioevo le persone istruite erano solite suddividere la comunità organizzata degli individui in «bellatores» (guerrieri, cioè la aristocrazia), «oratores» (coloro che si rivolgevano a Dio con la mente e con parole al fine di implorarne l'aiuto, cioè i sacerdoti) e «laboratores» (coloro che esercitavano un mestiere, soprattutto agricoltori). Ciascun ceto sociale usava mangiare cibi diversi. L’aristocrazia, specialmente se originaria della Germania, prediligeva le carni arrostite, come viene chiaramente detto in molte occasioni nella forma storiografica, tipica del Medioevo, in cui gli avvenimenti vengono descritti in ordine cronologico senza valutazione critica. Gli alimenti del clero erano differenti. In modo particolare coloro che si consacravano a Dio abbracciando la vita in comunità in monastero, come si deduce dalla Regola di Benedetto da Norcia, creatore del monachesimo occidentale, mangiavano pani di cereali e minestre in brodo con erbe ed ortaggi. Non consumavano carne, tanto come dimostrazione di modestia, quanto come disponibilità a privarsi di un cibo che in quel momento era l’emblema dell’autorità. Per i «laboratores» invece la penuria di alimenti o la loro totale assenza non erano una precisa volontà ma sovente una condizione di impossibilità di fare diversamente. L’agricoltore dell’Alto Medioevo aveva sicuramente un regime alimentare più variegato di quello del lavoratore della terra dell’Età moderna. Utilizzava cereali, erbe ed ortaggi, legumi e alimenti costituiti dalla parte commestibile degli animali macellati in minuscole porzioni. È opportuno rammentare che la carne usata dall’agricoltore era quella conservata mediante salamoia o fumigazione, mentre quella consumata dagli aristocratici era fresca. Nell’Alto Medioevo il lavoratore della terra aveva la facoltà di usare il bosco, potendosi così procurare cacciagione e i frutti del castagno, in molte zone assai diffuso. Quindi l’agricoltore, sebbene fosse in una condizione priva di garanzie, mangiava a sufficienza e poteva disporre di una molteplicità di cibi. Nell’Europa alto-medievale il numero di abitanti per unità di superficie non era elevato (dai 40-45 milioni del II secolo d.C. si era finiti ai 20 del VII secolo d.C.) e perciò il consumo di carne (seppure non quotidiano) non era ritenuto dal lavoratore della terra un eccesso rispetto alle sue possibilità economiche.

Il transito dall’Alto al Basso Medioevo produsse nell’alimentazione un mutamento decisivo. Accadde un significativo aumento della popolazione a cui coincise un accrescimento di beni prodotti dall’agricoltura. Perciò si modificò il regime alimentare degli agricoltori, degli aristocratici e dei borghesi (ovvero coloro che esercitavano un'attività lavorativa a livello familiare o con un numero limitato di operai e commercianti), i quali risiedevano in centri abitati che divenivano sempre più affollati ed erano in continua espansione. I lavoratori della terra cominciarono a nutrirsi solamente di cereali, erbe ed ortaggi. Le opere continue di deforestazione consentirono di coltivare zone dove prima vi erano boschi, ma tutto questo comportò la diminuzione delle foreste utilizzabili per la cacciagione ed il lavoro indirizzato al mantenimento e alla riproduzione di animali. Nel Basso Medioevo l’impasto del pane assunse un ruolo fondamentale nella nutrizione della gente ed in special modo degli agricoltori. Si riteneva che esso, insieme alla bevanda alcolica ottenuta dal mosto d'uva fatto fermentare, facesse da accompagnamento a qualsiasi cibo. Per il lavoratore della terra il solo «companatico» indispensabile era la carne, anche se essa si otteneva con molta più fatica che nell’Alto Medioevo. Generalmente l’agricoltore nel suo piccolo appezzamento preparava il terreno affinché vi crescessero legumi, erbe e ortaggi. Quindi fra l’XI e il XIV secolo il cibo dei lavoratori della terra diminuì notevolmente, specialmente per la riduzione della quantità consumata di carne. Questa però non era reputata un cibo non comprabile a motivo del suo prezzo, come al contrario sarebbe successo dal XVII fino al XIX secolo.

I nobili ed i borghesi più ricchi stimarono che fattore caratteristico del proprio ceto non fosse solamente il gran numero di alimenti collocati sulle loro tavole, ma pure le virtù e l’attività di approntamento dei cibi. L’aristocratico, allo scopo di manifestare a chiunque le sue qualità, aveva l’obbligo di presentare ai suoi convitati vivande ricercate, sistemate su recipienti e stoviglie da tavola di pregio. Non scarseggiavano sicuramente momenti in cui si faceva passare il tempo in modo piacevole attraverso rappresentazioni teatrali o musicali per allietare gli ospiti nel corso dei pasti. Nel Basso Medioevo ebbero grande diffusione le droghe per insaporire i cibi, che offrivano sapori insoliti agli alimenti, e vi fu un forte incremento di testi di cucina e sull’educazione da tenere durante i pasti. Analizzando le raccolte di ricette presenti sui libri, risulta manifesta la rilevanza progressiva della carne, da cui si deduce l’incidenza durevole della tradizione germanica. Erbe ed ortaggi divengono sempre meno importanti. La cosa che più stupisce è il valore conferito alle droghe per insaporire i cibi, trovandosi nella maggior parte delle ricette ed in quantità molto più considerevoli in confronto ad oggi. La differenza tra pietanze dolci e salate è una peculiarità della cucina europea così come si è sviluppata negli ultimi tre secoli, ma nella cucina medievale era trascurabile. Ogni vivanda era dolcificata con il miele, o insaporita mediante l'uso di droghe o di diversi prodotti commestibili di alcune piante.

Nelle abbazie di che cosa si nutrivano? Esaminando gli scritti di quel periodo storico si ricava che il consumo di carne avveniva solamente in certi giorni dell’anno. Rilevanti erano i precetti ecclesiastici medievali che costringevano tutta la gente a non consumare carne in certi giorni di contrizione. Per esempio il mercoledì ed il venerdì erano giornate in cui le uova, il cacio, i legumi e soprattutto il pesce prendevano il posto della carne. Pure nel tempo quaresimale (ovvero i quaranta giorni antecedenti alla Pasqua) questa era proibita.

Nei centri abitati le famiglie aristocratiche e quelle borghesi più ricche assumevano personale apposito per la preparazione dei cibi, mentre la maggior parte del popolo affibbiava alle donne questo compito. Nelle città più grandi si potevano trovare «esercizi pubblici» che cucinavano vivande. La più remota figura in questo settore è sicuramente quella del proprietario di osteria in cui si serviva ai frequentatori vino e alimenti modesti come cacio e pane. In certe situazioni era a disposizione ache una stanzetta dove poter pernottare. Con il passare del tempo il proprietario di una osteria cittadina divenne solamente un addetto alla vendita di vino, che poteva essere consumato sul posto o portato nella propria abitazione. Altre professioni fortemente collegate alla somministrazione di alimenti sono quella del panificatore e del macellaio. I panettieri avevano in proprietà gli unici forni esistenti nei centri urbani, costruzioni a volta in muratura e scaldati a legna per cuocervi il pane, con la sola deroga di quelli edificati nelle abitazioni nobiliari. Perciò ai panettieri ricorrevano tutti coloro che volevano sottoporre a cottura un cibo. I fornai di dedicavano alla cottura dell'impasto di farina di semola di grano duro (o altri cereali) e acqua, tagliato in varie forme. La loro associazione professionale era talmente influente e facoltosa da elargire ingenti somme di denaro per la costruzione di chiese nei centri abitati. Anche i macellai godevano di una considerazione e una disponibilità di denaro non indifferente, dal momento che nel Medioevo l’alimento costituito dalla parte commestibile degli animali macellati era ritenuto il cibo più importante. In origine le macellerie non facevano commercio solamente di carne ma pure di pesce. Con il passare del tempo si ebbe una sempre maggiore specializzazione che portò alla comparsa della professione di chi vende pesce al minuto.

Indagando sulla nutrizione europea medievale, non è possibile non ricordare gli Arabi che diffusero nella zona mediterranea alcuni frutti quali le albicocche e gli agrumi). Gli agrumi più famosi sono il cedro, il pompelmo, il limone, l’arancio e il mandarino la cui provenienza è quasi certamente dell’Asia sud-orientale. La caratteristica più importante degli agrumi consiste nella notevole concentrazione di vitamina C. Gli Arabi fecero inoltre conoscere ortaggi come le melanzane, gli spinaci, i carciofi e due cereali (sorgo e riso). Il riso risulterà nei periodi successivi un componente di grande importanza nella preparazione e cottura degli alimenti europei.

La cucina araba influenzò l'alimentazione nel medioevo europeo? Gli studiosi rispondono in maniera differente. Gli Arabi erano in rapporti commerciali con l’Asia centrale ed orientale, perciò consentirono a parecchie spezie di arrivare in Europa anche se molte erano già famose presso gli antichi Romani. Un caso significativo è il pepe. In certe ricette medievali si menziona la «salsa alla saracena o il riso alla turca». Tutto questo dimostra la consapevolezza del periodo di come alcune tradizioni culinarie arabe avessero condizionato la cucina europea.

Nell’Alto Medioevo si viaggiava raramente: pochi commercianti compivano corti percorsi; coloro che facevano un pellegrinaggio per visitare i luoghi santi si potevano contare sulle dita di una mano; gli spostamenti marittimi erano praticamente inesistenti a motivo degli Arabi, che spadroneggiavano su quasi tutto il Mediterraneo. Le sole persone obbligate a muoversi da un luogo a un altro erano i «missi dominici» del sovrano. I centri urbani si trovavano in una fase di declino per cui anche i locali pubblici, dove si servivano vino e spesso pasti alla buona, si erano notevolmente ridotti. È universalmente noto che nell’Impero Romano chi compiva viaggi poteva pernottare in pensioni dietro corresponsione di una somma di denaro e consumare un pasto nelle bettole. Nell’Alto Medioevo pensioni e bettole cessarono praticamente di esistere. Per contro si sviluppò l’opitalità senza ricompensa. Ma in che cosa si caratterizzava? Il viaggiatore veniva ospitato gratis per alcuni giorni dal proprietario dell’abitazione che gli metteva a disposizione un vestito pulito e un posto a mensa. Chi compiva viaggi, arrivando da paesi remoti, era davvero una persona fuori dal comune. Dava informazioni su ciò che accadeva nel mondo allora conosciuto, anche se le notizie erano frequentemente alterate o non esatte. L’uso dell'accoglienza senza ricompensa si protrasse sino all’XI-XII secolo, soprattutto da parte dei nobili nei confronti di coloro che erano pure aristocratici o di ceto sociale più elevato.

Gli individui che compivano un pellegrinaggio per visitare i luoghi santi diventarono un numero rilevante a cominciare dall’XI secolo. Nell’Impero Romano la tolleranza nei confronti della religione cristiana divenne tutela giuridica dello Stato quando questa fu riconosciuta come religione ufficiale. Crebbe quindi il numero di pellegrini che ambivano a giungere nelle località venerate dai fedeli cristiani. La chiesa cattolica volle pertanto realizzare edifici in cui coloro che compivano questi viaggi potessero mangiare, bere e dormire. Le pensioni "comuni", dove abitualmente andavano i pellegrini, erano infatti ritenute posti frequentati da prostitute. La Chiesa e lo Stato ritennero opportuno edificare abitazioni destinate ai pellegrini, denominate in greco «xenodochia» (case d’ospiti), sovente situate nei pressi delle abbazie e amministrate dai monaci. Gli «hospitia o hospitalia», strutture abitative che ospitavano persone per un determinato periodo, ebbero Occidente una grande diffusione a cominciare dall’undicesimo secolo. Queste case, è giusto rammentarlo, non erano messe a disposizione solamente dei pellegrini, ma pure degli indigenti e degli infermi che non avevano una loro dimora e di coloro che si mettevano in viaggio spinti dal desiderio di rendere migliore la propria situazione economica e lavorativa.

Nell’Alto Medioevo si cominciò a discettare e imporsi un diverso modello di accoglienza, la cosiddetta «accoglienza doverosa». L’ospitante non stabiliva in maniera libera di offrire un alloggio, ma vi era costretto. In queste occasioni coloro che venivano ospitati erano i re o chi esercitava il proprio dominio su un territorio, mentre gli ospitanti erano i titolari di un feudo, le abbazie, i piccoli centri abitati degli agricoltori e le «urbes». Chi ospitava era obbligato a spendere denaro in quantità, visto che i re o coloro che esercitavano il proprio dominio su un territorio portavano con se moltissimi individui che svolgevano le più svariate mansioni. Non stupisce che i centri urbani progressivamente, soprattutto dal XII-XIII secolo, si rifiutassero di offrire accoglienza senza ricompensa e domandassero ai governanti la dispensa dal dovere di accoglienza.

A cominciare dall’anno Mille, in seguito ai considerevoli mutamenti nel settore economico e sociale, crebbero notevolmente gli spostamente dei commercianti da un luogo all’ altro. Pertanto i mercanti decisero di dare ospitalità (sotto forma di cibo, casa e tutela) ai colleghi provenienti da altri paesi, insieme alla possibilità di rapportarsi con i commercianti del posto. Le dimore dei mercanti divennero così i luoghi sovente deputati agli scambi commerciali.

Moltiplicandosi le attività di commercio, gli organi che si occupavano del governo delle città desiderarono aumentare la sorveglianza sui traffici e sui commercianti provenienti dai diversi paesi. Furono edificate abitazioni comuni per ciascuna categoria di mercanti, disposte come i ricoveri per carovane presenti nei paesi del Medio Oriente. Erano enormi edifici che accoglievano i convogli dei commercianti in transito fungendo sia da magazzino delle mercanzie che da abitazione comune. A cominciare dall’XI secolo costruzioni simili a quelle orinetali furono edificate anche in Europa. In Italia vennero chiamati «fondaci», dal vocabolo arabo che significa «zona di commercio». Nel XII-XIII secolo località come Venezia, Genova, Pisa possedevano parecchi «fondaci», riservati a determinate comunità di commercianti: il fondaco dei tedeschi, dei francesi, dei greci, ecc. Con il passare del tempo i «fondaci» non vennero più adibiti a punti di accoglienza ma diventarono soltanto punti di custodia delle mercanzie. A cominciare dal XIII secolo le pensioni in Europa crebbero di numero ancora una volta, diventando i più importanti luoghi di sosta non gratuiti per chi compiva viaggi. Inizialmente furono frequentate soprattutto da mercanti, ma in seguito sostituirono pressoché tutti i diversi tipi di accoglienza presenti. Difatti gli «hospitia» e gli «hospitalia», amministrati dalla chiesa, decisero di accogliere solo infermi e indigenti (da cui il significato odierno della parola «ospedale») e coloro che erano in viaggio per pellegrinaggio furono costretti a ricorrere alle pensioni per trovare accoglienza.

Nessun commento:

Posta un commento